Poesie
Per te che vieni,
c’è un giardino d’inverno in me
che ti attende
triste e malinconico,
deserto e spoglio,
inaridito dalle gelate continue,
flagellato dalla grandine
scagliata dalla furia della tempesta,
ricoperto da grandine e neve dal gelido candore.
Per te che vieni
C’è un giardino d’inverno in me
che ti attende
intorpidito, ferito, malato
e incolore
ma non morto,
che nasconde in segreto nel suo ventre ferito
gemme, semi e bulbi addormentati
che come una madre
porta in se nascosta la vita.
Per te che vieni,
c’è un giardino d’inverno in me
che ti attende ,
che attende luce, tepore, calore
dalla tua voce,
dalle tue labbra
dalle tue braccia
per riacquistare vita e colore
per germogliare e rivivere rigoglioso
pieno di profumi e di armonie
e per fare di questo lunghissimi inverno
un ricordo remoto,
e ridestarsi in una esplosione di vita.
Primavera
Armonia di suoni, di colori
di profumi,
tornano dal lungo letargo a ridestarsi,
e luce, luce
luce che illumina di sfumature
i colori di una vita che si ridesta
gorgoglia l’acqua che serpeggia rilucente
tra i sassi scintillanti,
cantano gli uccelli svolazzando e saltellando
di ramo in ramo
sansa stancarsi,
un vento leggero, carpisce l’odore
della fresia, del glicine, della mimosa, del tiglio
in una danza leggiera
tra le fronde tempestate di minuscole gemme
colore di giada
e lambisce la terra colorata dai fiori di campo
che ondeggiano come in un mare di erba variegata
lambisce la mia gonna
i miei capelli neri
neri come il buio.
… e le campane risuonano lontano,
risuonano a festa …
e sento aspro
in me il dolore che preme
il rimpianto pungente
di una vita che mai ho avuto
e l’amaro del pianto che discende silente
e sconsolato
eludendo lo sguardo dei curiosi
che di certo non sanno
quanto amaro possa essere
il mio vivere senza vivere
il mio sognare le dolcezze dell’Amore
mentre il tempo invano
si consuma e mi consuma
e le primavere inutili tornano a fiorire
per l’altrui vita che non si arresta
mentre io, sola,
resto a morire senza morire
… e suonano, suonano ,lontano
le campane a festa
per una vita lontana che non mi appartiene,
per una vita lontana, che senza di me si rinnova.
Come foglie d’autunno al vento
Cadono esitanti le foglie d’autunno
si distaccano
sollecitate dal vento
poi volteggiano vorticose lontano
e si posano lievi sul selciato
sospinte, si spostano crepitando piano
e galleggiano nelle pozze d’acqua
navigando alla deriva
nel ricordo vano e struggente
del verde tenue e del tepore
di una vita breve e ormai svanita.
… forse anche l’Amore in me
sta cedendo,
palpitante ancora, inaridito e rinsecchito
sotto i soffi gelidi del tempo in fuga,
e si torce, si aggrappa, si accartoccia invano
poi avvinto cade
infondo all’oscurità
di un nefasto destino implacabile
e volteggia esitante nel gorgo
tra gli echi incerti di voci lontane
tra i silenzi glaciali della tua indifferenza,
tra l’eco insistente delle domande
chiuse in me senza risposta,
ma palpitante ancora di un ultimo respiro
non vuole morire
e tornando a ritroso tra i pensieri
ricorda il tepore discreto
di un giugno ormai lontano,
all’allegria di un incontro casuale,
all’armonia di sfumature nel sentire
e nel vedere il mondo,
all’unisono di due voci che divengono una
di due anime rare e uguali
che si ritrovano vicine con grande stupore,
alle mie speranze, alle attese, alle dolcezze sognate
e ormai deluse
naufragate nel gelo dell’indifferenza
verso la deriva.