Natale
Dopo un pranzo sobrio ed esorbitante con familiari, divento un ghepardo pur di raggiungerti.
Dopo aver parcheggiato
la scattante vettura
ed essere passato
per le vie
strette e dimenticate
della città rinascimentale,
arrivo
in orario
alla caffetteria
ma,
mentre ti scrivo,
te mi raggiungi.
Oltre alla camicia
a scacchi
rossa e nera,
noto che
la bellezza
rimane
il tuo vestito preferito.
Dopo i soliti saluti,
ci avviamo
ad un tavolo,
dove decidiamo
cosa bere.
Come una volpe furtiva e scattante, saldo il nostro debito alla cassa solo per godermi la tua faccia indispettita e sconcertata.
Dopo aver parlato
di feste familiari
e futuri eventi,
ci doniamo
i nostri regali.
Per il vostro beniamino,
un bicchiere
di vetro
dove sorseggiare
latte più
e, per te,
un libro disprezzato.
Trattieni
l’ira e il disprezzo
con estrema difficoltà,
mentre sorseggio
il dolce analcolico,
sorridendo.
Per farmi perdonare
e vedere di più
quel sorriso perfetto,
ci avventuriamo
tra strade sconosciute
verso la piccola carrozza.
Lo confesso, quest’uscita insieme a te rimane sicuramente il miglior regalo di Natale che abbia mai ricevuto.
Non omnes arbusta iuvant
Il sole è calato, il vento gelido domina ed io proseguo.
Oscure vie
percorro,
mentre
demoni invisibili
seguono
il respiro mio
e il battito
del fanciullino,
protetto
e al sicuro
dalla realtà
fredda e meschina.
Non fiato.
Trattengo
ogni sospiro
e m’addentro
verso
una via sconosciuta.
Nulla
è familiare,
la speranza
svanisce
ma una scala
persiste.
L’eterna cima pare irraggiungibile ai santi ma non ai folli.
Ammirando
quel volto
intrigante e misterioso
che domina
in vetta,
calpesto
ogni morale
e il buon senso,
che rappresentano
questi scalini
ambigui ed invisibili
ad occhi estranei.
Non a tutti
piacciono
gli arbusti
e, infatti,
non cerco
comuni rose.
La destinazione finale
del viaggio,
oltre al tuo sorriso
dolce e pacato,
resta
una rosa nera.
La stessa che porti al collo.
Cenere alla cenere
Come un carcerato, desidero la libertà ma, una volta uscito, m’attende solo un cimitero di relitti.
Le corde
rigide e maledette
del violino satanico
vengono graffiate
dalla musica funebre.
Quel suono contorto,
ma raffinato,
si diffonde
per questo studio,
poco illuminato,
e culmina
in pura estasi.
Così
tante sofferenze
e così
tante delusioni,
conducono
il docile agnello
ad abbandonare
qualsiasi buona maniera
per culminare
in una danza maligna,
dove il sovrano diabolico
viene spodestato.
Quel nostalgico voleva regnare all’inferno ma non ha mai conosciuto un vero diavolo.
Il folle perdente
aveva declamato
la guerra divina
e, preso
dall’invidia amorosa,
ha instaurato
il peccato mortale
nell’umana coscienza
ma ormai ha versato
fin troppe lacrime
da spegnere
le fiamme eterne.
Ora
il vero ribelle,
che nasconde
un occhio chiaro
con benda pirata
e suona
una chitarra elettrica,
danza
insieme a peccatori
e i suoi cani
di diamante,
ridendo.
La mia psiche è un manicomio pieno d’astronauti, drogati e nazisti… sembra quasi l’inferno!
Homo homini hyaena
La notte è giovane e la birra accompagna il nostro dialogo.
Ci ritroviamo
ad una cena
tra amici
e fra i presenti,
te sei
una regina assassina
che fa esplodere
qualsiasi altro
frastuono
di sottofondo,
rendendo memorabile
questa serata.
Il banchetto
è servito
e la conversazione
s’interrompe.
Preso dalla fame
ed impaziente
di risentire
la tua voce,
un cannibale
divento,
squarciando e consumando
il bottino atteso.
Ho divorato la gustosa pizza ma, parlando con te, non sono affatto sazio.
Dopo esserci intrattenuti
con discorsi
sulla letteratura giapponese,
vaghiamo
con gli altri
per la splendida Firenze.
Camminando insieme,
ti chiedo
di uscire
con me
ma lo scortese
c’interrompe.
La furia
sopprime
la pazienza e la tolleranza.
Una degenerazione istintiva
mi riporta
allo stato
di iena
e, senza rimorso,
gli fracasso
il cranio
contro un muro di mattoni,
impazzendo e ridendo.
La cera facciale s’è sciolta così come la mia pazienza.
Narciso
In una serata
lugubre e devastante,
torno
a casa
e la rabbia
maschera
questo volto sperduto.
Dall’Arno,
una voce defunta
mi chiama.
Nervoso e scombussolato,
siedo
sopra freddi muretti
e ammiro
quel cinico Narciso,
che desidera placare
il mio contrasto interiore
abbracciandomi
nelle acque gelide.
Sono tentato.
