Fatalità

Voltati,
lo specchio non riflette niente.
Nessuna forma,
nessuna materia,
tutto è morto consumato.
L’eco di un’anima persa
Nella gravante consapevolezza che non esiste.
Un Quasimodo che scalcia,
come un feto indigesto,
lotta contro la fatalità.
Il grido vitale della morte
di chi ama a tal punto la vita da non poterla vivere.
Un poeta senza pagine e pieno di parole,
una lingua priva di simboli e suoni,
un fiore senza terreno in cui sbocciare.
Malinconia
emozione delirio
voracemente contorce l’anima.
Il grido soffocato o oblioso si perde
nel destino di chi,
da principio,
è eternamente dannato.
E resta l’eco di un’anima fugace,
come l’addio che Orfeo a stento riuscì ad afferrare.


L’Esclusa

Il torchio soffoca il tuo spirito
e tu,
nel tuo tugurio,
osservi il focolare.
Creare, inventare, vivere,
è proibito.
L’aridità del tempo,
la greve e bianca nebbia,
avvolge il mondo.
Rifiuti il concreto più insignificante,
la natura ti fa Esclusa.
Donna e soprannatura,
ti astrai dal rapporto carnale,
ma il tuo spirito è attaccato alla terra.
Come sui fiori nei boschi,
ti chini per annusare gli amori.
Gli eletti aspettano, mentono, pregano,
ma la morte, la morte, la morte
è nei loro volti.
E nella decadenza,
l’Esclusa,
maestra della consolazione,
raccoglie e preserva l’umanità.


29 giugno

Polifonia di luci e tenebre,
senza tregua mi travolgi.
Il tuo sguardo mi spaventa,
la tua sicurezza mi disarma,
sono nuda.
Mi spoglio,
addosso solo il timore,
assenza di costrizioni.
Morte mani
se non possono afferrare
quella tua purezza,
ascesa della libertà.
Salvezza,
che non conosce stasi e riflussi.
Ombra insopportabile,
non posso liberarmi di te:
donati a me, anima bella.
Sarò madre delle tue sofferenze,
culla delle tue malinconie,
in me fioriranno le tue nostalgie.
Diventeremo marionette
e dal nostro teatrino
guarderemo il cielo cadere.