Trieste, 12 settembre 2014

Un tempo senza tempo….tra le nostre vite. -

Quel primo incontro di sguardi profondi,
fissati come un fotogramma
alla fonte dell’anima,
poi scorrere tumultuoso intenso
separato delle nostre esperienze.

Lontani dagli occhi terreni
ma sempre più vicini nell’anima….
Credere …sperare…sentire…fluire..
Hai saputo coniugare con coraggio
le tue emozioni.

Ci siamo ritrovati a quella fonte spontanea
consapevoli e con i passi fermi
sul nostro cammino.
Uno accanto all’altra
con gioia crescente dei corsi ora uniti,
in un abbraccio gioioso.

Messaggi di guide celesti
e di maghe terrene
non hanno scalfito la tua ricerca interiore
maturando e rafforzando la tua essenza.

Nell’ingenuità, libera da attese,
hai accolto e compreso la mia offerta
nel plenilunio delle stelle cadenti.

Hai accolto nelle tue mani il mio cuore
sbocciato tra i fiori di campo.

Sorprendo nei sogni d’amore,
attimi maturi di sguardi, emozioni,
scoperte di comunione senza tempo…
tra le nostre vite.


UN VIAGGIO ……….VERSO IL CIELO

Quello che successe non era certo previsto.
Un viaggio nel viaggio, che doveva accadere, proprio perché non preordinato, proprio li, esattamente.
Si è svolto intensamente, con profondità, senza guida ed ha segnato una svolta nella mia vita.

Desideravo da tempo ritrovarmi con le mie cugine venezuelane, Consuelo e Cristina. La prima , tratti forti del viso, vestire zingaresco, in linea con la sua indole istintiva, priva di regole, spontanea, un fuoco perenne negli occhi, impazienza di qualcosa che attende da tempo e che non riesce a riconoscere. Ha gestito librerie, bar, lettura dei tarocchi. Si definisce una “bruja” (strega in spagnolo).
Cristina, viso delicato sorridente di occhi calmi e sereni. Sobria, curata nel vestire, che delinea un carattere sensibile. Ricercatrice universitaria nel campo etnico e attività nella medicina orientale. Un percorso di crescita interiore lineare, costante.

Sono così diverse, ma per me sono entrambe come sorelle. La vita della loro madre e di mio padre sono state molto simili, marcate da sofferenze di gioventù e conseguenti comportamenti conflittuali con i loro figli. Il rapporto tra noi cugini è stato, quindi, sempre molto forte, profondo e imbevuto di una complicità briosa.

Stavo tornando da una viaggio nel centro America, con messaggi forti: Panama, dove mi sento con sorpresa sempre a “casa”, accolto dagli indios Kuna come uno di loro, dopo avermi a lungo osservato; quel momento magico sul vulcano Barù; i primi approcci increduli con la pranoterapia…, l’incontro con “Mano de piedra” Duran…, la fusione con la natura della selva..
Guardando indietro a questi ricordi scorgo il filo invisibile che unisce questi eventi, uno conseguenza dell’altro, in preparazione del “viaggio nel viaggio”.

Lo scorrere delle circostanze, quindi, mi porta da loro durante le festa pasquali.
Sento un desiderio crescente, man mano che si avvicina il giorno della mia partenza per Caracas, un’eccitazione infantile, un brivido caldo dell’intimo, un’impazienza di stringerle a me.
Venezuela, los Roques, i Caraibi, paesaggi selvaggi, forti; terra di contrasti incredibili, miserie e ricchezze, governo corrotto. Paese di maestri spirituali, dei Rosa Croce, di magia bianca e nera, radicate nel vivere quotidiano.

Un mattino, Consuelo mi disse che doveva andare nell’interno del paese dalla sua “bruja” che le aveva promesso di eseguire un rituale per aiutare la sua biblioteca che stava attraversando una pesante crisi negli affari.
Non mi sono mai piaciute le magie e con essa chi le pratica, siano esse buone o malvagie, perché ritengo che la vita vada costruita con le proprie forze. Ma, in fin dei conti, mi interessava solo stare con lei e, così, il viaggio nei territori interni meno conosciuti del paese, tra gente vera, mi attirò senza scampo.
Mi sentivo leggero, allegro, rilassato, non certo attore principale.

