Il percorso lento
Scivola lenta nel solco tracciato
Intorno allo sguardo che l’anima schiude
Una timida lacrima che lì ha trovato
Un percorso di rughe che al cor allude
S’aggrappa a fatica fin sulle ciglia
Ma ogni battito ne rifiuta la traccia
E al fin s’abbandona come fa la conchiglia
Alla forza dell’onda che le bagna la faccia
E così percorre il rotondo profilo
Che gira intorno alla morbida guancia
L’occhio clandestino in cerca di asilo
Nasconde le mani incrociate alla pancia
Dietro di sé lascia pochi segnali
Solo poche parole dal suono muto
Un timido vapore che appanna gli occhiali
E un’umida scia di “avrei anche voluto…”
Così lentamente completa il percorso
Come conchiglia calpestata dalla risacca
Raccoglie i frammenti di qualche rimorso
E al fin della guancia, si volta e si stacca
Or senza cielo
Rimangono sospesi i sospiri or senza cielo
Come nuvole disperse tra il cuore ed il pensiero
Lasciati ancora caldi a respirar sotto quel gelo
Che accolse i tuoi passi a calpestar altro sentiero
Annusando ciò che resta del tuo profumo sulle dita
Un fuggevole sereno ch’or appare ancor più breve
Sorseggiando tal veleno ch’ora ancor lo tiene in vita
Ch’un tempo fu mascherato da dolcissimo miele
Ch’ora amaro è diventato ogni suo rubato sorso
A cui s’agrappa quel ricordo che svanì dal suo colore
D’ogni foto d’ogni posto morde al cor e ad ogni morso
Ogni tuo sorriso antico è una mia smorfia di dolore
Mi dispiace per ogni sguardo caduto nel tragitto
Che mai raggiunse le tue labbra e lor dolcissime premure
Capitò più volte ancora alchè l’amor ne fu trafitto
E rimase a soffrirne le tue tante facce scure
Ed ora solo qui rimpiango ogni tuo essere presente
Con tutto ciò che fu rancore ed a cui ancora voglio bene
Ma che langue del suo vuoto in fondo al petto e finalmente
Or ch’è libero d’amare ama chi più non gl’appartiene
Quando ti mancheranno
Quando ti mancheranno le stelle nascoste
La luna appesa ai cieli rubati
Le parole scaldate come caldarroste
Soffiate a vicenda nelle mani gelate
Quando ti mancheranno i nostri progetti
I pensieri temuti del “se dovesse finire”
Che ci ritrovavamo a difenderli stretti
Perché il nostro sogno voleva solo dormire
Non andare a cercarli dove li abbiamo lasciati
Sotto le foglie di un autunno precoce
Sono stato già lì e non li ho ritrovati
Perché le nostre parole ora non hanno più voce
E or che un mattino atroce è arrivato il risveglio
E sul viso ho le lacrime e non i tuoi baci
Perché mi dici che così ora è meglio
Perché chiedi al mio cuore: “ora…piccolo mio… taci”
Quando ti mancheranno i nostri semplici gesti
I tanti difetti che ho imparato ad amare
Non guardarmi soffrire, non voglio che resti
Sei fin troppo presente nel mio respirare
Un minuto forse basta
Un minuto forse basta per ricordare un sorriso
Sotto due occhi timidi davanti ad un altro me stesso
Testimoni di emozioni decorate sul tuo viso
Colpevoli d’ogni bacio che non ho commesso
Dai capelli bagnati gocce a mò di stalattiti
Come fanno le nuvole al cielo da tende
Filtrano quell’occhi che non si sentono capiti
Nei percorsi tortuosi che l’uomo non comprende
E allor basta abbassarle per escludere il sole
Dalle proprie ombre quando è notte nel cuore
Troppi discorsi zoppicano di passi e parole
Che ogni luce rifiutata si squarcia nel buio dolore
Quando le mani si indossavano come vestiti
A coprire la pelle complice rimasta al fin scoperta
Come due pugili abbracciati si perdonano sfiniti
Con risa ricambiate come assenso a quell’offerta
Un minuto forse basta per ricordare un sorriso
Di due occhi semplici dietro uno sguardo complesso
O i profumi ormai scappati dal nostro fiore reciso
Colpevoli d’ogni bacio che non ho commesso
Come fa maggio con la rosa
Innamòrati di chi non lascia mai niente al caso
Ch’ogni sguardo riconduce al tuo sorriso cieco
Che dispensa l’attenzioni a chi’l cor subìsce invaso
Dai dolor che’l tempo reca trascinandoseli seco
Innamòrati di me ch’al fin è la miglior cosa
A soffiarti nuovo sole alchè ‘l tramonto ti scorga sola
E ridonerò i colori come fa marzo alla mimosa
Foss’anche per pochi giorni ma il pensier pur già consola
Chè per superar la notte serve la voglia di vederti
Quando sferzano quei giorni che t’appaiono piegare
Ma la chioma pur sdrucita dai troppi colpi inferti
Rialza le foglie dal suolo e ti viene a cercare
A prescindere dal tempo e da ogni asperità avversa
A prescindere dal buio e da quanta notte vi riposa
Prima che tutto sia vano e la tua stella a me dispersa
Renderò luce al tuo giorno come fa maggio con la rosa
Innamòrati d’un cielo che t’ami anche col temporale
Che conservi tasche e spiccioli e silenzi da capire
Sfondi morbidi di nuvola tra sussurri grevi di cicale
Col timor debba finire ma senza ch’abbia mai a finire
Amico mio
Ciao amico mio compagno sempre caro
Testimone di tanti piccoli momenti
Il tempo insieme sempre fuggevole e avaro
Vorrei fosse maggiore ma non si può altrimenti
Sei lì che mi aspetti paziente ogni sera
Sempre in attesa della luce dei fari
