Teresa Valastro - Poesie

Intercettazioni di sereno

 

Chiareggiava  quando

vidi due bagnanti conversare sulle acque.

Acquetai il mio viso; vidi due anime parlarsi

come fa il vento con le foglie.

Si beavano, i due bagnanti, per il sole

che  si muoveva sulle onde.

Per il luccichio del cielo che, in un  cantuccio,

Il buio aveva risucchiato;  baionetta, 

Inspirante  sogni misti ad angoscia.

La morte non cercavo più.

Mi dilettai a trovare corrispondenze tra la leggiadra

apparizione  e il divino slancio della vita.

Ecco il  dramma di un amore mai nato,

disfarsi come quando l’albero carico di troppi frutti

fa cadere un groppo di mele.

A mio agio ero, a vivere la mia solitaria vita;

grama, povera, ma carica di ameni flussi 

di emozioni tenere. Come le case

che si arrampicano sulla collinetta.

Come  i fiori che, piccoli e semplici,

sorgono dal cespuglio che si abbarbica lungo la viuzza. 



Il muro bianco

 

Sotto il braccio pagine di libri smarriti porto,

come chi , con la stella di David sul petto,  trasporta gli oggetti più preziosi.

Aspetto il momento fatale del  viaggio,

quando  odo le grida delle roboanti  liti, immemori dei passaggi dolci e vitali , dei  giorni lieti e 

giocondi.

La salvezza viene  dalla viscerale e voluttuosa  compassione per una porta che si apre,

 per un muro bianco che si riempie di grafemi neri e geroglifici sereni.

I libri non sono più mera chimera ,

non sono più boa cui le navi lasciano le loro ancore,

ma prati variopinti  e lussureggianti di scoperte inaudite e inedite. 


 

Sila

 

Scale che conducono , come ponti,

al lago del desiderio.

Sublime cielo che si fonde con le acque

Di un tradizionale lido.

Pensieri che solo al tocco del grido della cinciallegra 

Si riscoprono come essenza di un puro divertissement.

Festa:  festa secondo un antico ritorno agli avi.

Non antenati come scheletri da museo ,

ma viventi assiomi di premesse che precedono

logiche conseguenze.

Prevedibilità in mezzo all’incredibile 

Svolgersi di un susseguirsi di strofe e ritornelli.

Musica né acerba né eccessivamente dolce.

Caterva di poche, lontane, voci umane  che, all’eco

di una barchetta  andante, ondeggiano 

insieme a noi, che moltiplichiamo 

sussurri e balbettii.

Son appena le nove del mattino.

I sussulti del mio orologio da polso

diventano un succedersi di scandalosi minuti,

in mezzo al tripudio di un sacrificio del tempo

che muore, e della vita, che dopo il finire della notte

e della giovinezza, risplende come lampada che si riaccende dopo un temporale. 


 

Lago Arvo

 

Nottetempo la nebbia era salita a lavare gli errori del tempo perduto.

Nottetempo la rugiada aveva scandagliato le fosse e pertugi di ogni pianta e arbusto.

Le piccole luci artificiali si raccolgono come pulcini sotto  la chioccia di un

Lago luminoso di sogni, simboli, attrazioni.

Non è l’emozione di un momento, come quello 

Tra innamorati che si lasciano al primo soffio di vento.

E’ una forte diade , come un duo musicale

Che si appresta  ad accordare il proprio strumento.

Non è pura passionalità senza logos.

E’ un concerto di assonanze  il mio dialogo che 

Ogni mattina intraprendo con

Il mio amico Lago.

La dolce sua mancanza,

il lutto della sua separazione mi allieta

quando torno al mio paesello marino.

Mi stimola a dare al Sogno il suo posto 

giusto e benedetto dal Cielo.


 

Eredi

 

Un feedback ho ritrovato,

dopo anni di dimenticanza.

Come le bambole di una matriosca,

fuoriescono frammenti : uno dopo l’altro.

Pezzi di poeti di cui non conoscevo il nome.

E il feedback era assopito . Come un ghiro in letargo.

Ma ora mi vedo sgargiante e rossa nelle gote.

Un entusiasmo cieco per quel  re Lear che leggevamo.

Eppure nessun feedback. Un seminario, un professore e studenti. Cinque o sei.

E quella scena si ripete: ancora oggi.

Come in un flashback.

Pagine disperate di dichiarazioni d’amore. O di odio e rancore?

Chi ama quel padre ? Goneril o Cordelia? 

Un seminario. Un professore . Cinque o sei studenti, tra cui io.

Ma questa volta con il mio feedback. 

Con la rispondenza di chi sa che quella lezione vive; vive ancora in me . 

In noi. 


 

Elena

 

Sotto la pensilina degli autobus,

Elena guardava il mio profilo,

mentre abbassavo lo sguardo aldilà del marciapiede.

La sua voce mi esaltava, 

i suoi acuti discorsi mi sollevavano dal torpore.

 

Poi d’un tratto, lei me lo disse:

avrebbe voluto stagliarsi

in acqua, libera, oltre le scogliere irlandesi.

Quel mare l’attraeva quanto un bambino

affascinato dai movimenti dell’acqua di uno stagno.

