Il canto di una civetta

All’eco del suono di una civetta,

il piacere non temeva il silenzio

ma lo cercava in un angolo di mare,

all’occhio del gigante.

All’eco del canto di una civetta,

un perenne fruscio mediterraneo

come un richiamo

in quel suo fantastico mondo.

La sera placa le voci e allevia i rumori

ma il mare lo sentì ancora più forte

a coprire con il suo strepito sussurro l’usuale silenzio.

<< Popoli dei mari… voi che avete sfidato le sue acque

e baciato tra i primi la mia terra,

voi che avete urlato la salvezza da una rabbia incontrollata,

voi, che al diradarsi della fitta nebbia avete urlato,

“rotta orsa minore…”

Per orientare il rostro in quell’astro

e rivedere la Sicilia

terra da amare.

All’eco del suono della Civetta

il mare non apparve cattivo all’occhio del gigante.

Popoli dei mari,

voi che avete sognato nel mio eden,

e creato le sue leggende,

mare di giugno

sono solo ad ascoltare il tuo perpetuo

eterno urlo.


 

Fratello lontano

Occhi da soli a chieder pietà,

braccia alzate al cielo,

mai nessuno li toccherà.

Hai camminato sulla tua terra

mangiando cibo come una belva,

e hai urlato guardando il cielo con disprezzo,

fratello lontano.

Noi, inventori dei giochi più belli

dei voli audaci, dei limiti valicati,

Tacciamo e pensiamo che la vita in terra finirà

e un’altra vita ci apparirà,

doniamo amore a chi ci chiede pietà.

Hai guardato verso est dove il sole apparirà,

dove un tempo, in quel tempo di speranze,

eri la terra della felicità

e dell’ingegnosità.

E l’uomo guardando il cielo e contemplando le stelle

scrisse i suoi versi illustri e belli.

Confido in te signora luna,

tu che della notte fai il tuo giorno

e del giorno il tuo riposo,

illumina quelle terre

dove da tempo domina la povertà.

Mentre un bimbo nasce

nella lussuria di una grande città,

un altro figlio muore

e mai nessuno lo conoscerà.


 

Anime prigioniere

Mentre tutti tacciono addormentando il proprio corpo,

Anime vaganti tra i ruderi di un’antica città

Danzano libere.

Poi un suono idilliaco tra i colori dell’alba e le anime libere ritornano prigioniere del proprio corpo,

dimenticandosi al risveglio

la divina missione.

La notte si presentò così

Puntuale ma piangente,

silenziosa e costante,

misteriosa…

come non lo è stata mai.

È la notte per chi dorme in due,

o chi come me ha tempo per pensare.

Addormenterei il mio corpo,

lo lascerei qui riposare

ignaro di tutto,

ed ora libero senza il mio peso

varcherei i confini della vita.

Volerei da te essere perfetto,

e ti richiederei il perdono,

pio cercherei il mio seguito

e lo scopo per qui vivo.

E il mattino si presentò così puntuale

che non feci in tempo a pensare…

e fu notte, io nel mio io

cercavo le risposte.

Ma il segreto

rischia di restare nascosto nella vita,

custodito bene dentro il muro dell’infinito,

si procrea, si nutre…

senza essere consapevole di ciò che è.

Gli passerà tutto davanti,

e non si accorgerà nemmeno del suo presente..

Attimo malinconico!

A volte penso.