Quelli perbene

Quest’indifferenza tatuata sulla pelle
che nascondete sotto vestiti costosi
e inique donazioni,
che seppellite seduti su ampie poltrone
leggendo la pagina sportiva.
Saltando in un sol botto
tutta la cronaca che ferisce,
quella degli indifesi,
oggetto del vostro interesse
solo per sfoggiare gli abiti di falsa generosità.
Nel frattempo tutt’intorno al tavolo per decidere
chi giocherà in nazionale.


Via vai

Una donna si sistema un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. In realtà vorrebbe asciugarsi la base delle ciglia. Intanto una serranda si alza e svela vecchie offerte da non perdere.
Poco più in là un uomo s’impunta e con un balzo torna indietro, deve aver dimenticato qualcosa. Qualcosa di meno importante del lavoro che non ha più.
Dal passeggino il bambino piange e la mamma da sopra lo consola dicendogli che va tutto bene anche se sa che non è affatto così.
La strada li sta osservando. Vorrebbe accarezzarli tutti e dire loro che qui sono al sicuro.
Poi ricorda che è solo un vicolo cieco.


Reciprocità

Celeste infilò i calzini di spugna, un poco ruvidi ma stretti al punto giusto. Si guardò i piedi come se la sopravvivenza del giorno dipendesse esclusivamente dal loro benessere. Mise le scarpe da jogging e chiuse il portone dietro di sé.
Per Lili era un giorno come un altro. Un altro di una lunga serie. Dopo la laurea aveva immaginato di trovare stimoli e intraprendenza ad ogni angolo di strada. Ben presto però si era ridotta a elemosinare ovunque brandelli di felicità che puntualmente non si concretizzavano. Comunque aveva capito che doveva cercarli dentro di sé e non in quel lavoro che la società gli stava negando con tanta tenacia.
Davanti allo specchio si passò l’eyeliner con una punta di rassegnazione. D’altra parte non doveva lasciarsi cogliere alla sprovvista. Non si sa mai da quale parte soffierà il vento, si ripeteva.
Uscì di casa non immaginando che quel giorno avrebbe soffiato proprio dalla sua parte.
Aveva già fatto alcune centinaia di metri con la sua bici quando Celeste intravide qualcuno sul marciapiede opposto. Qualcuno che conosceva bene. Rallentò fino a fermarsi. Quando lo chiamò, Celeste distinse chiaramente la voce di Marco. Come dimenticarla. Avevano trascorso quattro anni insieme in un monolocale ai tempi della facoltà. I primi esperimenti insieme e lo stesso pensiero che anche un chimico può capire come gli uomini si combinino attraverso l’amore.
Eppure, per quanto contento fosse stato di rivedere l’amico, non attraversò la strada. Fece cenno che doveva proseguire ricambiando il saluto con un gran sorriso e la promessa che presto avrebbero condiviso un paio di birre. Riprese a pedalare, superò il passaggio ferroviario fino ad imboccare una strada sterrata senza fondo. Ma non senza fascino. La stradina si snodava fra ricca vegetazione e scorci sulle colline circostanti. In primavera com’era, ogni spicchio di paesaggio costituiva un quadro d’autore. Da quando aveva perso il lavoro era solito venire più spesso a confortare lo spirito e a meditare sul domani.
Quando poteva andarci Lili non si faceva scappare l’occasione. Soprattutto per non restare a pensare fra le quattro mura domestiche. La opprimevano fino a farle pensare che non fosse abbastanza importante per lei da non poterlo affrontare.
Una parigina e un cappuccino d’orzo. Colazione ideale al bar della stazione. La faceva sentire un’eterna viaggiatrice, diretta verso mete sempre nuove, eccitanti. Fatta colazione però, usciva e tornava a cercare il suo biglietto per una destinazione incerta.
S’incamminò, certa che le avrebbe giovato resettare il sistema limbico. Ancora non immaginava quanto si sarebbe ringraziata di essersi controllata allo specchio prima di uscire. Arrivò ad una curva e appena la oltrepassò scorse la sua bici. Vicino, in piedi, c’era lui. Il sole di fronte ne delineava i contorni. Indecisa se avvicinarsi si appoggiò con una mano ad un giovane alberello. Nel silenzio della quasi campagna il fruscio delle foglie richiamò l’attenzione di Celeste. Paralizzata dall’effetto di quel gesto, Lili non riuscì neanche a nascondersi. Lasciò andare tutto come avrebbe sempre voluto che andasse la sua vita. Con naturalezza, senza preordinazioni, buone solo a complicare le cose. Seguì Celeste con lo sguardo avvicinarsi a lei. Il suo passo era lento ma deciso.
Ci siamo, pensò. Un altro fallimento. Questo almeno avevo cercato di rimandarlo ma ormai è la fine di un’illusione. Ora so cosa si prova a perdere un mondiale ai rigori.
Quell’associazione per lei così strampalata la colse di stupore. Ma mai come ritrovarsi Celeste a due passi da lei.
«Ciao Lili.»
«Ciao Celeste.»
Silenzio.
«Che ci fai da queste parti?»
«Oh, niente di particolare…», abbozzò Lili. Resetta, resetta… pensò.
Poi le fu chiaro. Era quello il suo biglietto, doveva solo prenderlo e vedere dove la portava. Sicuramente lontano da lì, nel bene o nel male.
«E tu che ci fai?»
«Sto pensando.»
Celeste rispose immediato, sembrava stesse già aspettando la domanda. Per contro Lili non seppe cosa replicare. Avrebbe voluto dire: a cosa?
Celeste lesse quel pensiero.
«Sto pensando a te.»
Lili abbassò gli occhi accumulando stupore e imbarazzo fra le guance.
Celeste le prese le mani e l’accompagnò oltre la strada senza fondo. Oltre le sue illusioni. Al di là di quella esistenza che aveva solo osato immaginare.