Vittorio Piscopo - Poesie

Il percorso lento

Scivola lenta nel solco tracciato

Intorno allo sguardo che l’anima schiude

Una timida lacrima che lì ha trovato

Un percorso di rughe che al cor allude

 

S’aggrappa a fatica fin sulle ciglia

Ma ogni battito ne rifiuta la traccia

E al fin s’abbandona come fa la conchiglia

Alla forza dell’onda che le bagna la faccia

 

E così percorre il rotondo profilo

Che gira intorno alla morbida guancia 

L’occhio clandestino in cerca di asilo

Nasconde le mani incrociate alla pancia

 

Dietro di sé lascia pochi segnali

Solo poche parole dal suono muto

Un timido vapore che appanna gli occhiali 

E un’umida scia di “avrei anche voluto…”

 

Così lentamente completa il percorso

Come conchiglia calpestata dalla risacca

Raccoglie i frammenti di qualche rimorso

E al fin della guancia, si volta e si stacca


Or senza cielo

Rimangono sospesi i sospiri or senza cielo

Come nuvole disperse tra il cuore ed il pensiero

Lasciati ancora caldi a respirar sotto quel gelo

Che accolse i tuoi passi a calpestar altro sentiero

 

Annusando ciò che resta del tuo profumo sulle dita

Un fuggevole sereno ch’or appare ancor più breve

Sorseggiando tal veleno ch’ora ancor lo tiene in vita

Ch’un tempo fu mascherato da dolcissimo miele 

 

Ch’ora amaro è diventato ogni suo rubato sorso

A cui s’agrappa quel ricordo che svanì dal suo colore

D’ogni foto d’ogni posto morde al cor e ad ogni morso

Ogni tuo sorriso antico è una mia smorfia di dolore

 

Mi dispiace per ogni sguardo caduto nel tragitto

Che mai raggiunse le tue labbra e lor dolcissime premure

Capitò più volte ancora alchè l’amor ne fu trafitto

E rimase a soffrirne le tue tante facce scure

 

Ed ora solo qui rimpiango ogni tuo essere presente

Con tutto ciò che fu rancore ed a cui ancora voglio bene

Ma che langue del suo vuoto in fondo al petto e finalmente

Or ch’è libero d’amare ama chi più non gl’appartiene


 

Quando ti mancheranno

Quando ti mancheranno le stelle nascoste

La luna appesa ai cieli rubati

Le parole scaldate come caldarroste

Soffiate a vicenda nelle mani gelate

 

Quando ti mancheranno i nostri progetti

I pensieri temuti del “se dovesse finire”

Che ci ritrovavamo a difenderli stretti

Perché il nostro sogno voleva solo dormire

 

Non andare a cercarli dove li abbiamo lasciati

Sotto le foglie di un autunno precoce

Sono stato già lì e non li ho ritrovati

Perché le nostre parole ora non hanno più voce

 

E or che un mattino atroce è arrivato il risveglio

E sul viso ho le lacrime e non i tuoi baci

Perché mi dici che così ora è meglio

Perché chiedi al mio cuore: “ora…piccolo mio… taci”

 

Quando ti mancheranno i nostri semplici gesti

I tanti difetti che ho imparato ad amare

Non guardarmi soffrire, non voglio che resti

Sei fin troppo presente nel mio respirare


Un minuto forse basta

 

Un minuto forse basta per ricordare un sorriso

Sotto due occhi timidi davanti ad un altro me stesso

Testimoni di emozioni decorate sul tuo viso

Colpevoli d’ogni bacio che non ho commesso

 

Dai capelli bagnati gocce a mò di stalattiti

Come fanno le nuvole al cielo da tende

Filtrano quell’occhi che non si sentono capiti

Nei percorsi tortuosi che l’uomo non comprende

 

E allor basta abbassarle per escludere il sole

Dalle proprie ombre quando è notte nel cuore 

Troppi discorsi zoppicano di passi e parole   

Che ogni luce rifiutata si squarcia nel buio dolore

 

