Racconti da mancanza di sole

Si svegliò di soprassalto, in preda al terrore. Si drizzò di scatto nel mezzo del letto, come se qualcuno avesse tirato con forza un’immaginaria corda attaccata al collare di metallo, postogli al collo dal suo schiavista. Così si sentiva, come un ex schiavo ormai liberato, che sente ancora l’oppressione del vecchio padrone. Sensazione che non lo lascia riposare, come se non ne avesse il diritto. Schiavo di un sonno mostruoso, che gli rimbombava con frastuono sulle pareti del cervello, obbligandolo a riporre la massima fiducia in una penna a sfera nera, che avrebbe messo fine a quell’occupazione illegale di proprietà privata. Per chi nasce in catene, la condizione di libertà sembra non dovergli appartenere per diritto di nascita. Dovette scrivere abbastanza parole, prima che la mano si fermasse tremante e ricadesse esanime sul copriletto grigio. Rilesse, sembrava una poesia, più che altro un’orazione funebre. Non gli piacque, non era abituato a dare un colore ai suoi pensieri. Era un grande pensatore. La gran parte del tempo la impiegava a far congetture, a rinsaldare tesi complottistiche sussurrate da scomode testate giornalistiche, ad opinionare la realtà. Ma mai, aveva avuto l’ardire di materializzare tutta quella documentazione, che gli impiastricciava quel distinto signore grigio, quello che sedeva proprio dentro il suo cranio. Aveva paura che frasi e concetti così altisonanti nell’intimità di una piega celebrale, perdessero vigore, principio e sensatezza, nel passaggio al mondo cartaceo tangibile. Reso noto alla luce di una lampada, era alla mercé di chiunque fosse alfabetizzato, scevro da ogni protezione soggettiva, in balia del tremendo oggettivismo che l’umanità può fare di un pensiero.