MIO FIGLIO HA LE GAMBE DI UN PESCE

 

PRESENTAZIONE

La cosa più importante nella vita è vedere con gli occhi di un bambino”
Einstein 


QUESTO PICCOLO RACCONTO NASCE COME PONTE DI PACE TRA DUE MONDI APPARENTEMENTE CONTRASTANTI: LA REALTA’ E LA FANTASIA”.

 

In questa nuova Era siamo chiamati ad aprire il nostro cuore dandoci l’opportunità di raccogliere le forze anche in momenti di grande dolore e credere che l’amore può fare miracoli.

Siamo altresì chiamati a valorizzare seriamente parole come: diversità, diversamente abile, handicap in prospettiva di un dialogo costruttivo e rigenerante.

Questa è la tenera storia di una mamma che in seguito ad un incidente del figlio Giulio di 6 anni nel quale egli perde l’uso delle gambe per sempre, si sente inadatta, colpevole ed in dovere di considerare Giulio un bambino ormai “diverso”.

Passerà anni di profonda sofferenza che condividerà solo con il suo diario anni in cui il figlio, come tutti i bambini, sentendosi un “diverso” si comporta da tale per soddisfare le aspettative della madre che a sua volta teme di non soddisfare quelle del figlio se, solo per un attimo, dovesse concedersi una vita “normale”.

Ma è anche la storia di un bambino di 10 anni che impara da un pesciolino rosso a sentirsi uguale a tutti gli altri bambini dando finalmente un senso alle parole “diversamente abile”, “ handicap” e “diversità”.

Ed infine è anche la storia di tutti noi che riusciamo, attraverso il racconto di un pesciolino rosso di nome Floppy, a capire che siamo tutti uguali e che se apriamo il cuore alle possibilità che ci offre la vita, vedremo di quanti miracoli siamo stati passivi protagonisti e di quanti potremmo esserne gli artefici.

Cari genitori, è a voi che mi rivolgo, vi prego accettate i vostri figli per quello che sono perché quello che sono è già la perfezione.

Se solo riuscissimo a disegnare tutto il dolore, la delusione e la chiusura dei nostri figli quando li priviamo di un nostro sorriso, di un nostro << bravo>> quando sta cercando di affermare la sua divinità, allora vedremmo il grigiore del disegno.

Allo stesso modo un <<no>> deciso quando nostro figlio ce lo chiede indirettamente perché ha bisogno di una guida amorevole e ferma sul suo cammino di crescita, può garantire equilibrio, un confronto ed un incontro responsabile con le regole alle quali la vita ci chiama costantemente nel rispetto nostro e degli altri.

Vi assicuro che come insegnante percepisco ogni giorno il bisogno che hanno i vostri figli di rispecchiarsi in voi, di dialogare con se stessi in modo sereno senza la frustrazione di dover essere diversi da quello che sono.

È molto triste questo, aiutateli ad essere felici!

 

Capitolo 1

 

Sui figli

di Kahlil Gibran

E una donna che reggeva un bambino al seno disse:
Parlaci dei Figli.
E lui disse:
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di sé stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi, e benché vivano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro amore ma non i vostri pensieri: essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime: esse abitano la casa del domani, che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro, ma non farli simili a voi: la vita procede e non s’attarda sul passato.
Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti.
L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito, e vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dell’Arciere;
poiché come ama il volo della freccia così ama la fermezza dell’arco.


UN FIOCCO DI NEVE, UNA MACCHINA,LA MANINA DI MIO FIGLIO ANCORA VERSO IL CIELO.

È SUCCESSO TUTTO COSì VELOCEMENTE.

 

Bari, 11 NOVEMBRE 2002

Caro diario, oggi è una giornata fredda.

Ho deciso di fare una lunga passeggiata sotto la neve, d’altra parte non capita così spesso che nevichi.

Per la prima volta Giulio indosserà il cappello di lana regalatogli l’anno scorso dalla nonna;non vedo l’ora di scattargli una foto, una di quelle foto buffe da mandare agli amici via e-mail.

Decisione presa!

A dopo.

 

Bari, 11 NOVEMBRE 2004

Bari, 12 NOVEMBRE 2004

BARI, 13 NOVEMBRE 2004

BARI , 18 NOVEMBRE 2004

 

SONO PASSATI DUE ANNI DALL’ULTIMA VOLTA CHE TI HO SCRITTO.

NON MI DEVO GIUSTIFICARE VISTO CHE NON ESISTI, ANZI GUARDA ADDIO.

 

BARI, 19 NOVEMBRE 2004

 

SCUSA. SE NON PARLO CON TE IMPAZZISCO.

MI SEI MANCATO.

STA NEVICANDO, CHE STRANO HO QUASI CALDO.