Arrivati a destinazione, camminavamo tra la gente semplice del piccolo “pueblo” e d’un tratto, per la prima volta provai la sensazione che i miei contorni fisici sfumassero, che la mia entità corporea perdesse la forma conosciuta. Mi sentii crescere, leggero, ma con energie sempre più vibranti.
Nel frattempo raggiungemmo la casa semplice e spoglia della “bruja”.
Mi aspettavo una tipica india, ma, prima sorpresa, i tratti del viso erano decisamente egiziani e così il colore della pelle. I suoi occhi intensi, marrone scuro, quasi neri, appena rafforzati da un leggero tocco di matita nera, sono frecce penetranti, calde, ma non mi sembrano indagatrici né cattive.

Parliamo del motivo che aveva portato Consuelo da lei, il discorso scivola su argomenti futili. Lei sembra quasi disinteressata. Lentamente, senza che io me ne sia accorto, indirizza il discorso su di me e, dopo un attimo, improvvisamente cambia tono.. “Raccontami la tua vita”, la domanda esplode quasi come un eco, trascina inesorabile il mio racconto. Lei non interrompe, ascolta in silenzio, attenta.
Il racconto è fluito senza sforzo, senza intoppi, senza timori, quasi la sua calma mi guidasse. “Il tuo racconto è molto interessante, sai che tu potresti aiutare molto tua cugina, vuoi farlo ?”, la sua domanda mi spiazzò nuovamente, decisamente sapeva convincere. Non riuscii ad avere dubbi. Non avvertivo pericolo. Uno sguardo di assenso di Consuelo mi convinse definitivamente. D’altra parte era lei l’esperta di “bruje”!

Lei, allora, ci introdusse in una stanza, dietro ad una tenda di artigianato indio. Avvertii i battiti del mio cuore farsi più rapidi quando vidi, al centro di un mobile di pietra, addossato alla parete, un idolo egizio.
L’impressione iniziale del volto della signora aumentò di intensità.
La preparazione del rito fu lenta, sicura, tranquillizzante. Consuelo ed io siamo seduti, in posizione del loto, fianco a fianco, con la mia mano destra nella sinistra di Consuelo. Lei ci pose dei sassolini nelle palme delle mani libere. Si sedette di fronte a noi sotto l’idolo egizio e ci fece chiudere gli occhi .

I sassolini divennero caldi iniziarono a muoversi nei palmo con moto circolare. Iniziò a interrogare mia cugina sulle sue percezioni. Io mi lasciai andare con fiducia alle mie sensazioni. Le nostre due mani si strinsero leggermente e avvertii il fluire del profondo sentimento che mi lega a Consuelo.

“Cosa vedi, dove stai andando?”. Mi accorsi che si stava rivolgendo a me.
Consuelo mi raccontò, poi, che senza che io me ne accorgessi la “bruja” l’aveva fatta alzare e sedere accanto a lei. Mi sento ondeggiare sul pavimento e mi sembra di volare via. Consuelo mi racconterà che una luce verde mi circondava il corpo, si era allargata e poi era volata via oltre alle pareti della stanza.
Ho sempre avuto facilità a visualizzare, in particolare scene di natura, ma ora stavo partecipando ad una scena viva, reale, percepivo il mio corpo.
“Sto percorrendo una strada in salita, argentea…faccio fatica, ma sento che tu sei vicina a me” – risposi –
La sua voce calma, penetrante mi raggiunse. “Prendi la mia mano se vuoi, stringila, ti aiuterò a procedere”. “Ora prosegui e dimmi cosa vedi”. Ripresi il racconto del mio cammino: “In lontananza intravvedo una porta, come sospesa nell’aria, è aperta con due colonne ai lati, ma non c’è alcun muro”.
La sua voce, allora, mi giunse perentoria: “Devi attraversare quella porta…è necessario che tu l’attraversi”.

Quando con fatica, perdendo a tratti la visione, mi trovai davanti alla porta, la sorpresa mi bloccò il respiro, i miei occhi si bagnarono di lacrime di gioia: le due colonne erano due angeli con le ali chiuse, uno di fronte all’altro, immobili. Passata questa porta angelica, la mia voce resta ferma nella gola, non riesco ad esprimere la serenità, l’intensità di colori mai visti. Angeli danzano silenziosi, la luce è intensissima, non accecante, anzi calda, tranquillizzante.
“E…io sono pure un angelo, faccio capriole di gioia” – balbettai con voce rotta dall’emozione.

