Boh…

Il boh è composto di poesie che i bambini ripetono di continuo sottovoce,

il boh è ricco sia di scelte che d’indecisioni, di si, di no ma anche di forse, di paure che si radicano nelle certezze del non sapere.

 

Il boh vuol dire tutto ma anche niente, è una risposta che ti dà una risposta senza senso.

 

Il boh ti fa fumare un sacco di sigarette mentre ti porta ai limiti di un burrone in cui o ti tuffi o torni indietro, accompagnandoti nel caldo di una notte estiva.

 

Il boh si pronuncia ma spesso si usa anche le parole dato che non è in grado d’esprimersi verbalmente, perché le emozioni se le conserva sottovuoto, sotto grassi strati di risate, di bicchieri pieni d’energia, che racchiudono insicurezza e malinconia.

 

Boh ha vent’anni ma anche 33, e nessuno ancora se lo spiega.

 

Boh è sensibile ma anche nervoso, pungente e tranquillo, gli dei dicono che sia un incrocio tra Scorpione e Capricorno.

 

Boh è pauroso ma si lascia cullare nell’oscurità dell’inferno,

sonnecchiando su un’amaca profondamente, tra le fiamme che lo avvolgono in penombra.

 

Boh non sa cosa vuol dire boh perché per quanto sappia scrivere in fondo è un ignorante che non sta capendo nulla, mentre quasi tutti dormono, immersi in sogni che solo a pensarci ti viene da dire Boh.

 

Mentre la Sera lentamente si esaurisce, con tutti che cercano di trattenerla in modo che questa poesia non finisca,

lei si libera,

lasciando spazio al calo della luna, l’inizio del tramonto

mentre Boh chiama Lei che lentamente si sveglia …


La Sera

Questa è una di quelle sere adatte a scrivere poesie,

una di quelle sere intrise zeppe di malinconia,

una di quelle sere d’emozioni elevate in decima.

 

Una sera in cui dal cielo grandinano pensieri tristi,

una sera in cui cucini quattro pietanze e nel momento in cui ti siedi, t’accorgi d’esser solo.

Una sera qualsiasi per tanti e forse anche per te.

 

Una sera in cui vorresti riuscire ad andare oltre il semplice riuscire ad osservare la pioggia dalla tua finestra,

una sera in cui vorresti uscire a petto nudo sotto quei pianti di cielo,

rendendoti conto che riesci solo a guardarli intangibilmente da lontano.

 

Una sera quasi estiva che ti ricorda il ricordo di non ricordare che cosa.

Una sera in cui vorresti sentirti meno solo nella tua solitudine,

una sera in cui scrivendo le parole solo e solitudine il cuore si sente in diritto di provocarti grasse fitte.

 

Una sera dal linguaggio semplice e realistico,

una sera che ti dà il flash immagine della tua vita.

Allora prendi quelle quattro portate preparate e butti via tutto nel cesso. Sentendo che devi cancellare quel flash immagine, sentendo che devi cancellare quella storia.

 

Ma lo storia si scrive da sola…

E una sera riaccadrà ancora, una sera forse non sarai più accompagnato da Solitudine.

E avrai l’impressione che non accadrà più

perché vivrai una sera di compagnia ed allegria armonica.

 

Ma come il passato si scrive da solo, si scrivono anche le poesie.

Ed una sera in cui la neve sarà appoggiata sull’arcobaleno,

aspettando il sole che leggerà riviste di storia e libri di rime, ci sarò anch’io.

 

E rileggendomi mi sentirò di nuovo lì, consapevole che io ci sarò sempre,

scritto in versi di una stupida arte poetica.

E non sarà più una sera, ma “La Sera”, ciclica costante del tempo.


Personalità

Decisi di convocarli tutti. Li chiamai a rapporto e subito dopo arrivarono.

Mi sfilarono tutti davanti, sedendosi uno alla volta. La prima ad entrare fu l’arroganza. Mi faceva effetto, mi piaceva veramente tanto; indossava una camicetta rossa con il colletto alzato sotto un abito gessato nero e bianco. Odiavo il colore rosso, ma quella sera vedendolo vestito da lei, mi sembrava fantastico.

Subito dopo entrò il Tossico che si presentò con dei pantaloni strappati mezzi sporchi di colore verde, abbinati ad una maglia di colore marrone che stonava tantissimo. Notavo che era confuso, con quell’aria spenta che non mi dava fiducia. Accanto a lui si sedette la Pazzia che passandomi davanti era tutta irrequieta, si muoveva continuamente e farfugliava qualcosa sottovoce, parlava da sola. Indossava un completo bianco con una camicia azzurra sotto la giacca con un foulard beige che le donava un’aria molto intellettuale, ma era completamente fuori dai binari.

Appena si sedette, il Drogato le chiese con un tono rauco di passarle del vino. A quel punto la Pazzia senza dire mezza parola, prese il collo della bottiglia di vino nella mano destra e sbattendola sul tavolo ne ruppe metà… fissando per qualche secondo lo sguardo del Tossico, senza nemmeno un sospiro, gliela conficcò nella giugulare.

Le punte di vetro si infilarono perfettamente in tutta la parte destra della gola.

Il Tossico senza riuscire a reagire né pronunciare una sillaba, si accasciava sulla sedia, piegandosi su sé stesso, sanguinante.

Vedendo la scena non dissi nulla, pensai solo che avevo una personalità in meno da gestire, da dover affrontare quella sera.

Dopo tutto ciò subentrò la Dolcezza di Marco che cercò subito di aiutare il ferito, ma non poté far nulla, il Tossico era già morto. Una lacrima scese dal viso della Dolcezza; tante volte aveva parlato con quella personalità, cercando di darle qualche buon consiglio per migliorare il suo percorso.

L’ultima ad entrare nella sala fu la psiche bastarda di Marco, il Bastardo.

Si presentava con dei jeans attillatissimi e una camicia nera con i primi due bottoni sotto il colletto aperti, che facevano intravedere una collana con un ciondolo, in cui era disegnato al suo interno, un re seduto sul trono che teneva uno scettro nella mano destra.

Il Bastardo vedendo il Tossico piegato sulla sedia, con il sangue che continuava a schizzare fuori dal collo, rise; lo odiava profondamente.

Guardando il morto, disse solo: “Ti è andata male sto giro, eh?” E dirigendosi verso la Pazzia le strinse la mano facendole l’occhiolino.

Ora erano rimaste in quattro: Dolcezza, Pazzia, Arroganza e Bastardo.

Il Tossico era morto e in suo onore decisi di tenere tutte quelle personalità al mio interno, annullando la riunione. Il Tossico non esisteva più ed a me andava benissimo così. Avevo una personalità in meno da vestire e controllare, ora ero più leggero, mi sentivo quasi libero e l’Arroganza mi dava un gran coraggio.

Però quella Pazzia mi crea delle tensioni, dato che mi fa perdere il controllo, soprattutto quando esce a braccetto con il Bastardo il Venerdì sera… ma la Dolcezza della normalità del mio carattere mi ha sussurrato di nascosto nell’orecchio che mi aiuterà a gestirle, in un modo o nell’altro. Io, da Marco dico che “sto bene così.”

E in effetti per uno che beve part-time, come Cenerentola che deve tornare a mezzanotte, potrebbe anche procedere… Intanto mi apro una birra, questa sì che è vita.