POI… SONO ANDATA A FARE QUELLA LUNGA PASSEGGIATA, GIULIO ERA BELLISSIMO CON QUEL CAPPELLINO ROSSO, OGNI TANTO GLI ANDAVA SUGLI OCCHI, MIA MADRE è CONVINTA CHE QUANDO SI FA UN REGALO DA FAR INDOSSARE AD UN BAMBINO DEVE ESSERE SEMPRE Più GRANDE DI DUE TAGLIE, VORREI FARTI VEDERE LA FOTO MA L’HO PERSA, Sì, L’HO PERSA.

NO.

BARI, 20 NOVEMBRE 2004

 

SEI OFFESO?

QUEL GIORNO ERA TUTTO PERFETTO; GLI ALBERI PIENI DI NEVE, LE STRADE BRULICAVANO DI GENTE INCURIOSITA E DIVERTITA, LE SCUOLE ERANO CHIUSE, COME è SOLITO A BARI QUANDO IL TEMPO FA BRUTTI SCHERZI E LA CITTà NON SA COME PROVVEDERE AI DISAGI METEREOLOGICI, I RAGAZZI SI DIVERTIVANO A FARE “SGOMMATE” IN BICI E I BAMBINI, PROPRIO COME GIULIO, FACEVANO PALLE DI NEVE PIEGANDOSI SULLE PICCOLE GINOCCHIETTE COME SE LA NEVE FOSSE UN LETTO CALDO ED ACCOGLIENTE.

IO, RIDEVO TUTTE LE VOLTE CHE IL CAPPELLINO CADEVA SUGLI OCCHI DI GIULIO E PENSAVO A MIA MADRE ED ALLE SUE TEORIE: “…DUE TAGLIE IN PIU’!”  

 

MA, D’UN TRATTO, LA MIA RISATA DIVENNE UN PIANTO DISPERATO QUANDO MI ACCORSI CHE UNA DELLE TANTE VOLTE IN CUI IL CAPPELLINO VENIVA Giù, GIULIO STAVA CORRENDO VERSO UN FIOCCO DI NEVE PER FARMI VEDERE COME RIUSCIVA AD AFFERRARLO CON LA BOCCA.

IL FIOCCO DI NEVE CADDE LENTO E LEGGERO COME UNA PIUMA SULLA NEVE IO,COME IPNOTIZZATA, SEGUì LA SUA CADUTA MENTRE UN UOMO TERRORIZZATO MI GUARDAVA E GUARDAVA MIO FIGLIO CON IL CAPPELLINO SUGLI OCCHI.

L’UOMO CHIAMò L’AMBULANZA, IO LO FISSAVO E CHIEDEVO, CONDANNAVO, GRIDAVO, PIANGEVO, BESTEMMIAVO ED ODIAVO LUI, ME STESSA E MIA MADRE.

QUELLA MALEDETTA MACCHINA…perché QUEL FIOCCO CADEVA COSì LENTO? QUALCHE SECONDO PRIMA…IL CAPPELLINO Più GRANDE DI DUE TAGLIE…E QUELLA MALEDETTISSIMA FOTO MENTRE GIULIO CORRE A BOCCA APERTA…ERA IL SUO COMPLEANNO.

 

BARI, 11 NOVEMBRE 2007

 

CARO DIARIO, OGGI è IL COMPLEANNO DI GIULIO.

COMPIE DIECI ANNI.

GLI HO PREPARATO UNA TORTA CON I PERSONAGGI CHE LUI PREFERISCE, I GORMITI.

NON HO ANCORA PENSATO AL REGALO, SAI è IN UN’ETA’ STRANA; è GRANDE MA è ANCORA PICCOLO, TUTTE LE VOLTE CHE MI VEDE PIANGERE SI ARRABBIA E SI CHIUDE IN CAMERA MA LO SO CHE VORREBBE GIOCARE A CALCIO COME TUTTI I RAGAZZINI DELLA SUA ETA’, SO CHE SI SENTE DIVERSO ED IO NON SONO SUFFICIENTEMENTE FORTE PER FAR FINTA DI NIENTE.

È DA TEMPO CHE NON USCIAMO A FARCI UNA PASSEGGIATA, è DALL’11 NOVEMBRE 2007.

HO PAURA. TEMO DI NON ESSERE UNA BRAVA MADRE SE PER UN ATTIMO DIMENTICO.

MIA MADRE REGALA SOLO OGGETTI, LEI DICE CHE è GRANDE PER SCEGLIERE DA Sé L’ABBIGLIAMENTO CHE DESIDERA, DICE CHE I RAGAZZINI DI OGGI SEGUONO LA MODA ED HANNO Già LE IDEE CHIARE. LEI HA PAURA, COME ME.

A DOMANI.

