NARCISO ED IO NON SIAMO COLPEVOLI

Con tutto l’odio del mondo
c’è ancora chi colpevolizza Narciso.
Amare sé stessi è il primo passo per amare il prossimo.
Amare non è peccato.
L’amore è il dono più grande.

Se ora mi guardo riflessa
e in me sento la pace
è perché mi sono creata da sola.
“Self made woman”

Penso a tutte le persone che dicono di amarmi
ma cercano di smussarmi gli angoli.
Penso agli amici che non sono più tornati,
a chi mi evita perché ora sono Luna.

Guardo la mia immagine riflessa
la studio e la contemplo.
Mi fermo un attimo eterno con Narciso,
sento la sua pace e la sua sofferenza.

Poi arriva lui, mi sorride e
io non ho più paura di amarmi.


GENITORI? NON SENTITEVI OBBLIGATI

Cari scapestrati, giovani o vecchi ormoni ribolliti.
Voglio partire sincero, tanto per cominciare nessuno vi obbliga a mettermi al mondo, lasciate perdere ciò che insinua la società odierna perché è la stessa che contribuirà a rendere infernale l’esperienza genitoriale.
So che a volte il desiderio di diventare genitori è forte, ma a essere sinceri io non sono come un regalo, e non sono poi così piacevole a lungo andare. Se poi siete di quelli che si affezionano anche agli animali e state visceralmente in pena per loro, figuratevi come sarà con un altro essere umano che per di più non conoscete.
Io costo tanto, molto più di ciò che vi aspettate.
E spesso sono davvero irritante e fastidioso agli occhi di molti.
Io non so spiegarmi bene e anche se un giorno parleremo la stessa lingua, ci saranno discussioni, urla e lacrime che porteranno a molte incomprensioni.
Piangerò dal primo istante, vi farò litigare perché la mia nascita porterà un forte turbamento all’animo di entrambi, vi sentirete deboli, impreparati e disperati.
Mi metterò in mezzo, non sarete più freschi amanti, io avrò bisogno di affetto, attenzioni e cure, voi sarete genitori, il vostro idilliaco amore passerà in secondo piano. Perché ci sarò Io, il bambino, anche dopo il mio ventunesimo compleanno.
Cambierò le vostre vite e sconvolgerò i vostri progetti, i miei bisogni verranno prima dei vostri. Priverò le vostre giornate di tempo e allora capirete quant’era stupido sprecare anche un solo minuto prima che arrivassi io. Arriverete anche voi a provare odio verso di me.
Disobbedirò ai vostri ordini, lo farò per sfidare voi e me stesso, per sentirmi solo un briciolo più libero, più forte. Dirò di non volervi bene, addirittura di odiarvi e che sia vero o meno ci starete di merda questo ve lo assicuro.
Prenderò decisioni assurde ai vostri occhi, vi darò debiti, dolore e disonore.
C’è una cosa che molti fingono di ignorare, se davvero volete che io sia un regalo allora fatevi sorprendere, io non sono ciò che voi desiderate. Io sono una persona.
Il tempo e le energie che impiegate a rimproverarmi e giudicarmi spendetelo piuttosto per comprendere il mio punto di vista e ciò che realmente percepisco del mondo.
Le scienze umane hanno fatto progressi, uno studio superficiale di queste può permettere a ogni genitore di limitare traumi, crisi comportamentali, deliri di potere e disgregazione del nucleo familiare. Non siate cinici, consultate specialisti preparati, chiedete aiuto.
Coi cambiamenti avvenuti negli ultimi due secoli nella nostra società, dove molto è fasullo e tutto è contraddittorio, internet offre una visione globale del mondo in casa tua. E voi continuate a trastullarvi sui social e a fare zapping in tv.
Vi prego uscite dalle vostre sicurezze ogni tanto e riscoprite il fascino del diverso.
Io sono un essere umano come voi, ciò che vivo però lo percepisco in modo diverso, il mio sentire è nuovo e irripetibile. Non imponetemi i vostri ideali, perchè io sarò una Persona Nuova.
Non mollate la mia mano se stringo la vostra. Uno sguardo, un sorriso o un abbraccio spesso sarà sufficiente a risolvere la giornata o una semplice situazione, ma non date per scontata l’intensità.
E poi parlatemi, se vi faccio paura o avete qualche dubbio, se volete sfogarvi non fermatevi all’apparenza, capisco molte più cose di quante immaginate e non rifilatemi quegli sguardi da pesci lessi.
Ve lo dico in anticipo con l’intenzione di persuadervi dal desiderio, essere genitori è estenuante, esistono molti altri passatempi meno stressanti.
Io sono per sempre.
Come un diamante?
No, io corro.
E poi io sinceramente non ho intenzione di vivere coi miei e i vostri sensi di colpa. Quindi sistematevi, costruite voi stessi e maturate la coppia.
Fate la semplice prova Pianta-Animale-…. prima di arrivare a bambino.
E se alla fine di un percorso di crescita personale e prove quotidiane di stress, sarete davvero sicuri di potervi prendere cura di me, allora date libero sfogo al vostro desiderio e mettetemi al mondo.
Come ultima cosa vi chiedo solo di non rompermi troppo le palle.
E spero di essere stato chiaro.
Con affetto,
il vostro futuro incubo ad occhi aperti.


