Morte dell’immagine (Morte del mondo)

Mira,
chiarore di stelle
sparse nei suoi occhi
spente,
l’ingenua premura
s’avverte, disperde
il languore,
creatura virente con l’aere
si mesce e si tinge
di fattezze diverse, avverse
e giace sul suolo il suo ventre
vuoto, mentre di lutei astri
contempliamo il moto
remoto lo strepitio di passi
confusi, tra i lividi sassi
soverchia il vagar dei
deliri profusi,
che inebrian le menti
e ci scoprono illusi

E d’un tratto scompare
sui suoi lineamenti,
come creste del mare,
sospinte dai venti,
l’ardore

Mira,
chiarore di stelle
sparse nei tuoi occhi
perse,
com’io che si perde
nel suo capriccio più niveo,
sotto il fatale fruscio di palme
percosse nel crosciar delle fronde,
or mosse, or calme.
La natura ridente
risplende sui molteplici volti
dissolti
e cangia al cangiare
dei miei turbamenti,
i fiori e le palme
innalzano i fusti,
le rocce si scindono
e nascono aulenti gli arbusti
e i venti che incalzan più lesti
di lampi feriscono l’aere
in cerca dei neri capelli
fluenti, di luna e di stelle
lucenti,
che muse del mare
nei suoi movimenti
or lenti, or lesti,
si librano algenti
sulle bianche vesti
e sul suo esser divino
ma vano,
eterno ed effimero
poiché umano,
del tutto
incosciente
mi tende assuefatta
un respiro
che spira e lambisce
la caduca
mano,
che sfiora e assopisce
il mio volto
profano

E d’un tratto
sprofondo
tra informi pensieri
cullato d’argentei raggi,
col mondo
che oggi e
che ieri
ho sognato.


Riflessioni davanti a una fontana (2)

Così
ritrovo ristoro
su questa panca dismessa
divorata dalla ruggine
che mette
in un giardino di platani
solcato dall’asfalto

In alto
Il sole ribolle furente
scagliando dal petto
dardi di luce
che annullano il mondo
ad altezza d’uomo

Così costretto
per il capo reclino
giace ai piedi lo sguardo,
alla terra dove non si scorge
vita, ma solo grigio
freddo e
moribondo

L’asfalto che si sgretola
pezzo dopo pezzo
si abbarbica in vita e nel cuore
Muore la vita algida
colonna di alabastro

Ma nella cecità
vigoroso esce l’ascolto
Remota una fontana
si ode sciabordare,
chinato al freddo asfalto
ho in mente il solo mare.


Soffio di vita

Quieto e solenne mi fissa
il cielo notturno di vette
inarrivabili persino allo sguardo
e di colpo mi sento
tutto e niente
ignoto mi sento
ed assente
e sento la vanità terrestre
dissolversi nel tappeto celeste
e l’umano affanno
deriso dall’eterno essere
e la gloria e la fama
sussulti di ciglia
nel buio ventre dell’universo
paralizzate nel vagheggiar
d’un eterno presente
ignoti lamenti d’insipida
smania immanente
smania incosciente l’arto
pezzato nelle vesti dismesse
sorretto da tela
da tessere e tessere e tessere ancora

E sogno ora d’essere
cielo in terra
stella nell’ombra
monade inconscia
umana assenza
e vana, vana luminescenza
che fenda la torma folta
nel moto d’ignare menti
priva d’umani pensamenti
e dell’ignoto sia fatta colma
e del dissenso pregna
là dove regnano senso e parvenza
regno ignoto alla trascendenza
regno devoto a pietra e coscienza
e per l’eterno
vuoto d’umana presenza

E’ un soffio indicibile di vita
che scivola incompresa
sulle aride vesti della terra.