 

Capitolo 2

Trova il tempo

Antica ballata irlandese

Trova il tempo di riflettere,
è la fonte della forza.
Trova il tempo di giocare,
è il segreto della giovinezza.
Trova il tempo di leggere,
è la base del sapere.
Trova il tempo di essere gentile,
è la strada della felicità.
Trova il tempo di sognare,
è il sentiero che porta alle stelle.
Trova il tempo di amare,
è la vera gioia di vivere.
Trova il tempo d’esser contento,
è la musica dell’anima.

“GIULIO CHE NE PENSI SE FACCIAMO UN GIRO PER NEGOZI?”

“Sì, SE MI COMPRI UN GIOCO PER LA PLAY STATION E SE … ”

“Bè…Sì…VA BENE”.

-D’ALTRA PARTE è IL SUO COMPLEANNO, NELLE CONDIZIONI IN CUI è GLIELO DEVO…-

-ASPETTA…TI AIUTO…INFILA L’ALTRA GAMBA…Sì COSì…ANCORA UN MOMENTINO…-

-UFFA. POSSIBILE CHE SEI SEMPRE TRA I PIEDI?!-

-GIULIO, NON TI PERMETTO DI TRATTARMI COSì…!-

-COSì COME MAMMA…COME TU TRATTI ME? UN OGGETTO INGOMBRANTE CHE DEVI SPOLVERARE, SPOSTARE, SOLLEVARE E LAVARE?-

-VA BENE, VA BENE. CALMATI ORA E ANDIAMO -

 

-QUANDO MI TRATTA COSì, MI SENTO IMPOTENTE E VORREI SOLO ESSERE PER LUI SUA MADRE CHE SI PREOCCUPA-

-QUANDO MI TRATTA COSì, MI SENTO DIVERSO E VORREI SOLO ESSERE PER LEI SUO FIGLIO DI 10 ANNI-.

 

C’è STATO UN GRANDE SILENZIO TRA DI NOI PER CIRCA META’ MATTINATA FINCHE’ NON SIAMO PASSATI VICINO AD UN NEGOZIO DI ANIMALI “PICCOLI TESORI PER GRANDI AMICI”.

GIULIO MI INDICA IL NEGOZIO E CON ENTUSIASMO SPINGE PIU’ FORTE LA SEDIA A ROTELLE.

QUANDO ENTRIAMO QUALCUNO CI GUARDA IMPIETOSITO, SO CHE GIULIO OSSERVA SPESSO I VISI DELLA GENTE CHE INCONTRIAMO QUASI PER CARPIRNE I PENSIERI E UN PO’ STIZZITO SI SOLLEVA GLI OCCHIELETTI DA INTELLETTUALE.

QUEL GIORNO è STATO DIVERSO DAL SOLITO;LE SUE MANINE ERANO INCOLLATE SUL VETRO DI UN ACQUARIO PIENO DI PESCI ROSSI DI VARIE MISURE, ALCUNI ERANO PIU’ GRASSOTTELLI E QUINDI AUTOMATICAMENTE Più SIMPATICI E MI è VENUTO DA SORRIDERE AL PENSIERO CHE CI SFORZIAMO DI ESSERE MAGRI PER ESSERE PIU’ BELLI MENTRE NEL PICCOLO MONDO DI UN ACQUARIO AVVENIVA IL CONTRARIO.

ERANO ANNI CHE NON VEDEVO QUELL’ENTUSIASMO IN MIO FIGLIO, ANNI CHE NON SORRIDEVO, ANNI CHE NON SENTIVO I NOSTRI CUORI COSI’ VICINI.

-SIGNORA QUANTO COSTA UN PESCIOLINO?-

“1.50 EURO L’UNO”

-COSì POCO?-

-Sì SIGNORA, SONO DEI SEMPLICI PESCIOLINI ROSSI, COME QUELLI CHE SI VEDONO NEI RISTORANTI CINESI-

-CHE NE PENSI MAMMA, POSSIAMO COMPRARNE UNO?-

CAPII SUBITO CHE PER GIULIO SAREBBE DIVENTATO MOLTO Più CHE UN SEMPLICE PESCIOLINO ROSSO E COSI’ LO SCEGLIEMMO.

COME PER MIRACOLO ERAVAMO SULLA STESSA LINEA D’ONDA: PRENDERCI CURA DI UN PESCIOLINO ROSSO DESTINATO, A DETTA DELLA NEGOZIANTE, A MORIRE DOPO POCHI GIORNI.

LA NOSTRA MISSIONE DIVENNE PROLUNGARE LA VITA DEL NOSTRO NUOVO AMICO RENDENDO I SUOI GIORNI, POCHI GIORNI, I MIGLIORI CHE POTESSE IMMAGINARE E COSI’ CI PROCURAMMO UNA VASCHETTA RETTANGOLARE, DUE ALGHETTE E UN PICCOLO BARATTOLINO DI CIBO VITAMINIZZATO PER NUTRIRE MEGLIO IL COLORE ARANCIO DELLE PICCOLE SCAGLIETTE DI …FLOPPY.