CAMBIO PAURA

Come al solito scendo le eterne scale nere a chiocciola, non posso risalire. Ci ho provato altre volte, se salgo un forte vento autunnale con tanto di foglie secche mi spinge arrogantemente verso il basso. Io odio l’autunno e in più questa aria mi fa perdere l’equilibrio, qui non esistono corrimani, devo tenermi vicina al muro sulla mia destra,altrimenti cado.
Quei muri rossi. Oggi anche più rossi. Mi destabilizzano.
Più scendo più mi infastidiscono, mi costringono a spostarmi verso l’interno. Cammino esattamente al centro della scalinata, come costretta da due forze opposte, con passo sbilenco arrivo in fondo. Sono esausta, il mantenimento alto e costante della concentrazione mi sfinisce, sento il mio stesso cervello ribollire, la vista mi si appanna.
Mi rendo conto che l’incubo è appena cominciato.
Alla mia sinistra un vortice buio e denso, il solito e per osservarlo devo camminare letteralmente spalle al muro su di un margine stretto quanto il mio piede, le punte nel vuoto per intenderci. Sono scalza e anche se non le vedo sento le dita dei piedi che si muovono isteriche. Devo spostarmi.
A destra un altrettanto stretto corridoio con le solite tre porte nere su quel muro troppo rosso.
Ci provo, come ogni sera, a volte cambio l’ordine, ma il risultato è sempre lo stesso.
Provo con la prima, chiusa. Seconda, chiusa. Terza, cosa mi aspettavo? Non capisco neanche perché ci riprovo ogni sera, è da sciocchi. Sono immobili, per quanto possa metterci tutta la mia rabbia quelle non accennano nemmeno un sussulto.
Ritorno sui miei passi indietreggiando e ruotando i piedi di 90 gradi, mi ritrovo di nuovo punte all’aria, ora però le dita sono ferme. È ora di guardar giù.
Non voglio cadere, non so mai cosa può succedere ma la sensazione non è mai buona.
Ora volteggia una lampada da tavolo, è accesa, nonostante il cavo piroetti nel nulla, poi sprofonda, così di getto, il fascio di luce scompare in un istante. Al suo posto appare un Gufo poggiato placidamente su di un ramo, mi guarda coi suoi splendidi e rassicuranti occhi celesti e mi fa cenno di “No” con la testa. Poi si lancia in un volo in picchiata verso il denso più buio.
Questo è strano, non avevo mai visto quel Gufo ma sento di dovermi fidare di lui. Questa è una paura nuova, questo è un cambiamento, ma perché il cambiamento dovrebbe farmi paura?
Ogni notte qui è sempre la stessa storia e io tremo, sudo, piango, ho paura. Perché so che non andrà a finire bene. Cosa dovrebbe cambiare oggi?
Perché devo affrontare un’altra paura?
La voce di Alice sarebbe stata rassicurante, familiare, quel solito richiamo che mi spinge a buttarmi alla cieca dentro la buia speranza di un’Utopia , ma oggi Alice non c’è, perché?
Con quel Gufo ha in comune solo il colore dell’abito che mi riporta ai suoi occhi. Sento la distinzione tra vene e arterie dentro il mio corpo, percepisco la circolazione del sangue, ma se guardo fuori da me stessa ho paura.
Che succede? Le porte. Si muovono, quasi tremassero, stanno per scardinarsi.
Devo raggiungerle.
