Sogni nel campo zingaro

Ebbra la luna ballava

su antiche melodie rom

mentre capelli corvini

fluttuavano in danze

allacciate.

Aromi di carne infuocata

invitavano languidi cani,

mansueti cavalli pezzati

ondeggiavano

paghi.

Note di fisarmonica

attorno al falò

spronavano gli occhi

a rincorrere

ritmi.

Lunghe gonne

e nastri cremisi

accendevano

volti

contratti.

Sorrisi di donne

su sguardi spiati,

pensieri di anziani

or rinnovati.

E la notte viola avanzava:

il cielo del campo zingaro

poteva giocare coi sogni infantili

mentre le ombre dei grandi

lasciavano impronte

indelebili.


 

OMBRA

Ghiaccia scolorita

sberle pugni fumo spento

sì ti amo non è vero

lo perdono è colpa mia

scusa scusa no mai più

ma che male un’altra volta

basta basta

sguardo arcigno dilaniante

spiaccicata contro il muro

gusto acido di sangue

boccheggiante deformato

interrompi disinnesca

è letargo dell’amore

è dileggio inebetito

fuori albeggia quasi piove

Miserrime nefandezze umane

indistinte nel solfeggio del cosmo

come pietrisco fluttuano

poi deflagrano.

L’ombra che sa reagire

che ridiventa donna

sia certezza

urlo

speranza.


 

Non poesia carcere

Ha una maglietta rossa e una busta in mano

l’uomo smarrito tra le due guardie

che s’appresta al cancello mentre s’apre

spaesato di fronte a moglie e figli

non si butta al collo dei suoi affetti

non capisce affatto ch’è ormai fuori

e solo dopo, lunghi e lunghi abbracci.

Mi passano davanti

gli occhi s’incrociano

lo spazio d’un momento

auguri sussurrati

lui sa che io in quell’attimo

capisco il suo dolore

mentre moglie e figli

sanno il loro dolore

io certo acchiappo il suo

ciò che da lì trasuda

quanta follia sta dentro

a quella scelta insana

di chiudere altri uomini

pensando di difendersi;

malvagi impenitenti

a volte pure vittime

ma tutti bisognosi

d’una coscienza nuova

non d’essere ammassati

in un porcile lurido

perché i giusti acclamati

si riempiono la bocca

d’inutili parole

quando una finzione

detta rieducazione

dà loro l’illusione

d’aver reso giustizia.

Nel carcere c’è il vuoto

che spesso mangia rabbia

a volte dà perdono,

chi è dentro è rieducato

a un male ripetuto

all’odio più assoluto

a un futuro annebbiato.

Altro potrebbe essere

qualcosa di più umano

persino di più utile

se solo ripensato

rifatto dalla base

per dare dei valori

a chi non ne ha esperienza

o almeno dignità

a chi attende giustizia.