 

CARO DIARIO,

NESSUNO AVREBBE MAI IMMAGINATO CHE L’AMICIZIA TRA FLOPPY E GIULIO SAREBBE DURATA TANTI ANNI…SARA’ STATO MERITO DEL CIBO VITAMINIZZATO?

QUELLO CHE POSSO DIRTI E’ CHE L’AMORE FA MIRACOLI ANCHE NEL PICCOLO MONDO DI UN ACQUARIO DI UN SEMPLICE PESCIOLINO ROSSO DI NOME FLOPPY.

GIULIO CONTINUA AD ESSERE SU UNA SEDIA A ROTELLE MA LA SUA TESTA HA LE GAMBE DI UN PESCE,A VOLTE CORRE COSI’ VELOCE CHE DIMENTICO IL SUO HANDICAP, TUTTORA NON SO ESATTAMENTE COSA SIA SUCCESSO SO SOLO CHE SE ESISTESSE UNA LAUREA IN PSICOLOGIA PER PESCIOLINI ROSSI LA DAREI A FLOPPY, ED ORA, CARO DIARIO, RIPORTO DI SEGUITO LA MERAVIGLIOSA STORIA DEL PESCIOLINO FLOPPY CHE MIO FIGLIO HA SCRITTO SUL QUADERNO DI ITALIANO.

I BAMBINI HANNO UNA FANTASIA MOLTO SVILUPPATA E SE LA FANTASIA DI UN BAMBINO CAMBIASSE IL MONDO? SE FOSSE PIU’ VERA QUESTA STORIA CHE TANTE RACCONTATE IN TELEVISIONE PER CONVINCERCI CHE IL MONDO NON VA CAMBIATO? SE GLI ANGELI ESISTESSERO ANCHE SOTTO UN ABITO DI SCAGLIETTE COLOR  ARANCIO?

 

Capitolo 3

I Bambini imparano ciò che vivono…. 

( di Doretj Law Nolte)

 

Se il bambino vive nella critica,
impara a condannare.
Se vive nell’ostilità,
impara ad aggredire.
Se vive nell’ironia,
impara la timidezza.
Se vive nella vergogna,
impara a sentirsi colpevole.
Se ve nella tolleranza,
impara ad essere paziente.
Se vive nell’ incoraggiamento,
impara la fiducia.
Se vive nella lealtà,
impara la giustizia.
Se vive nella disponibilità,
impara ad avere fede.
Se vive nell’approvazione,
impara ad accettarsi.
Se vive nell’accettazione e nell’amicizia
impara a trovare l’amore nel mondo.

TEMA DI ITALIANO


CONSEGNA: PARLA DEL TUO MIGLIORE AMICO


FLOPPY: PESCE PAGLIACCIO BALBUZIENTE

CAPITOLO 4


Una mattina mi svegliai e sbirciai attraverso le tende d’alga che ricoprivano la conchiglia sulla quale dormivo e mi misi ad osservare i miei compagni tutti pronti per andare a scuola.

Era il primo giorno di scuola e tutti si scambiavano colpi di pinna e sbuffavano bollicine qua e là, il nostro amico polipo era veramente dispettoso, pensa che aveva sporcato il grembiulino pulito di Genny, la pesciolina più bella della scuola, la chiamavano “pesce angelo”, ed IO, bè io ero innamorato di lei dalla nascita ma non glielo avevo mai detto perché sono di una specie diversa, sono un “pesce pagliaccio”.

Sai Giulio, quando qualcuno si porta dietro un soprannome è difficile sbarazzarsene e quindi siccome il mio soprannome era  “pagliaccio” temevo che se avessi detto a Genny che ero innamorato di lei non mi avrebbe preso sul serio o peggio mi avrebbe deriso e poi, che rimanga tra noi, sono balbuziente dalla nascita, <<è un grave handicap!>>, così hanno detto i dottori alla mamma.

Un bel giorno, all’uscita dalla scuola, aspettai Genny perché finalmente volevo dirle che l’amavo ma mentre stavo muovendo le piccole pinne verso di lei, spunta fuori da un’alga verdognola un pesce ciccione molto ciccione che con un colpo di coda deciso e veloce si presentò davanti a Genny e disse:

- Buongiorno Angelo. Ti sono venuto a prendere  per accompagnarti a casa, sai, potresti fare brutti incontri (nel frattempo mi guardò e abbozzò un ghigno) ed io, pupa, non voglio che qualcuno dia fastidio ad un bocconcino delizioso come te…a proposito, io sono Palla, pesce palla, lieto di servirLa-. Si piegò in un inchino, le fece un baciamano e con un colpo di coda deciso e veloce mi spinse via.