Il denso cerca di risucchiarmi come un buco nero, appare improvvisamente una corda. È robusta, mi ci aggrappo e di colpo le porte esplodono, per poco mi sfiorano, sono nel bel mezzo di un raduno di vortici e correnti d’aria. Ora sento i nervi pulsare. Continuo ad arrampicarmi orizzontalmente sulla corda cercando di raggiungere le porte, è una lotta fisica che mi è possibile solo grazie all’adrenalina che la situazione sta generando, ne sono cosciente e non mollo.
Quando raggiungo con fatica la prima porta le unghie si sono già tutte staccate, vedo la mia immagine riflessa in uno specchio. Sono brutta, trasandata, grigia in volto e guardandomi piango; il tempo di un battito di ciglia e la porta si chiude con un tonfo secco.
Non mi do il tempo di pensare a ciò che ho visto, le mie mani non reggono più, unghie e polpastrelli sono ormai brandelli di pelle, gomiti e ginocchia mi spingono verso la seconda porta, e sento che potrei morire all’istante.
L’aria d’improvviso si calma, tanto che sono in piedi e riesco a entrare senza difficoltà.
È una stanza enorme grigio chiaro, con la luce che penetra dalle inferriate si vede un riflesso quasi roseo, pallido. Non è un colore rassicurante e l’odore è fetido.
Con gli occhi faccio una panoramica della stanza da sinistra a destra. E proprio lì mi ritrovo accovacciata nell’angolo con la testa fasciata e un pigiama bianco sporco di sangue e materia grigia, attorno a me cadaveri senza cervello. Me li stavo mangiando tutti io, come una bulimica, di nascosto nel pieno della notte.
Sto per vomitare quando vengo tirata dal colletto della maglietta fuori dalla stanza, è il Gufo a portarmi al sicuro e a spingermi verso la terza porta.
Non ho ne le forze ne la voglia di attraversare anche questa, le prime due mi hanno gettato a terra come l’ultimo dei parassiti. Non c’è mai stato niente di buono in questo posto, io sono la solita mangia cervelli di sempre.
Infilo la mano dentro la tasca sotto la spalla su cui poggia quieto il Gufo, non mi da retta, guarda fisso avanti a sé, sento un oggetto, un cubo come quello di Rubik. Al posto dei tasselli delle lettere, in pochi secondi riesco a riconoscere una sequenza di lettere e numeri: “3 passi per la libertà”.
Tengo il cubo stretto in pugno, sento la sua energia, ritrovo improvvisamente la forza.
Il Gufo poggiato sulla spalla mi fa cenno di guardare.
Alzo lo sguardo depresso da terra e mi accorgo che è riapparsa la porta, ma ora è chiara, c’è una targhetta appesa “Dottor FuFolle Pietro”.
Entro senza esitare, il cubo stretto nel pugno nascosto in tasca.
C’è Alice, c’è Pietro e assieme al Gufo mi accompagnano verso quella che sembra un’uscita.
Mi sento come rinata, ma ricordo tutto e ora ne sono cosciente.
Sto uscendo dalla clinica psichiatrica TELI CUROIO, sono guarita, perché ora capisco il mondo ed ho gli strumenti necessari per dichiarargli vendetta.
Cammino a testa alta, i miei compagni di viaggio questa volta sono giusti, non ho più paura, ma voglia di giustizia.
Varcata la soglia faccio i tre passi di rincorsa e con tutta la rabbia che ho in corpo lanciò il cubo della libertà, aspetto l’esplosione a occhi chiusi, me la godo.
Quando li riapro davanti a me c’è l’inferno e io gli vado incontro compiaciuta.
Al prossimo incubo sfascia cervelli.