Quando le mani si indossavano come vestiti

A coprire la pelle complice rimasta al fin scoperta

Come due pugili abbracciati si perdonano sfiniti

Con risa ricambiate come assenso a quell’offerta

 

Un minuto forse basta per ricordare un sorriso

Di due occhi semplici dietro uno sguardo complesso

O i profumi ormai scappati dal nostro fiore reciso

Colpevoli d’ogni bacio che non ho commesso


Come fa maggio con la rosa

Innamòrati di chi non lascia mai niente al caso

Ch’ogni sguardo riconduce al tuo sorriso cieco

Che dispensa l’attenzioni a chi’l cor  subìsce invaso

Dai dolor che’l tempo reca trascinandoseli seco

 

Innamòrati di me ch’al fin è la miglior cosa

A soffiarti nuovo sole alchè ‘l tramonto ti scorga sola

E ridonerò i colori come fa marzo alla mimosa

Foss’anche per pochi giorni ma il pensier pur già consola

 

Chè per superar la notte serve la voglia di vederti

Quando sferzano quei giorni che t’appaiono piegare

Ma la chioma pur sdrucita dai troppi colpi inferti

Rialza le foglie dal suolo e ti viene a cercare

 

A prescindere dal tempo e  da ogni asperità avversa

A prescindere dal buio e da quanta notte vi riposa

Prima che tutto sia vano e la tua stella a me dispersa

Renderò luce al tuo giorno come fa maggio con la rosa

 

Innamòrati d’un cielo che t’ami anche col temporale

Che conservi tasche e spiccioli e silenzi da capire

Sfondi morbidi di nuvola tra sussurri grevi di cicale

Col timor debba finire ma senza ch’abbia mai a finire


 

Amico mio

Ciao amico mio compagno sempre caro

Testimone di tanti piccoli momenti

Il tempo insieme sempre fuggevole e avaro

Vorrei fosse maggiore ma non si può altrimenti

 

Sei lì che mi aspetti paziente ogni sera

Sempre in attesa della luce dei fari

Lo sguardo ansioso e vigile che spera

Di stare un po’ insieme come vecchi compari

 

Amico mio comunque, fin dal primo giorno

Alzi quegli occhi dal tuo timido basso

Riconosci l’odore di ogni mio ritorno

Che accogli festoso ad ogni singolo passo 

 

E’ mi dà coraggio questo tuo esser vicino

Con quei pochi gesti che hai finalmente capito

Ma mi avverti soltanto se arriva il postino

Mentre gli estranei li ignori assopito

 

Mi notasti tu in quel mattino d’agosto

Libero dai recinti di padroni e guinzagli

Eppur nella mia vita volesti il tuo posto

Passando da una scatola al portabagagli

 

Non eri bellissimo e neanche pulito

Il colore scontato di chi è nato per caso

Eppure sei unico e non sono impazzito

Cucciolo mio grazie per ogni macchia col naso

 

Ciao amico vero dalle orecchie a punta

Col muso umido e coi baffi commossi

Che sbadiglia magnifico e dalla cuccia spunta

Non appena la ciotola si riempie di ossi


Aylan

 

Non credo che il mare abbia voluto questo

Né penso riesca ad esserne consolato

Com’ei ora resti ammutolito e mesto

Recando a riva quello straziante pescato

 

Non credo sia orgoglioso di cotanto patire

Lui così paterno nelle sere d’estate

Quando accoglie amorevole l’onde figlie al finire

D’ogni giorno che sibila di brezze pacate

 

E che volesse non credo esser da ciò coinvolto

Elevato a giudice a giudicare la sorte

E le speranze bagnate d’un angelo capovolto

Strappato da braccia per abbracciare la morte

 