Dopo ciò che era successo, mi sentì un fallito ed anche un po’…DIVERSO e cominciai a borbottare : – sono uno stupido, mi sono lasciato sfuggire un angelo e poi come può una pesciolina così…così…così…formosa, bella, affascinante e intelligente come Genny ad accorgersi di un pagliaccio come me?

Palla tutto sommato è anche un po’ in sovrappeso, io come tutti i pagliacci sono colorato,  un po’rosso, un pò arancione, un po’ bianco, un po’ nero  ma…BALBUZIENNNTTTEEE!-

Allora, capì che dovevo cambiare, dovevo conquistare il mio angelo e per fare questo innanzi tutto dovevo superare la mia paura più grande.

Tutti abbiamo paura di qualcosa ed a volte questo qualcosa è come uno squalo cattivo nella nostra testa ma , come mi ha detto il nonno, lo squalo non è poi così cattivo, sì…ovviamente quando non ha fame!.

Sai, sono nato in una famiglia di pagliacci da generazione in generazione, il mio bis nonno era un famoso pagliaccio di Rimini, pensa che ora è imbalsamato nell’acquario di Genova, mio nonno seguì la carriera del padre e così via fino ad arrivare a me.

Il fatto è che io non so far ridere e nello stesso tempo non mi prendono mai sul serio e quindi, come si dice tra noi abitanti marini, non sono né carne né pesce, o meglio, io so che sono un pesce ma gli altri pensano che siccome appartengo ad una famiglia di pagliacci anch’io devo sempre far ridere tutti…ma mmmma mmmama io… Voglio fare il falegname come il mio amico pesce sega !!!!.

Lo so, è  la prima volta che si sente un pesce pagliaccio che vuol diventare un pesce sega…bè c’è sempre una prima volta!

Da dove pensi che abbia cominciato?

Come prima cosa ho pensato di scappare..scappare…scap par R eeeeeee!!!!!!

Ricordo di aver pensato:- Se lo dico a mio padre, lui mi prende a polipate, se lo dico alla mamma, forse non dirà nulla, forse piangerà, forse aiuterà mio padre con le polipate….oh Poseidone, cosa farò?-

- Papà, mamma. Ho capito cosa voglio fare nella mia vita…voglio fare..voglio fare…vvvogllio vvoffare il falegname!!!!- Si….questo è quello che avrei detto se ne avessi avuto il coraggio.

Ebbene, presi una decisione.

-Ora so cosa devo fare- pensai.

-Raccoglierò i coralli più grandi del mare e farò una bella scultura, segherò un po’ a destra un po’ a sinistra un po’ su ed un po’ giù e così i miei genitori si convinceranno che posso essere un bravo pesce sega!-

CAPITOLO 5


In quei giorni, secondo il calendario marino era l’11 novembre 2003,c’era una famosa fiera dell’artigianato.

-Questo è proprio quello che ci voleva!!! Una bella fiera dell’artigianato e a fine giornata premieranno il falegname più bravo, dimostrerò a tutti che anche un pesce pagliaccio può diventare un pesce sega  e così conquisterò la mia Genny-.

Intanto erano iniziate le OLIM-PLEIADI: due squadre di pesci martello giocavano a cricket, 2 squadre di squali facevano la gara a chi beveva più schiuma di mare, i polipi concorrevano per chi riusciva a gettare l’inchiostro il più lontano possibile, le stelle marine giocavano ad “1-2-3 stella!”, e su un ampio spazio di sabbia 2 squadre di pesci palla  scommettevano al MANTACALCIO.

In un’ampia pista, i cavallucci marini facevano la gara di velocità cavalcati dalle mante e tutti scommettevano 10 – 20 – 30.000 plancton o plancti, i Mari Uniti non hanno ancora deciso se usare il singolare o plurale per la moneta, ma questa è un’altra storia, che avrebbe vinto Furia  e sotto un capannone d’alghe e stelle marine ecco la gara più seguita di tutti i mari, la GARA dei PAGLIACCI.

I miei genitori attendevano con ansia la mia performance, ero l’ultimo dei discendenti pagliacci, l’orgoglio della famiglia e delle generazioni future, tutti invocavano il mio nome:- FLOPPY FLOPPY FLOPPY !-

Io ero nascosto dietro uno scoglio, mi feci avanti, deglutì ed uscirono due bollone dalla bocca a cuoricino, detti un colpo di coda e mi misi al centro del capannone.

Mi guardai intorno, incontrai gli occhioni dei miei genitori, rimasi muto e poi sussurrai: -pensate tutti che sono un pagliaccio vero? Ed invece no. Io sono…io sono…io sono…io sono un pesce sega !-.

