OCCHI NERI D’AFRICA 

 

Quegli occhi profondi che trapassano il cuore.
Quei capelli forti ma delicati nello stesso momento.
Quel viso di infinita dolcezza.
Quel sorriso di impressionante tristezza.
Quella pelle color terra, terra d’Africa.

O bambino mio, quanta dolcezza

e quanta tristezza noto

nei tuoi occhi e nei tuoi sorrisi.

O bambino mio
quanto è bello il tuo sguardo.

Uno sguardo che non ce l’ha con il mondo,

che non odia questo assurdo mondo

che l’ha posto in un cimitero di vivi.

Il tuo sorriso che si spegne in pochi anni

resterà impresso nei cuori

che lo hanno percepito

 

e che hanno capito che era il sorriso

di un bambino che conosce il suo destino

ma che tramite un piccolo sorriso

perdona questo insensato mondo.

 


 

“Jane era lì, ferma, non trovava le forze per reaggire questa volta.

Il cuore gli era andato di nuovo in mille pezzi: aveva scommesso tutto su questo amore, aveva puntato l’ultima parte buona di sé, era convinta che fosse la persona giusta, dopo tante delusioni. Invece, come due anni prima, si ritrovava a soffrire, nuovamente con l’anima distrutta.

Lo guardò andare via, sapendo che fosse la cosa più giusta lasciarlo andare, ma voleva tanto corrergli dietro per l’ennesima volta, abbracciarlo e non farlo andare via.

Voleva, come già successo, dirle che era follemente innamorata di lui, che lo avrebbe voluto con sé ad ogni costo.

Questa volta però rimase lì, tremante, con il cuore buio come la notte, freddo come il ghiaccio.

Lui questa volta aveva distrutto l’ultima parte buona rimasta di lei, l’unica piccola speranza di rimanere mentalmente sana, di essere serena.

La delusione fu troppo forte e lei crollò, come quando un forte terremoto butta giù colossi edifici centenari.

Ecco lei si sentiva così, come uno di quei grandi palazzi che pensi non possano mai crollare e che poi cadono a pezzi come pezzetti di carta stracciati, come le foglie staccate dal vento, come i frutti rovinati dagli alberi…

Jane non c’era più o almeno non quella che tutti avevano conosciuto fino a quel momento.”

 


 

«Mary, mary. Sbrigrati, siamo in ritardo!» urlava Charlie sulla porta d’ingresso.

«Eccomi, sono quasi pronta» risposte Mary dal bagno. Si stava passando il rossetto rosso corallo sulle labbra.

Per un attimo rimase immobile di fronte allo specchio, intravedeva le prime rughe vicino agli occhi e fissando la sua immagine riflessa iniziò a pensare a Charlie che le aveva appena gridato di sbrigarsi che era in ritardo. In un attimo, si incupí il suo sguardo. «mi devo sbrigare, è vero. È tardi».

Mary aveva 33 anni e, intorno a lei, tutte le sue amiche si erano sposate e avevano figli:

«è tardi!» continuava a ripetersi. Pensò che il suo orologio biologico correva e rischiava di non riuscire ad avere figli.

Quel pensiero fino a poco tempo prima non l’aveva neanche sfiorata, ma ora tutto iniziava a farsi chiaro.

Voleva un figlio, era ora, non poteva attendere oltre.

«Mary, che diavolo stai facendo? Siamo in ritardo!», la voce di Chiarlie interruppe la sua riflessione e rispose solo: «Si, è vero. Siamo in ritardo!».

Prese la giacca e si avviò verso la porta con lo sguardo assente.