L’estasi fu bruscamente interrotta dalla sua voce perentoria: “Ora devi tornare!” cercai di resistere, la sensazione era meravigliosa, non volevo lasciarla. “….Se resti può diventare pericoloso, potresti non tornare mai più” – incalzò lei.
Così le descrissi pure il ritorno. La strada argentea riapparve, solo che vidi che dall’alto si restringeva fino a raggiungere il mio ombelico, che ne era il punto di partenza.
Apro lentamente gli occhi, la mia mano sinistra si fa, stranamente, pesante, si rovescia senza la mia volontà e sento il rumore di un oggetto caduto a terra. Lo raccolgo e lo osservo: è una pietra triangolare, trasparente e argentea. Mentre la sto osservando, la “bruja” mi si avvicinò e mi interrogò: “Dove hai preso quella pietra”. “Penso sia una di quelle pietre che mi hai messo sul palmo” – rispondo sorpreso -, ma poi ricordo che le mi aveva messo le pietre nella mano destra. “No – risponde – io non te la ho data, conservala, sarà importante per la tua vita”.

Torniamo nella sala principale e lei inizia un discorso che mi raggela. “Tu hai una karma molto pesante che sta per finire. Hai fatto cose terribili nelle vite passate, ma ti stai riscattando con la vita presente. Hai avuto dei dolori profondi che ti stanno lavando dai peccati….ora però tu hai il potere di uccidere a distanza i tuoi nemici”.
Pensai che non ne volevo proprio sapere di un simile potere. Il mio unico interesse era fare del bene, i nemici li avrei ignorati, non era certo mio compito giudicarli e condannarli.
Mentre ero immerso in questi pensieri, senza rendermi conto, avvertii partire, nella mia testa, un vortice rapidissimo, inarrestabile che si avvolgeva all’indietro. Non so come ma percepii con sicurezza di andare indietro nel tempo, in altre vite. Non riuscivo e forse non volevo fermarmi. Lei mi guardò e, senza che io dicessi nulla, né mi muovessi, esplose dura e chiara “Fermati, non farlo, ne avresti orrore”.
Mi bloccai istantaneamente. Recuperai rapidamente e senza sforzo la presenza fisica e non potei fare a meno di sentirmi in una situazione irreale, dove tutto stava accadendo come se ci fosse una guida, superiore a noi.

Parliamo tranquillamente, non ricordo di cosa. Prima di accomiatarci, preso da un impulso improvviso, l’abbraccio. Un sentimento di fratellanza mi invade, vedo i suoi occhi non più penetranti, colmi di lacrime calde come i miei. Le apro la mano e poso nel suo palmo il volto di Cristo della mia medaglietta con la frase “Dio ti protegga”, con la sensazione di donarle ciò di cui necessitava da tempo.


UMANO TROPPO UMANO

Ma cos’è umano?
Un gesto, uno sguardo, una gentilezza..
Forse un ragionamento, un’azione,..
Il tempo che scorre nella mente,
accelera, sovrasta e travolge i sentimenti,
imbriglia e soffoca l’istinto.

Il tempo umano non regola le stagioni,
i raccolti, i tempi degli amori.
Il tempo del cronometro scandisce il declino umano,
l’agonia degli istinti.
L’urlo di disperazione è soffocato dall’onda del nulla.

Ma allora e proprio allora
se in questo deserto d’amore,
uno sguardo ne cerca un altro,
se un gesto gentile, insolito desta il tuo cuore
allora proprio allora una sensazione sgorga
dal turbinio della non vita.
Umano troppo umano?

Non sono più le parole che aprono alla fratellanza,
ma la sintonia di anime.
In questo deserto, ora,
il segnale colpisce e penetra con impeto
come goccia nel deserto senza oasi.

Le gocce formano laghi alpini, limpidi e sereni
se la volontà umana cambia sintonia.
La goccia che ogni uomo ha in sé
porta il seme nell’oceano e ne diviene parte.