E così ora ti guardo sereno a riposare

Le manine che giocano con le onde di terra

Ove le tue ali cucciole posson così volare

Verso una pace libera che più non teme la guerra

In memoria del piccolo Aylan Kurdi


Caro papà

Caro papà possente ombra di faggio

Solida roccia sulla mia terra brulla

Ruvide mani a far prua e ancoraggio

Rauche cantilene a dondolar me e la culla

 

Momenti perduti che ci fummo concessi

Tra raggi di sole carezzanti un sorriso

E or che siam sempre noi ma non più gli stessi 

Nascondo tra le ginocchia le paure ed il viso

 

Chè da troppo tempo son stranieri quei giorni

I profumi dei tuoi passi or son puzzo di vino

Ho sempre più paura che quando ritorni

Picchi anche quei ricordi del mio esser bambino

 

Sbatti la porta come non vorrei mai facessi

Le mie piccole mani contro il tuo passato

Mi urli tante colpe ed errori commessi

Pel reato mortale sol dell’essere nato

 

E quando vai via è così amaro il sollievo

Mentre sento la tua ira ancora nella stanza

Mastico un odio che non voglio e non devo

Non capendo quel tuo non averne abbastanza

 

E mentre sale il timore per la prossima volta

La mia infanzia gronda come saliva di cani

Lascio fuori il mondo oltre quella porta

Ed anche quei nostri giorni ormai così lontani

 

Or che le parole son forti e più graffiata è la voce

Mentre ripenso a quel faggio  non mi sembri più tu

Quei momenti felici mi fanno un male atroce

E caro papà mio…non ti voglio bene più


Dio è cattivo

Gli orsetti innocenti strappati alle mani

La polvere sul viso come i primi trucchi da donne

La vita che scivola da sotto i pigiami

Un dolore ben oltre croci, cristi e madonne

 

Il sole risorge col solito modo di fare

Gli stessi raggi uguali su ciò che al buio era vivo

Il campanile si erge senza saper chi pregare

Non quel dio che oggi si è rivelato cattivo

 

Le pietre scansate da altre mani ferite 

Cercando una speranza che sappia ancor respirare

Nelle polveri insaziabili che ingoiano vite

Da offrire al dio che stanotte s’è fatto negare

 

Ché non ha spiegato al fin ciò a cosa serva

Lasciando domande invane ed invase

Da quella terra che ti ama e ti conserva

Riprendendosi i figli riparati nelle case

 

Che tremano e non per la freddezza del vento

Ma per quante storie non saran più narrate

Pur se tutte vivono oltre questo momento

A testimonio di due dolci stelle abbracciate

 

Unite sorelle ma or separate dal cielo

Che volle cambiare la loro rotta celeste

In una notte d’ estate che ha conosciuto il gelo

D’un dio che non volle altre macerie oltre queste

 

Le pietre scansate da mani oramai ferite

Sperando ci sia altro suono respirato

Tra la polvere  insaziabile che ingoia le vite

Per quel dio che stanotte non volle esser pregato

…Quando il dolore non ha giustificazione…


Ritorna

Ritorna adesso non lasciarmi soffrire

Ritorna ed avremo una nuova primavera

Ritorna da quel cielo che t’ha accolto al partire

Ché  il giorno non finisce sempre con la sera

 

Raccogli i fiori del nostro piccolo melo

Riponili con cura così ancor profumati

Quegl’occhi che rubarono l’intonaco al cielo

In cui lessi segreti  che mai furon svelati

 

Ridammi la luna che illuminò i nostri sogni

E la nostra paura di risvegliarci con niente

Metti in valigia anche i tuoi eterni bisogni

Ed ogni parola rimasta indifferente

 

E sono qui da solo in compagnia di te allora

Quanto cercavi rifugio in uno stritolo abbraccio

Sussurravi “mai più” soffocando il mio “ancora”

E una lacrima struccò il sorriso al pagliaccio

 

Ritorna che l’inverno gela ogni sentimento

Ritorna ed avremo una nuova primavera

E non badar che il tramonto sia un avvertimento

Ché  il giorno non finisce sempre con la sera