La trappola

La sirena di fine turno lacerò l’aria
del primo pomeriggio, accolta come una liberazione.
Gli altri operai andarono alle case,
io, Nestore ed Ettore salimmo sulla jeep scassata
e cominciammo ad arrancare sui tornanti.
Dovevamo arrivare alla baracca perchè quella notte
erano arrivati fucili nuovi e mitragliette
che dovevamo consegnare agli altri gruppi.
Nessuno di noi tre parlò, per un bel pezzo.
Io pensavo a Matilde, la staffetta che mi aspettava,
tre volte alla settimana, seduta sul muretto
della fontana della Mandorla, con i suoi foglietti
di ordini, qualche volta un frutto, regalo
raccolto nei campi attraversati.
Pensavo ai suoi capelli rossi e ricci,
alle sue labbra che avevo sfiorato con un casto bacio,
morbide e fresche come l’acqua della fontana cristallina.
Se non ci fosse stata la guerra…
Dopo l’ennesima curva la jeep piombò in un fosso
di traverso alla strada, le ruote slittarono
e l’auto non si mosse più. Il motore si spense
e uno sbuffo di fumo si disperse nell’aria.
Era un solco tracciato con l’aratro.
“E’ una trappola” pensai subito, “sono i Fasci,
maledizione a loro!” I miliziani uscirono dai cespugli
con il fez e la camicia nera; erano in quattro,
tutti con il mitra in mano. Assisteva alla scena
anche il Giuda che ci aveva venduto:era seduto
poco più avanti su una Balilla grigia, parcheggiata
sul alto destro della strada. Stava immobile
e guardava avanti ma era il nostro caposquadra,
lo riconobbi subito dai capelli rasati e dalle orecchie a sventola.
Presero Nestore, lo addossarono alla roccia
e lo ammazzarono subito, con una raffica rabbiosa.
Poi fu la volta di Ettore che li guardò negli occhi
e disse:”Fanculo! Fanculo a voi e al mondo intero!”
Cadde in avanti crivellato di colpi, il sangue
trasformò la sua maglietta in una specie di grembiule rosso.
Mi presero e mi scaraventarono contro la roccia piatta,
vicino ai due cadaveri. Non volevo piangere ma le lacrime
uscirono comunque..avrei voluto dire qualche preghiera
ma non ne ricordavo nessuna. Urlai forte:
“Puzzate più voi che i topi delle fogne!”
La raffica mi segò in due la gola, il sangue uscì
a fiotti, dal collo e dal torace aperto.
Le ultime cose che vidi, mentre cadevo in avanti
sulla strada, furono una massa di capelli rossi e ricci,
labbra morbide e fresche e una fontana d’acqua cristallina.


Piove

Piove sulle ortensie appassite,
sulle pietre ed i muri lucenti,
sulle cucce dei cani, sul rovo.

Piove sui cipressi piegati dal vento
che scrollano l’acqua
con inchini da vechie signore.

Piove sui campi, sui canali
ed i fossi…piove da giorni
sugli spini ed i sassi dell’anima


Notturno

Il giorno scolora nei riflessi
rossi del sole. Il buio lentamente
s’alza a coprire gli alti cipressi
e poi i boschi e le città lontane.
Tacciono i piccoli uccelli, impauriti,
ora che cantano le civette e i gufi.
Un pigolìo sommesso annuncia
l’usignolo che sta accordando,
nel folto di un ginepro.
Pochi minuti ancora e un trillo
possente s’alza dalla siepe,
tonalità sempre più alta,
musicalità d’alto soprano.
Ho vinto il sonno, ormai,
sotto coperta stanno l’accidia e
la rassegnazione. Stasera canteremo
insieme un canto che annienterà
le malattie e la morte; sconfiggerà,
per una volta, le tenebre profonde