IL FOLLE

 

Un giorno giunse in valle un folle

quel tale si volle scontrar con le folle

Con le mani sudicie e la pancia piena

appena apparve il giudice a lui diede una pena

Quel folle, quel tale, che si volle scontrare

che pena pesante dovrà scontare.

Ei non sa più su chi contare,

ogni compare adesso scompare

sarà determinato ma non può campare

perchè gli han vietato un dì di cantare

Una marcia arruola chi giudicò il malcapitato

che gridava a squarciagola ed ora va decapitato

è il giudice ad uccidere chi è schiavo e chi da uccidere

dirige come un criminale una tribù nel tribunale

Senza scuse senza grazie il tal dovrà affrontare

una sfilza di disgrazie prima di affondare

Le sue ultime parole io non me le scordo

“La prego non ho prole, ma due chitarre e qualche accordo,

non le lasci sole in silenzio al sole”

Quel folle, quel tale, era pure povero,

sfortuna fu incontare quel pazzo da ricovero

il giudice non ha mai avuto un buon proposito

pensa solamente ai soldi nel deposito

detesta chi contesta

non ci mette molto a tagliar ‘na testa

Quel folle, intanto, esattamente quel tale

che volle soltanto, semplicemente cantare

perse la capa un tragico dì.

diciamogli addio, ringraziando Dio,

che lo porta in salvo lontano da quì.

 


 

LA MATITA

 

E’ l’ agonia del lago, componi le tessere,

cerca di udire il suo richiamo

Ecco che l’ago si anima e tesse,

non ha a dire fa solo un ricamo

Una matita bella appuntita  apprende la tecnica e prende vita

si fa una gita in città in cui incita e cita

è in cinta di un’ idea

si direbbe sia una dea da come crea

Dovrà superare i ricordi dell’ ozio

per recuperare il tempo perso in negozio

ha una gomma per cappuccio

un temperino nell’ astuccio

non osa riposare non si arresta

anzi si appresta a continuare

silenziosa posa fra le righe rosa

s’ insinua sinuosa sinché la prosa è finita

è chiamata la mattata dell’ impavida matita.

Il malocchio non si ferma,

uno scarabocchio forma la sua firma,

conferma un’ informazione gratuita gradita

Questa è la storia,

l’ esistenza provvisora di un’ impavida matita.

 


 

IL GATTO SELVATICO

 

Un gatto selvatico vaga senza meta

nei pressi di Villatico muso diviso a metà

quei repressi fanali gialli già li vedi da lontano

da questi due cipressi a quell’ ontano là

Avanza adagio sentendosi a suo agio

ha il muso randagio diviso a metà

metà color sabbia metà marrone quercia

non c’è preda che non abbia reso la sua bocca lercia

è un felino furbo con l’ astuzia di una volpe

quel che tiene in serbo non si sgama mai

pare sia convinto di non aver colpe

fa tanto il finto tonto ma è un combinaguai

è in pellegrinaggio dal paese all’ alpe

ribelle personaggio per cibarsi caccia talpe

diperso un dì in un viaggio

inciampò in un ingranaggio

vicino a un pò di formaggio avariato

da quel giorno la sua dieta ha variato

quando corse e dopo, fra i sassi,

scorse un topo assassinato

assassinato ma in modo indiretto

indi per cui si prese il diritto

di non farsi un pasto di ratto

Quel dì pioveva a dirotto, i corvi facevan concerto

e lui capì con sconcerto un certo brutto concetto

l’ uomo è corrotto conciato e scorretto

Il gatto perciò non ha retto

e con classe, con tatto, ha rotto con tutto

ha perso il contatto coi suoi padroni

è un senza tetto ma non è senza la sua vera essenza

cervello contorto però non ha torto

ora può giocare con le tortore

non si è fatto intortare

ha un intenso intero disinteresse per le resse

non si mette in tiro ad infastidire il toro

gatto accorto mai a corto di idee

sempre in agguato mai l’ hanno agguantato

però, spesso per un filo

ma alla fine fila liscia finché fila via felino

prima che l’ uomo lasci l’ascia e lanci la lancia

se sente due spari sparisce ai ripari

impara alla svelta

ha un istinto distinto che lo salva a ogni svolta

è un gatto selvatico, non c’è nulla che tema

si rivolta ogni volta al nostro triste sistema.