Dimenticare
per sempre
o soffrire ancora?
Il dilemma amletico
mi trascina
in questo eterno ritorno,
allontanandomi
dal cuore estinto.
Sanguinamento
Il fine settimana è giunto con un tentativo di riconciliazione ma sento solo dolore.
A differenza
di quest’artista
fatto e malinconico,
non ho abbondato
mai
la mia religione
perché
sono sempre rimasto
un profano curioso
e non ho ancora sparso
fiumi di sangue
in cruenti crociate.
A differenza
del ragazzo stellare,
gloria e soldi
non m’interessano
e ora anche lui
s’è reso conto
che questi premi
valgono
quanto uno sputo
in confronto
alla tua voce
gentile e rilassante.
Io e questo ragazzo di neve siamo così diversi ma stiamo entrambi sanguinando sotto luci accecanti.
Rivederti
non è mai stato
un errore madornale,
poiché il pensiero
di renderti felice
ha sempre dipinto
il mio mondo
meschino ed insensibile
e, anche se
non celebrerò
alcun trionfo,
m’accontento.
Difatti,
quella vetta ambita
resterà irraggiungibile
per un malaticcio,
che sanguina ancora,
e, sentendo
l’ora nefasta
che s’avvicina,
ti chiedo scusa
per questo senza cuore,
che batte
solo per te.
Mentre mi dissanguino, chiudo gli occhi e attendo il prossimo incontro.
Riflesso
Smetto di pensarti, guardando fuori la pioggia, che riflette la delusione romantica.
Mi definisco
un poeta decadente
e privo
di qualsiasi ambizione
ma
non sarebbe
veritiero.
La speranza
non si è portata
con sé
anche il sentimento
verso l’oblio
delle mancate occasioni.
Dopo la tua sentenza
di dubbio e paura,
vago
senza piani
di ricerca
o di conquista.
Avanzo continuamente
alla ricerca
di nuova musica,
ma la tua voce
resta
il mio vinile preferito.
Devo davvero impazzire e tagliarmi l’orecchio come un’artista olandese per dimenticare quella beatitudine dolce ed armonica che provo quando sono con te?
Mi arrendo,
scaravento
l’insulso diario
verso
la finestra chiusa
e mi dirigo
in bagno
per lavarmi
la faccia
di inutile miserabile.
Cosa dovrei fare
allora?
La disperazione
macchia
il mio volto
come macchie colorate
in un’opera
di Pollock.
Eppure,
quando penso
alla felicità,
vedo
il suo volto
fin troppo perfetto.
Vorrei avere il talento di Courbet solo per immortalare il tuo indimenticabile sorriso su fogli candidi e nudi.
Occasione rubata
In gabbia
attendo
con impazienza
frenetica ed indescrivibile
quel attimo fugace,
che perfida corona
m’ha rubato oggi.
Un’uscita,
una cena
o un dialogo.
Voglio solo posare
di nuovo
i timidi occhi
sul meraviglio viso.
Lo so,
non m’appartiene
minimamente
e certi dolori
fanno appassire
qualsiasi girasole
che fissa sempre
la propria stella
sotto una tempesta.
Mi struggo
nello scrivere ciò
ma in che altro modo
posso essere
sincero?
Sogno eterno
Solita notte,
solito incubo.
Dopo aver seppellito
l’ennesima speranza,
marcio
sulla spiaggia desolata
senza una meta.
Voglio fuggire
da questo limbo
ma
nel vedervi
fuggire insieme
cado a terra.
Nessuna consolazione
m’attende.
Anche se
mi getto
nel freddo oceano
della solitudine,
la gelosa marea
mi trascina
verso la costa.
In collera e sconsolato,
mi punto
una pistola
alla tempia pulsante.
Un suono sordo!
Vengo seppellito…
Vetta solitaria
In un’afosa domenica invernale, mi ritrovo in vetta alle infinite scalinate di coscienza.
Un panorama familiare
appare
dinanzi agli
occhi pazienti
e l’intensa luce
di nuova aurora
m’alleggerisce
d’ogni vestito beffardo.
Tuttavia,
il vento assente
affianca
la volontà immobile.
Non sono salito
su solitaria cima
con volto sconsolato
e non credo
nemmeno
di scendere
ballando
con un sorriso.
Quest’ultimo caso
avverrebbe solo
in un’unica circostanza,
alquanto improbabile.
Anche se a pranzo mi sono connesso solo un bicchiere di vino, l’euforia rapisce ogni malinconia passata ed ammira questo nuovo ed improbabile inizio.
Nemmeno una nuvola
vedo
sopra di me
eppure
l’amigdala,
stremata
da troppe paranoie,
percepisce
un imminente bubbolio.
Quale vento avverso
vorrà torturarmi
con un nubifragio?
Di recente,
sono sopravvissuto
ad una tempesta
emotiva ed inaspettata,
che ha annientato
ogni mia paura
ma ha risparmiato
un sentimento lampante,
che devo sopprimere
per vivere
sotto quest’alba rinnovatrice,
dove respiro.
L’indisciplina di Cremesi sintetizza questa strana sensazione ed allontana ogni preoccupazione.