Lo sguardo ansioso e vigile che spera
Di stare un po’ insieme come vecchi compari
Amico mio comunque, fin dal primo giorno
Alzi quegli occhi dal tuo timido basso
Riconosci l’odore di ogni mio ritorno
Che accogli festoso ad ogni singolo passo
E’ mi dà coraggio questo tuo esser vicino
Con quei pochi gesti che hai finalmente capito
Ma mi avverti soltanto se arriva il postino
Mentre gli estranei li ignori assopito
Mi notasti tu in quel mattino d’agosto
Libero dai recinti di padroni e guinzagli
Eppur nella mia vita volesti il tuo posto
Passando da una scatola al portabagagli
Non eri bellissimo e neanche pulito
Il colore scontato di chi è nato per caso
Eppure sei unico e non sono impazzito
Cucciolo mio grazie per ogni macchia col naso
Ciao amico vero dalle orecchie a punta
Col muso umido e coi baffi commossi
Che sbadiglia magnifico e dalla cuccia spunta
Non appena la ciotola si riempie di ossi
Aylan
Non credo che il mare abbia voluto questo
Né penso riesca ad esserne consolato
Com’ei ora resti ammutolito e mesto
Recando a riva quello straziante pescato
Non credo sia orgoglioso di cotanto patire
Lui così paterno nelle sere d’estate
Quando accoglie amorevole l’onde figlie al finire
D’ogni giorno che sibila di brezze pacate
E che volesse non credo esser da ciò coinvolto
Elevato a giudice a giudicare la sorte
E le speranze bagnate d’un angelo capovolto
Strappato da braccia per abbracciare la morte
E così ora ti guardo sereno a riposare
Le manine che giocano con le onde di terra
Ove le tue ali cucciole posson così volare
Verso una pace libera che più non teme la guerra
In memoria del piccolo Aylan Kurdi
Caro papà
Caro papà possente ombra di faggio
Solida roccia sulla mia terra brulla
Ruvide mani a far prua e ancoraggio
Rauche cantilene a dondolar me e la culla
Momenti perduti che ci fummo concessi
Tra raggi di sole carezzanti un sorriso
E or che siam sempre noi ma non più gli stessi
Nascondo tra le ginocchia le paure ed il viso
Chè da troppo tempo son stranieri quei giorni
I profumi dei tuoi passi or son puzzo di vino
Ho sempre più paura che quando ritorni
Picchi anche quei ricordi del mio esser bambino
Sbatti la porta come non vorrei mai facessi
Le mie piccole mani contro il tuo passato
Mi urli tante colpe ed errori commessi
Pel reato mortale sol dell’essere nato
E quando vai via è così amaro il sollievo
Mentre sento la tua ira ancora nella stanza
Mastico un odio che non voglio e non devo
Non capendo quel tuo non averne abbastanza
E mentre sale il timore per la prossima volta
La mia infanzia gronda come saliva di cani
Lascio fuori il mondo oltre quella porta
Ed anche quei nostri giorni ormai così lontani
Or che le parole son forti e più graffiata è la voce
Mentre ripenso a quel faggio non mi sembri più tu
Quei momenti felici mi fanno un male atroce
E caro papà mio…non ti voglio bene più
Dio è cattivo
Gli orsetti innocenti strappati alle mani
La polvere sul viso come i primi trucchi da donne
La vita che scivola da sotto i pigiami
Un dolore ben oltre croci, cristi e madonne
Il sole risorge col solito modo di fare
Gli stessi raggi uguali su ciò che al buio era vivo
Il campanile si erge senza saper chi pregare
Non quel dio che oggi si è rivelato cattivo
Le pietre scansate da altre mani ferite
Cercando una speranza che sappia ancor respirare
Nelle polveri insaziabili che ingoiano vite
Da offrire al dio che stanotte s’è fatto negare
Ché non ha spiegato al fin ciò a cosa serva
Lasciando domande invane ed invase
Da quella terra che ti ama e ti conserva
Riprendendosi i figli riparati nelle case
Che tremano e non per la freddezza del vento
Ma per quante storie non saran più narrate
Pur se tutte vivono oltre questo momento
A testimonio di due dolci stelle abbracciate
Unite sorelle ma or separate dal cielo
Che volle cambiare la loro rotta celeste
In una notte d’ estate che ha conosciuto il gelo
D’un dio che non volle altre macerie oltre queste
Le pietre scansate da mani oramai ferite
Sperando ci sia altro suono respirato
Tra la polvere insaziabile che ingoia le vite
Per quel dio che stanotte non volle esser pregato
…Quando il dolore non ha giustificazione…
Ritorna
Ritorna adesso non lasciarmi soffrire
Ritorna ed avremo una nuova primavera
Ritorna da quel cielo che t’ha accolto al partire
Ché il giorno non finisce sempre con la sera
Raccogli i fiori del nostro piccolo melo
Riponili con cura così ancor profumati
Quegl’occhi che rubarono l’intonaco al cielo
In cui lessi segreti che mai furon svelati
Ridammi la luna che illuminò i nostri sogni
E la nostra paura di risvegliarci con niente
Metti in valigia anche i tuoi eterni bisogni
Ed ogni parola rimasta indifferente
E sono qui da solo in compagnia di te allora
Quanto cercavi rifugio in uno stritolo abbraccio
Sussurravi “mai più” soffocando il mio “ancora”
E una lacrima struccò il sorriso al pagliaccio
Ritorna che l’inverno gela ogni sentimento
Ritorna ed avremo una nuova primavera
E non badar che il tramonto sia un avvertimento
Ché il giorno non finisce sempre con la sera