05/03/1999

 

Ricordi di un termitaio

di mostri cechi

e di tutti i tuoi baci.

Per me ovunque

l’aria è infetta

e mi resta in gola

come il tuo nome

e soffoco,

prendimi per i capelli.

Ormai sono straniero,

perso comunque.

Partoriscimi nel fango

regalami un inferno,

ti mangerò viva

un morso alla volta

come hai fatto tu,

partendo da dentro.

Non senti suonare?

Melodia d’una messa cantata

al funerale del mare.

Se ridi sincera,

resti indifesa. Ho sentito

la tua voce e ho pianto.

Sventrami uccidimi

e sposati pure

col vestito e le mani

sporche di sangue.

Il mio sangue.

Stavolta piove davvero,

ed io accendo candele

e coltivo le piante.

Ma è inutile,

non amerò mai più niente.


15/11/2010

 

Continua

lo stillicidio da copisteria

dei nostri giorni maturi

la tua voce si mescola

ai dialetti metropolitani.

Un caos familiare

ti copre di polvere

di cenere che ti spegne

e più non è la cipria

delle tue campagne militari.

Con una mano

ti libero la fronte

un lampo ancora nei tuoi occhi,

forse l’ultimo

ma non mi riguarda più.

Sbatti le ciglia una volta

e saranno passati vent’anni,

ti capirei solo

se potessi vivere per sempre.


12/04/2011

 

Le donne degli altri

ancora cent’anni

e le chiome degli alberi,

tutto l’imponderabile è qui.

Degli umani languori non chiedermi,

delle geometrie elicoidali

di chi vince o chi perde,

dirti non saprei.

Continua a suonare nei locali deserti

una musica lenta che si spegnerà,

nessuno più si ferma

a raccogliere i tuoi fiori

e le aquile non vivono più qui

ci siamo solo noi

ancora intatti dai dolori

che spettano a chiunque.

Scatto una foto ancora

alla malinconia,

per ricordare che esiste

tutto un mondo fatto di stracci,

da cui guardare dall’alto

le trame dei fiumi

e gli intrighi oscuri

dei tuoi capelli.