 

Come un sasso che lanci in mare,

Elena si sarebbe immersa in acqua , cadendo.

Un corpo tra mille sassi e rocce, sabbia e alghe.

 

Finalmente priva di etichette

e definizioni; libera da

giudizi e valutazioni altrui.

Un contorno, limiti umani 

che si confondono con quelli marini.

Un’identità piena, 

raggiunta nella naturalità di un fondo  di abisso.


 

Le ore

 

Le ore sono ciglia che

Si muovono quando tu non te ne accorgi.

Sono celate rocce sotto l’acqua di un oceano in tempesta.

Sono la massa di un iceberg che la nave non riesce a vedere. 

La parte invisibile di un mondo a sé stante.

Le ore sono il mio interiore flusso. 

Flusso di acqua che dalla sorgente 

giunge al mare del mondo esteriore. 


 

La nascita

 

L’acqua cade dal cielo in questo giorno che

Come un sipario si erge a discriminare la verità

Dalla finzione; il desiderio dalla tiepidezza; il grosso

Torrente generoso dalla fiumara dell’aridità.

Prima, tutto era un’unica lastra di ghiaccio, 

oggi è un riconoscere dove la neve è più soffice.

Prima il castello antico era un unico rudere,

oggi è tutto un pullulare di testimonianze di ere differenti .

Era prima la scultura un unico pezzo di legno,

oggi è un animarsi di espressioni del viso che variano quando cambi il punto focale.

La complessità abita la Terra che non vuol dire difficile cammino 

Ma un ondulato mare di ricca modularità.


 

Il negozio

 

Il poderoso tuo saluto

mi scuote. E’ un

disfarmi di squame e petali.

Conversazione come sempre, ma

con la variante del tuo nodo alla cravatta

che suggerisce un comico gioco di sguardi.

La luce entra nel tuo minimale negozio

e mi fermo: a guardare come il tuo nodo si muove,

come il serpente del Tamigi, 

seguendo il ritmo cadenzato del tuo basso respiro.

Mi aggrappo al pensiero di voler dire qualcosa;

Il momento sta per finire,ma tu ti comporti come 

se il tempo fosse eterno.

I miei doveri incombono, ma vorrei includerli 

nell’obbligo di vederti sempre; come se la 

necessità di conoscerti diventasse l’arma

per salare il mare, per dare sapore al lavoro

di ogni giorno. 

Si dice che l’estate sia fatta per sognare

con la pelle ancora madida di sudore;

si dice che d’estate ti innamori di sguardi inopportuni e

che la fiamma bruci troppo in fretta;

Ma tu sommergi ogni cliché con la solerzia e l’attenzione

Di chi crede ancora nella beltà vera;

beatamente concreta e reale.

Mi baci con l’idea sorgiva di  pineta 

che la pioggia inebria;

ti sogno appesa a un grido di appassionata preghiera.

E sei ancora lì , dietro al banco del negozio, a dirmi,

a piene mani, quanto è grande il mare; quanto è urlante il silenzio 

del mattino che soffia; quanto tu mi vuoi  abbracciare tutto il tempo,

e quanto è doloroso l’addio di un’ estate.

E io vado via, pensando al delirio della sera che mi aspetta,

riflettendo su te, sul tuo dolce declivio, sul tuo sguardo gravido di magiche pupille,

che immagino grandi quanto è profonda la luna;

quanto è poderosa l’attesa tua 

che mi sfiora come fanno le tue dita, concrete, palpitanti, parlanti.


 

Medievale sorriso

 

Il noto prete, pronto per il sacrificio sull’altare,

si propone di aiutarmi:

‘Ora non sei felice, ma chissà..’

‘cosa Dio ti riserva in seguito?’

Mi volgo verso la finestra istoriata, che si illumina

a metà, mitigando sentimenti e effusioni emotive,

quasi la luce soffusa mi evocasse pudore e sacro nascondimento.

Chiaramente stordita da tanta , santa rinuncia a un gioire immediato,

mi ubriaco di silenzio  e immagino il mio avvenire:

danzo sulle braccia del sole e mi immergo in un’immaginifica,

tormentata allegria interiore.

Mi affido a smorfie e gesti che mai avrei espresso in modo esplicito.

Mi dimentico del mio presente e il futuro diventa il mio idolo.

Lì, in quel paradiso sognato senza ancora la mia morte,

nuoto. Sfavillanti, sontuosi e nobili sensazioni giocano,

come i minuti che intercettano i secondi. Un intreccio infinito.

Il prete, ormai, finisce di parlare:

‘Quando Dio ti mostrerà il disegno, tu sarai pronta’

e tutto ad un tratto, sento la sua voce:

‘Cosa fai, non mi ascolti?’

E mi volto, osservandolo, negli occhi ristretti in una cornice di volto

unto e sudaticcio.

‘Certo, ascolto, ero solo assorta..’

E mi rivolgo verso l’uscita;

quasi dimentica di me stessa.

Così, mi incammino, quando

dalle nuvole, increspate di veli bianco-azzurri,

il sole fa capolino. 

Io esplodo in un sorriso che quasi si

Impadronisce di me fuori; di me dentro.

Ma cos’era? No, niente.

Era solo uno sprazzo di Dio.