Poesie
Sobrie riflessioni
È severo esame interiore
Ritrovare il lume del logos.
Affascina esso l’ingegno,
dentro sé desiderio di ricerca,
via unica della conoscenza
di tensione spirituale costante.
Nutrir così la mente
di meditazione e saggezza.
Ritrarsi al mondo
È spirito del sapiente!
Partorir conoscenza
Agire contemplando l’eterno
Come pellegrino errante
Sospinto, animato amante
intra segreta contemplazione
del contingente, austero fato,
del probo alto bene o del futile potere.
Incomunicabili speranze
intensamente attese
Sul dilemma dell’esistenza,
concepita come intimo impegno.
Conquista consapevole
di un’idea che rifugge
L’eco di profonde e ceche evidenze.
Pandora o Eva!
In ere profane accusata fosti
Di avere l’otre dischiuso
e ogni mal del suo ventre diffuso.
Per secoli umiliazioni brutali subisti
e ruoli marginali tollerasti.
Oggetto di un sogno virile
nel talamo del piacere maschile,
dovesti con dolore i suoi figli partorire.
Negati ti furon simposi festivi
e di accedere ai luoghi paterni
finché nubile ancella indugiasti.
Sol da donna etère!
libertà potesti godere.
Non miglior fu la tua condizione,
nel tempo delle sacre illusioni!
Homo virtuoso inducesti
a ingoiar il pomo erudito
e peccato originale creasti.
Una guerra costante è la tua!
Contro il tempo ed un forte tiranno
a difender diritti negati
ed antiche pretese maschili!
Con sua grande eloquenza oratoria
Nell’angusto focolar ti ripose.
Olympe difese il tuo dramma,
immemore delle virtù del suo sesso
la testa perdette nel cesto.
Attraversasti ere e molte chimere!
Il talamo e lo spazio domestico violasti
a luoghi d’opposizioni origine desti
rifiutandoti di essere oltre sì! angel custode,
precettrice, puerpera di prole.
Dimentica dell’angosciante passato,
speranzosa al mondo chiedesti
in quanto giusta pretesa!
emancipazione e solidale considerazione
da consuete, prepotenti, incontenibili discriminazioni.
Emarginato
Come posso restare inerme
Come posso udire le urla
Disperate, disumane e immense
Come posso scrutare gli sguardi di occhi intensi.
Ho il cuore dal dolore lacerato
Ho l’anima nella nebbia smarrita
Ho le membra intorpidite.
Non posso più sopportare un tale affanno
Non posso più restare indifferente
Non posso più guardare l’orrore della gente.
Le fauci vorrei spalancare
e fiumi di parole riversare
e gli aridi cuori riscaldare.
Abbattermi come un’onda ripiegata sul mare
E le mente da atroci pensieri mondare.