Vincenzo Pizzorusso - Poesie

TRAMONTO

 

O flebile

Ultimo

Sole

Del debole

Calore di

Fine estate:

quando sarò

all’autunno

della vita

cosa

accomunerà

un’anima

pentita

della

propria vita

alla

gioia

dell’ultima

sortita?

La speranza

Forse

D’un’ ultima

Clemenza:

pietanza

che avanza

dall’abbondanza

dell’Eterno.                               

 

09 settembre 20


PATERNITÀ

 

Il dramma vissuto

D’un padre negato;

caprone scuoiato

per venderne il vello:

nel modo più bello

s’è infranto il cristallo

col lucido avallo,

d’un muto coltello

che scortica il cervello.

 

10 agosto 2015


SERIAZIONE TEMPORALE DEGLI EVENTI

 

La sera

È il preludio

Della morte:

quella porta

ove

la sorte

d’ogni

impronta

si confronta

col male.

Quel male

Che confonde

Ogni allegria.

Nell’anima mia,

la tua

e la mia

malinconia:

universale malattia…

 

29 agosto 2017


VITALI PAUSE

 

A Giorgio Caproni

O perla d’acqua fresca

Sputa via il rospo

Dal tuo sanguigno cuore:

traivi il furore giusto

per ogni ora. Amaro è

il tuo gusto per un semplice

guasto dell’esistenza:

sposa la tua veemenza

al soldo d’ogni baratto.

O anima mia combatto

Per estrarti dallo stretto

Di un vicolo ormai morto.

Storto, nel suo pensiero assorto,

travolgo ogni conquista

ed anima,

tu,

acquista

il riposo dell’arpista

che, tacitate le corde,

smorza le sorde vibrazioni

nelle aeree prigioni dei suoni.

 

20 agosto 2015


INQUIETO RIPOSO

 

Nudo

Sotto le lenzuola,

sacra stola

per il sonno,

sguscio,

come tonno,

nella camera

della morte,

arpionato dalla sorte

perdo il connotato

di ogni identità.

Vestita d’una umanità

Che si perde nella crudele

Vanità che tutto copre di fiele

Presentando, quale miele,

Ogni avanzo di vile bile.

 

20 agosto 2015


AMARO PRESAGIO

 

Quando

La presenza

Diventa

Solo

Ricordo,

la corda

della nostalgia

soffoca

ogni

piega

dell’io,

e

forse,

anche nell’anima di Dio.

 

18 maggio 2017


SU UNA SPIAGGIA

 

Come

Marcia

Fune

Corrosa

Dal sale,

dal sole

che sale

senza luce,

che in fretta

conduce,

senza rimpianti,

all’ultimo

urto;

all’ultimo

schianto

senz’urlo

d’aiuto:

quando nessuno

ha creduto

al pianto,

nessuno

ha ceduto

al canto.

 

26 febbraio 2014


CANTO DELL’EGO NUBENDO

 

Come

Cristo

Dinanzi

A

Pilato

Espongo

Il lato

Più

Delicato

Della

Mia vita.

Ho dedicato

Molti

Pensieri

Agli affetti.

Ora,

stretto

in poche

parole

non dette,

cullo

le nozze

fra l’amore

ed il rigore

della ragione

afflitta

dal grigiore

del suo

furore.

 

28 settembre 2015


CATARTICA NARRAZIONE

 

Pagine bianche,

pagine stanche,

ore, aree franche

di gioia

se la noia

continua

la danza

nella sua essenza

d’un inutile

parvenza di vita.

Tu agita le dita

E giocati la partita.

Se non altro

Per una dignitosa

Uscita.

 

14 agosto 2015


PAESAGGIO AUTUNNALE

 

Quale

Fradicia

Foglia

D’acero

D’un becero

Autunno,

mi poggio

stanco

sul soffice

tappeto

di fogliame:

sorte

infame

contro

una morte

apparente.

Nel rovente

Rogo

Del sentimento

Sfogo

Il logo

Del pentimento,

perdendomi,

in un

arcano rapimento

d’ogni assurdo,

intimo

ragionamento.

 

12 ottobre 2015


 

ETERNA BEATITUDINE

 

Stai così,

beato,

nelle altezze celesti

e sembra

che nulla

t’importi della peste

che ammorba

il mondo:

questo globo

rotondo

cui fa da

sfondo

solo dolore

e miseria.

Ma la Tua seria

Maestà

Non interviene.

Detiene

A metà,

così sembra,

il controllo

d’una umanità

smarrita

nell’assurda

partita della vita.

                                            29 aprile 2018

 


 

 

STUPORE

 

È come sapore di carne

Sanguinolenta,

sospesa fra delizia

e sgomento, il tuo

amore che si svestirà

di falso pudore

per assumere il fluido

vitale

di un canto ancestrale:

un battito di mani che,

dai ripiani della vergogna,

porterà il cuscino

ad un bimbo che sogna

e spezzerà la gogna

della più amara vergogna.

                                            Arezzo, 17 novembre 2014

 


 

L’ALLEGRA FINZIONE

 

Chiedere un bacio:

tu fuggi e non capirai,

andrai legata

alla zavorra

d’occhi di altri

colori:

arcobaleni arcani

che svelano i grigiori

di acuminati giudizi

che manco il vento

d’estate spazzerà mai

nell’andirivieni

ove giungi e poi vai,

o non vai.

Voce struggente

D’un canto

Gracchiante,

macilenta espiazione

d’una sicura chiusura.

Suonano le campane

Le venti e, con esse,

attraverso fitta pioggia,

i miei aspri tormenti

su cui poggia la ritta

via dell’allegria:

allegra finzione

d’un’anima

in combustione.

                                               Arezzo, 17 novembre 2014