Poesie
Il segreto del Mare
“Volevo stare un po’ da solo”
Per sfiorare
la musica
del silenzio
Per catturare
la bruma
dei miei pensieri
Per ascoltare
le onde
dei respiri
Per camminare
con passi lenti
su terre
lontane
“ Volevo stare un po’ da solo”
A cercar laggiù
In fondo al Mare
Il segreto
dell’ infinito
Occhi di Periferia
Di strada in strada
Di cortile in cortile
Di siepe in siepe
Rincorri
con gli occhi
un giardino
di ortensie azzurre
Una bambola
di velluto rosa
Poi
un’alba chiara
Ma tra le foglie stanche
di Periferia
Una lama d’ombra
affonda
i tuoi sogni di bambino
Piove
Sui tuoi occhi smarriti
Non aver Paura
Non aver Paura
quando soffiano
le tempeste del nord
Non aver Paura
quando gli alberi
lacrimano
e il gelo
accerchia
i tuoi piedi
Non aver Paura
“di sbagliare un calcio di rigore”
Non aver Paura
di vestirti
di allegria
Non aver Paura
di mettere
il tuo sorriso
dentro
le scarpe
Così
attraverserai
il blu della notte
Ridere
Fu quando il dolore
mi accecò
Fu quando le tempeste del Nord
strapparono
i miei occhi
Fu quando la notte
allungò
la sua onda
Fu quando il ghiaccio
volò
sulla mia fronte
Fu allora
che decisi
di sbagliare
un calcio di rigore
Ed imparai
a ridere
La leva calcistica della classe 68 -Francesco De Gregori
Un attimo
Nell’ora segreta
della notte
Un solo istante…
Sognato
Trafigge le stelle
Sfiora
i tuoi occhi scalzi
E’ il tempo perduto
Per sempre
Negato
C’è tempo- Ivano Fossati
Il cancello di Giulia
Viaggia sempre, ma il suo è un viaggio speciale.
Giulia naviga tra le menti sgretolate, sa leggere dentro.
Dopo anni in ospedale, potrebbe trastullarsi in inutili “vacanze” ma non ne è capace, perché ama il suo lavoro. E’ un amore senza limiti, non conosce ostacoli. Tutti i giorni, compreso il sabato, visita decine di persone, ognuno con il suo nido di dolore. Non prende mai appunti, ricorda.
Lo studio sorge nella parte “alta” della città, ma Giulia lavora per tutti.
Nel suo giardino di magnolie, dietro al cancello di ferro battuto, si arrestano, quasi all’improvviso, le onde aspre e tempestose: diventano onde di lago, trasparenti e immobili.
“Buongiorno, si accomodi”. Una voce dorata e saggia, una stretta di mano solida e affidabile.
Dietro, i suoi inseparabili amici, due cagnolini e una gattina. Hanno un’andatura festosa, accolgono sempre i “pazienti”.
Anche Paolo, in un tardo pomeriggio di tiepida primavera, si accosta al cancello di ferro battuto; ha corso, per il timore di non fare in tempo. Porta una giacca grigia, piccola e stretta, ha grandi occhiali ma non vede.
“Dottoressa, mi scusi, mi hanno parlato tanto di lei, vengo da Ravenna, sto veramente male ma non
posso pagare la visita, se vuole vado via”.
“Abbia solo un po’ di pazienza perché ho tanti appuntamenti”.
La voce pacata di Giulia giunge come una carezza leggera, sull’affanno di Paolo.
Dopo poco, inizia la visita, un’ora come le altre.
Paolo può finalmente acquistare quei medicinali di cui ha tanto bisogno.
Esce dallo studio, cercando la farmacia più vicina.
Adesso cammina lento, si sente avvolto da un girotondo di stelle e di lucciole.
Nella nicchia della sera, riposa la sua pena.