Così avrei voluto dire tra i mille occhi impietositi per il grave handicap, tra di loro vidi anche i tanti dottori e psicologi che scrutavano il mio stato d’animo, così avrei voluto dire ai miei genitori ed invece dissi con aria  rassegnata: -buonasera a tutti, sono floppy pesce pagliaccio da generazioni e questa sera vi farò ridere -.

Ci fu un silenzio tombale, le stelle si fermarono sull’ “ Un due…”, un pesce martello per distrazione dette una martellata al cavalluccio in corsa, il cavalluccio schiacciò un polipo che spruzzò d’inchiostro la medusa, la medusa  per rabbia punse un pesce palla, il pesce si gonfiò e salì a galla e venne pescato da un sommozzatore e lo squalo per salvare pesce palla si mangiò il sommozzatore e sputò fuori il pesce….una vera tragedia.

Come pagliaccio certo non ero stato molto simpatico, avrebbero dovuto ridere ed invece….SCOPPIARONO TUTTI A PIANGERE…in quel momento  non temevo più nulla, ormai il peggio era stato fatto, cosa poteva accadere ancora?

Ed allora, mi rimboccai le squame, stiracchiai la spina e con un colpo di coda deciso e veloce andai verso i miei genitori e dissi:

-mamma, papà, IO SO COSA VOGLIO ESSERE, VOGLIO ESSERE UN FA….UN FA…UN FA… VOGLIO ESSERE UN FALEGNAME!!!!!-.

Scoppiarono tutti a ridere e mio padre disse:-ora sì che ti riconosco, bella battuta , sei degno erede di tuo nonno grande pagliaccio di tutti i mari. Bene figliolo facci ridere ancora!!!!-.

Mi  gonfiai di rabbia, guardai mio padre poi mia madre, la guardai fisso negli occhi, lei sapeva, una madre sa sempre cosa ha nel cuore un figlio ma a volte è così difficile ascoltare.

-A NESSUNO IMPORTA  DI IO !!!! -

C’era qualcosa che strideva in questa frase, ero bravino a scuola ma sentivo che la parola IO era più giusta della parola ME, avevo la netta sensazione che ME fosse UN ALTRO, IO, ero proprio e sicuramente IO.

Il rimbombo dei singhiozzi si diffuse in una grande eco per tutta la grotta dove mi fermai, le stelle marine ricoprivano il soffitto e illuminavano le lacrime sul mio viso, un pesce palla in controluce rifletteva la sua luce bianca sulle pareti e le ostriche abbandonarono nell’acqua migliaia di perle, tra i coralli sbucarono due occhioni curiosi: era lei, ANGELO.

Mi  asciugai immediatamente le lacrime -un vero pesce non può piangere davanti ad una femmina - diceva mio nonno, Genny si avvicinò a disse: -Floppy secondo me sei un bravo falegname, vuoi fare una scultura per me?-.

Non credevo alle mie branchie., QUALCUNO CREDEVA NELLE MIE CAPACITA’.

Così, la guardavo e con la coda lavoravo un po’ di qui, poi velocemente di lì poi ancora su e giù un po’ di lato ancora un po’ a destra  a sinistra e ualà….UN BELLISSIMO PESCE ANGELO IN CORALLO ROSSO.

-Ce l’ho fatta !!!! Sì sono un pepe’ pepe’pesce sega, sono un vero pesce sega ed allora perché non sono felice?-

-Semplice Floppy, perché nessun essere marino al mondo può essere veramente completo se non condivide la felicità con chi lo ama –

-Non sono sicuro che i miei genitori mi amino per quello che sono-.

-Hanno solo paura e sono preoccupati per te-.

 

CAPITOLO 6


Pensai a lungo alle parole di Angelo ed a tutte le volte che pur amando i miei genitori non avevo capito le loro scelte, avevo paura dei cambiamenti, di non essere all’altezza ma mai per un solo istante ho smesso di amarli.

Allora con un COLPO DI CODA DECISO E VELOCE tornai a casa, c’era qualcuno che mi aspettava.

Sbirciai dalla finestra e vidi la mamma roteare come un pesce ballerino al ritmo delle cozze spagnole e delle cornameduse, la mamma si accorse di me e smise di ballare, arrossì un po’ e poi ci guardammo a lungo, la guardai fisso negli occhi, lei sapeva, una madre sa sempre cosa ha nel cuore un figlio ma a volte è così difficile RICORDARE…ci abbracciammo a lungo e due giorni dopo mio padre mi regalò una brillante, lucida, affilatissima sega che era appartenuta al più grande pesce sega di tutti i tempi messa all’asta alla fiera dell’artigianato.

