Affamata
Scruto la vettovaglia che decora la battaglia,
disdoro il suo ammaliare che mi porta ad abdicare al tonante banchettare.
Rifuggo dalla realtà, mi ritrovo qua! Dinnanzi ad uno specchio, vivo nel suo riflesso.
Ma quando la notte si avvicina, il sogno con l’acquolina mi chiama nella sua cucina:
Pasticcini, mandarini, misture e moscardini, salumi, albumi, moscato e infine l’eroico cioccolato.
Ogni corpo deve essere mangiato! Il masticato? Solo abbozzato!
Il boccone abburattato da quell’animo un po’ stregato viene abbandonato; rimane AFFAMATO!
Ed ecco il risveglio abbuiato,
l’incubo del cuore viene trafugato!
L’animo circospetto guarda sotto al letto:”era solo uno scherzetto, maledetto!”
La realtà rimpatria nella sua metà, e sicura di quello che rivedrà di sola fame si vestirà.
Parigi
Dalla sommità di Notre Dame,
sui preziosi rosoni della città,
mostri minacciosi ammirano la sovranità.
Dall’immaginario gotico
sbocciano forme melodiose
che s’incontrano parsimoniose:
son dame romanticamente sontuose.
Dalle guglie delle cattedrali,
arricciati nei capelli naturali,
germogliano boccoli corali,
tra le mani mazzetti di fiori immortali.
Stoffa di velluto spesso
intarsiato con oro riflesso.
Lo strascico è sorretto
da damigelle con naso perfetto.
Nastrini abbottonati
uniti da laccetti confezionati.
Dalle vetrate le biancherie sono desiderate.
Nei vestiti stretti,
le pelli rammentano i difetti.
Lo squarcio così narrato,
non più segretato,
su quella terra abitata,
poco accivettata,
vagheggia sulla Parigi anticata.
Risciò
Trentenne single,
cerco il ritmo del jingle.
Vivo sola,
con una povera bestiola:
il mio gatto!
Anch’esso anfratto.
Mi vede triste
senza conquiste.
Mi cibo solo di riviste.
La sera sogno il manto
di un guanto bianco
che mi porti via dal branco,
e stia al mio fianco
ormai stanco.
Ma quel saltimbanco
sembra sul Montebianco.
Così, sola me ne sto
chissà quanto aspetterò.
Forse partirò
a cavallo di un risciò.