Lo Scialle Di Domitilla
Era una ragazza strana Domitilla. Venti anni appena
fatti,i capelli di un ramato tendente al biondo (come
ce l’hanno solo le ragazze meridionali di
discendenza normanna) sembravano scendere
lunghi ed irregolari per creare confusione intorno a
quella testa che, per conto suo del resto,dentro ne
aveva già abbastanza.
Gli occhi di un viola come la costa marina dove era
nata si aprivano grandi e sognanti su un viso olivastro
e sofferto.Il tutto era portato,su un corpo minuto e ben
proporzionato,da due gambe dritte,dritte come le
torce,sì proprio quelle torce che s’accendevano
solamente in occasione della festa del Santo Patrono
del paese.Ma Domitilla non faceva caso a tutto
questo e sia che il iempo facesse il buono o il cattivo.
la si vedeva sempre là,accovacciaia, su quei tre rozzi
scalini di cemento di casa sua con il grembiulone di
tela che le copriva i fianchi tondi ed acerbi e che
scendeva giù fino a danzarle sotto le ginocchia, il
visetto affogato fra le mani e gli occhi persi dietro
pensieri o segreti che lei sola conosceva.E sì,perchè
se,ad occhi disattenti,poteva apparire distratta e
tediata in realtà anche Domitilla (come tutte le
ragazze della sua età) aveva il suo segreto,misterioso
ed affascinante come tutti i segreti che si rispettino ed
era lì,a portata di sogno,viveva notte e giorno con
lei,racchiuso nel grande baule antico contenente la
biancheria (detta meglio dote da quelle parti) della
nonna:era uno scialle antico,di pizzo nero,fatto da
non si sa chi,nè quando nè come,su cui si spargeva
una cascata di rose rosse lavorate in rilievo.
“Un semplice scialle! Tutto quì?” direte voi, e no!
Per Domitilla quello scialle proprio semplice non lo
era e se ne era accorta lei stessa la prima volta che
se l’era avvolto intorno al corpo.
Qualcosa di strano o se volete di magico le era allora
successo: un calore sottile incominciò a percorrerle
leggermente tutta la pelle e le gambe le si pigarono
sotto una dolcezza che sentì strana e nuova.
Le mani muovendosi inconsciamente vagarono sul
corpo come se lo sentissero per la prima volta;
dapprima si fermarono sulla rotondità dei seni che
accarezzarono,schiacciarono, premettoìero,
poi…scesero ancora più giù… sempre più giù…finchè
sentì le sue dita (ma erano poi le sue?) scostare il
bordo delle ruvide mutandine di cotone ed insinuarsi
in quella parte oscura,fino ad allora ignorata,del suo
corpo,del suo essere donna,procurandole sensazioni
così forti ed intense da lasciarla quasi tramortita dallo stupore.
E tutto questo (oh meraviglia!) si ripeteva
puntualmente ogni volta che lo indossava.
Anche quella sera che la vide Elio(giovane ed aitante
aiuto del vecchio farmacista,arrivato da poco in
paese) Domitilla era a rimirarsi,davanti allo specchio
del decrepito armadio,tutta avvolta nello scialle, ed i
lampi che vide accendersi negli occhi del giovane
fecero accelerare i battiti del suo cuore e, più
tardi,segretamente le sue mani.
E fù così,di nuovo,quando s’appartò con lui,di
nascosto da zà Antonia,sotto i rami del giovane
pesco, im quella notte afosa, carica di stelle e dei
profumi delle zagare in fiore.Elio le disse,premendola
contro di lui:”Non avere paura Domì tanto lo sai che
poi…ti sposo” e Domitilla s’abbandonò a quell’incanto
sottile e misterioso con tutta l’incoscienza dei suoi
giovani anni (“colpa del benedetto scialle” si disse
poi) e gioia e dolore furono tuttìuno.