Gli archi immutati

Vuole
il tempo
vuota
la musica.
Crono dai mille volti
millanta ad altri
veli senza ritorno,
ma viaggia al mio fianco
vane sapendo altre fole.
Vede
il padre di Giove
fratello dei campi
vibrare
immutati
gli archi di lei.


La valigia intangibile

Non cade
nè s’apre
la valigia intangibile.

Non perde occhiate,
lente movenze,
fuochi d’inchiostro,
sensi stravolti,

parole.

Non può.

Non v’è cerniera, tasca o lucchetto
che chiuda indumenti di troppo. Non v’è
rischio di pezzi smarriti sui nastri
fermi nei porti dei nostri terrori.

Vi è solo
la valigia
di te.

Tu l’hai riempita all’inizio del viaggio,
mettendovi il vento che t’aveva
mandata e la polvere che i luoghi
han posato sui tuoi capelli.

Tremi al sentirti vicina? Vieni,
guarda, torno ogni giorno dai viaggi
che vuoi ch’io compia, parto ogni volta
che brami un miglio da sola.
Senti il vento di ciò che mi hai chiesto?
Muove ancora la polvere amata,
scuote le querce dei nostri voleri,
chiama
fluido
il tuo nome.


Le rocce corse

Stamane calcavo le rocce corse
il mare guardavo
alta la rupe
terso un cielo
che esiste nelle travi.
Stamane
un dì
che esiste nell’L-dopa?
Ho solo
il viaggio dentro
e i bianchi mari di noi
emessi da strumenti
voci
pugnali
d’eliche meticce.
Stamane sedevo
tra nomadi carri
con te
mio unico luogo.