Non parlammo mai più del grave handicap d’altra parte, a cosa serviva parlare tutto di filato se non dovevo raccontare barzellette?

Ora che sai la mia storia, vorrei raccontarti qualcosa .della mia vita, forse scoprirai che non siamo così diversi.

CAPITOLO 7

 

LA MIA BIOGRAFIA

Sono nato nell’ Oceano indiano orientale nel 1940.

Mio padre e mia madre, due professionisti pagliacci, hanno vissuto la II guerra mondiale ed hanno cercato di proteggere noi figli dall’inquinamento marino.

Ricordo per l’appunto un avvenimento in particolare.

I miei fratelli erano in gita dalle parti del Giappone in un altro oceano, non so quale fosse perché sono ancora in I elementare e non l’ho studiato, quando ad un certo punto hanno sentito un suono profondo, loro stavano giocando tra i coralli e non si accorsero di quello che stava accadendo, l’oceano divenne nero come l’inchiostro di un polipo ed infatti pensavano che quell’oscurità derivasse da una piovra gigante ed invece…in meno di 2 pinnate morirono avvelenati da una sostanza che l’uomo chiama URANIO e quel rumore fu causato dalla caduta di due esseri strani che l’uomo chiama… BBOM..BOMBE.

 

UN Po’ DI STORIA”

I veleni e le particelle nucleari liberati da queste esplosioni in parte si sono dispersi nell’aria e in parte sono finiti nel suolo, nelle falde acquifere e nei fiumi. Lo stesso dicasi per i veleni derivanti dal bombardamento di molte fabbriche civili dalle quali sono uscite milioni di litri di micidiali sostanze chimiche – oli industriali, sostanze a base di zolfo, acido solforico, ammoniaca, insetticidi. A questi vanno aggiunti i fumi derivanti dal bombardamento e dalla distruzione di 4 grandi raffinerie e di circa 380 pozzi petroliferi. Cosa abbia significato tutto ciò, si può dedurre dalla testimonianza di Barbara Nimri Aziz della Pacifica-Wbai di New York «Un contadino (di un villaggio nei pressi di Baghdad) lamentava un drastico calo dei matrimoni perchè “i giovani hanno paura che nascano dei bambini deformi”. Con l’aiuto del locale maestro abbiamo fatto una piccola ricerca. Su 160 famiglie venti avevano avuto bambini deformi, molti dei quali sono morti poco dopo la nascita. Niente altro che alcuni di quel milione di «danni collaterali» della guerra chirurgica. Il resoconto dei giornalisti giunti sul luogo del disastro prima dell’arrivo degli americani scrivono che tutti i feriti erano destinati a morire, che le radiazioni facevano morire più di 100 persone ogni giorno. Il giornalista W. Burchett, nel suo rapporto ai sovietici, scrive: “Gente non toccata dal cataclisma sta morendo ancora, misteriosamente, orribilmente… Hiroshima fa pensare ad una città sulla quale sia passato un enorme rullo compressore che l’abbia stritolata, annientata per sempre… Negli ospedali ho scoperto persone che, pur non avendo ricevuto alcuna ferita al momento dell’esplosione, stavano tuttavia morendo per i suoi misteriosi effetti”. La stampa americana replicò più volte sottolineando che non c’era radioattività ad Hiroshima e dicendo che la propaganda del Giappone era volta soltanto a danneggiare gli Stati Uniti davanti all’opinione pubblica.

 

ALCUNI MORIRONO A DISTANZA DI GIORNI tranne il più piccolo, NEMO, che non vedo più da molto tempo ma so che è diventato un grande attore e vive nell’Oceano Atlantico, si è salvato per miracolo ma le radiazioni gli hanno causato una deformazione ad una delle pinne, so che ha avuto problemi con il mondo degli uomini ma mio padre ha fatto un lungo viaggio e l’ha salvato. Per quanto mi riguarda, da allora sono diventato balbuziente. Sono passati 60 anni e i miei genitori ricordano ancora il 6 agosto 1945 come il giorno più brutto della loro vita.

Il 6 agosto 2005 il presidente dell’oceano Pacifico ha organizzato una commemorazione per il sessantesimo anniversario dell’attacco nucleare, mio padre mi ha spiegato che serve per “ trasformare l’odio in speranza, attraverso un dialogo aperto su quanto è accaduto”.

Io non ho capito quello che ha detto, non so cosa significhi “ODIO”, chiederò alla maestra e qualunque cosa sia non mi dà di buono, non credo si possa mangiare…invece la speranza so cos’è perché il nonno diceva sempre che finché c’è vita c’è speranza  ed allora ho capito che la VITA è la COSA più BELLA CHE CI SIA .

 

Questo è il mio migliore amico.

Giulio

 

Ringraziamenti


Ringrazio prima di tutto i miei genitori che mi hanno aiutato ad essere quello che sono.

