ESTATE
Risplende d’estate ondulata elegante
Vomita nel Tago ma la gratta l’Atlante
La sua gente modesta non ama lavorare
Ma quando lavora continua a cantare
Animo d’oro voce d’argento abito nero
Le scure case non si aprono allo straniero
Vento che asciuga pietre che fanno sudare
Con un piccolo treno sei subito al mare
La luce d’estate trapassa i suoi muri
Risplendon per fino i vicoli scuri
Ballano e cantano senza gli antichi lamenti
Si beve più birra restano i comuni tormenti
Si sale e si scende si perde lontano lo sguardo
Grandi piazze ti avvolgono ed il cielo è un azzurro stendardo
D’estate è più pazienza è un rinnovo di speranza
La tua luce mi ha stregato il tuo mistero mi ha rapito
Ti osservavo dal castello e sui tuoi tetti io planavo
Coi tuoi tram o col mio carro con la mente io vagavo
Tu sei muta la tua storia è raccontata da piastrelle
Le donne pettorute sembran tutte tue sorelle
La lingua dei tuoi figli è un canto celestiale
L’estate ventilata ti fa sopportare il male
Mentre il sole che tramonta ti dora e ti carezza
Il viandante che rallenta annusa la tua brezza
Quando il sole poi risorge donandoti una sberla
Com’eri luce d’ambra ti risvegli madreperla
Cascate di case cadute di stile mi manchi Lisbona
Schiena di creola corpo di dama colta e fellona.
L’ANNO CHE SE NE VA
Apriva i grandi occhi bagnati senza guardare
Stanca taceva ma la bocca piangeva
Io volevo che fosse per sempre ma era settembre
Forse mi odiava ma ormai non m’importa
Resta sempre vincente il mio ego di scorta
Che stringe la bocca che spegne il pensiero che chiude la porta
La vedo di spalle che s’allontana mi sento irrigidire
Immaginare il suo sguardo nel vuoto mi fa molto soffrire
Io volevo che fosse per sempre ma viene novembre
Se la pioggia che bagna ogni cosa non passa l’interno
La mia casa è arida e fredda com’è lungo l’inverno
S’allontana lentamente sperando in una voce
Solo brusìo molesto il resto un silenzio atroce
Se si volta e mi cerca fra teste danzanti
Nella strada affollata da ignari viandanti
Sarò io a voltarmi chiuse a pugno le mani
Duro senza cedere finché arriva indolente il domani
Incredula sparge i suoi pensieri come mine vaganti
E’ ancora bella e per uccidermi pagherebbe in contanti
Io volevo che fosse per sempre ma ormai è dicembre.
L’OMBRA DEL BAGOLARO
Dorme all’ombra senza mai russare
A volte il naso sbuffa come un mantice
E’ uno spasmo salutare del suo respirare
Ora disteso, ora chiuso come un istrice
Forse irrequieto, o semplicemente sognando
Si sveglia, sbadiglia e stira le zampe incurante
Con la coda spazzola l’aria e starà anche pensando
Si torce di scatto morde una pulce nella schiena
Si calma stupito riprende il controllo della zona
Osserva non abbaia e di nuovo sbadiglia
E’ senza collare senza guinzaglio senza medaglia
Tutti lo vedono tutti lo guardano e nessuno ha paura
Tutti ne parlano tutti ne ridono ma nessuno lo cura
Nemmeno i perditempo sempre lì nella piazzetta
Aspettando che si faccia sera indolenti e senza fretta
Sembra solo e padrone del mondo e senza badare
Ferma la coda annusa la pianta alza una zampa
E prendendo la mira si mette a pisciare
Forse appagato oppure annoiato comincia a vagare
Poi imbocca sicuro una strada
È la strada che va verso il mare
Si ferma all’improvviso ma non per tornare
Punta il muso in avanti ed annusa per essere certo
Che la scia che ondeggia a mezz’aria sia l’odore di Alberto
Dormiva all’ombra sembrava anche sognare
Forse scaltro o forse non voleva disturbare
Non chiedeva mai carezze e nemmeno da mangiare
Ma ora che non c’è quel cane dal silenzio raro
Ha lasciato ancor più muto ancor più amaro
Il silenzio nello spazio all’ombra sotto il vecchio bagolaro.