Ringrazio mia madre in particolare perché è stata un esempio di generosità ed accoglienza.

Ringrazio le mie nonne perché sono state esempio l’una, di fantasia, l’altra di caparbietà e tutt’ora sento la loro presenza costante nella mia vita.

Ringrazio Paolo, mio futuro marito perché è una persona pulita, amorevole e sensibile alle sofferenze altrui.

Ringrazio Dio per tutte le prove che continua a chiedermi di superare perché è così che si diventa migliori.

Ringrazio i miei alunni perché mi regalano ogni giorno il loro amore incondizionato.

Ringrazio infine Romeo e Perla, i miei due pesciolini che mi hanno saputo trasmettere l’idea di scrivere questo racconto.

Grazie a tutti coloro che mi accompagnano lungo la strada della vita e che all’occasione giusta mi hanno offerto un’ala in più quando una delle mie era ferita.

Infine, grazie a tutti voi di vero cuore.

Adattato da “The king’s Business megazine”, pubblicato dall’Istituto Biblico di Los Angeles.

Non viziarmi. So benissimo che non dovrei avere tutto quello che chiedo. Voglio solo metterti alla prova.

Non aver paura di essere severo con me. Lo preferisco. Questo mi permette di capire in che cosa sono valido.

Non usare la forza con me. Questo mi insegna che la potenza è tutto ciò che conta. Sarò più disponibile ad essere guidato.

Non essere incoerente. Questo mi sconcerta e mi costringe a fare ogni sforzo per farla franca tutte le volte che posso.

Non fare promesse; potresti non essere in grado di mantenerle. Questo farebbe diminuire la mia fiducia in te.

Non cedere alle mie provocazioni quando dico e faccio cose solo per imbarazzarti, perché cercherei allora di avere altre vittorie simili.

Non essere troppo turbato quando dico: “Ti odio”. Non intendo dire questo, lo faccio perché tu sia triste per quello che mi hai fatto.

Non farmi sentire più piccolo di quanto non sia: rimedierei comportandomi da più grande di quanto non sia.

Non fare per me le cose che posso fare da solo. Questo mi fa sentire come un bambino e potrei continuare a tenerti al mio servizio.

Non fare che le mie “cattive abitudini” mi guadagnino molta parte della tua attenzione. Ciò mi incoraggia a continuare con esse.

Non correggermi davanti alla gente. Presterò molta più attenzione se parlerai tranquillamente con me a quattr’occhi.

Non cercare di discutere sul mio comportamento nella foga di un litigio. Ovviamente il mio udito non è molto buono in quel momento e la mia collaborazione è anche peggiore. È giusto comportarsi come si deve, ma bisogna parlarne con calma.

Non cercare di farmi prediche. Saresti sorpreso di vedere come so bene che cosa è giusto e che cosa è sbagliato.

Non farmi sentire che i miei errori sono colpe. Devo imparare a fare errori senza avere la sensazione di non essere onesto.

Non brontolare continuamente. Se lo fai dovrò difendermi facendo finta di essere sordo.

Non pretendere spiegazioni per il mio comportamento scorretto. Davvero non so perché l’ho fatto.

Non mettere troppo a dura prova la mia sincerità. Vengo facilmente intimorito, tanto da dire bugie.

Non dimenticare che mi piace molto fare esperimenti. Imparo da questi, per cui ti prego di sopportarli.

Non proteggermi dalle conseguenze. Ho bisogno di imparare dall’esperienza.

Non badare troppo alle mie piccole indisposizioni: potrei imparare a godere cattiva salute se questo mi attira la tua attenzione.

Non zittirmi quando faccio domande oneste. Se lo fai, scoprirai che smetto di chiedere e io cercherò le mie informazioni altrove.

Non rispondere alle domande “sciocche” o senza senso. Desidero solo tenerti occupato di me.

Non pensare assolutamente di apparire ridicolo se ti scusi con me. Una scusa reale mi fa sentire sorprendentemente affettuoso verso di te.

Non sostenere mai di essere perfetto o infallibile. Questo mi offre il pretesto per non seguirti.

Non preoccuparti per il tempo che passiamo insieme. È “come” lo passiamo, che conta.

Non permettere che i miei timori suscitino la mia ansia, perché allora diventerei più pauroso. Indicami il coraggio.

Non dimenticare che non posso crescere bene senza molta comprensione ed incoraggiamento, ma non ho bisogno di dirtelo, vero?

TRATTAMI ALLO STESSO MODO CON CUI TRATTI I TUOI AMICI: COSI’ ANCH’IO SARO’ TUO AMICO.

RICORDATI IO IMPARO PIU’ DA UN ESEMPIO CHE DA UN RIMPROVERO.