Consapevolezza

Io
Unico
Me stesso
Nell’esistenza
Con la vicinanza
Del mio vuoto vigile
In una girandola di oblio
Dentro un cilindro d’energia
Dove la mia vita esiste realmente
Avverto la mia viva infinita coscienza


Vuoto mentale

Sono il quieto buco nero.
Tutto assorbo, niente respingo,
in me la dinamica si annulla:
un altro modo di vedere.

È misterioso e infinito
quel che c’è dall’altra parte
del budello senza fondo
senza leggi conosciute.

Fa paura solo il pensare:
il vuoto puro della mente
custodisce sommi poteri
in luminose vibrazioni.

Nell’immobile assoluto
assaporando il meditare
capto flussi d’energia
dei sistemi tutt’intorno.


Volano i versi sull’onde

Il vento del pensiero:
Non muove nuvole
Non provoca pioggia
Non scatena uragani
Genera esoterici sogni di gabbiani.
Il vento del pensiero:
Non nasce e non muore
Non spinge montagna al profeta
Non genera mondi reali
Offre immagini di aquile impure.

Il bene e il male,
Il bianco e il nero
Son solo concetti:
Al buio siam tutti uguali.

Il giorno divide i colori divini:
Con la luce dovrebbe tenerci uniti
Sul grande ponte dell’arcobaleno.

La dicotomia è soltanto
Un conveniente concetto
Di tutti i regnanti mortali
Che dividono ogni oggetto
Per poter da soli imperare.

La natura ci offre vera poesia
Dentro la sua generosa armonia
Il resto è soltanto pura follia
In possesso del presunto amore
Per regnare nel buio mentale.

Nei meandri di incisi versetti
La poesia riscalda ogni cuore
Alla luce di volatili fantasie.


Il limite

La vita è un continuo scivolare
su lame opposte
oltre il taglio d’una linea
impermanente.
Solo la mente stabile le tiene
in equilibrio
come la luna le due facce
dicotomiche.

Saltando sulla corda di un’idea
ho varcato confini sconosciuti:
sottile limite tra opposti pensieri,
una curva di cresta evanescente.

Camminai sul filo del rasoio,
mi sorreggeva la terza dimensione,
córsi, diméntico pure di me stesso,
verso nuovi orizzonti già lontani.

Ove rasentai l’onnipotenza
andai sicuro a passi da giganti.
Senza temere la falcidia feroce
pago di vivere correvo… avanti.


Quando suona la sirena al mio paese

Tornai! Portai dopo tant’anni
la mia anima piangente alle radici.
Suona ancora la sirena al mio paese
alle sette del mattino e alle cinque della sera.
Tornai straniero anche a casa mia
salendo calmo i gradini della chiesa
e le discesi per l’ultimo passeggio
dopo aver rivisto la Madonna mia.

La piazza è uguale e anche il campanile,
manca la società dei vecchi dove bambino
ascoltavo di sera i “cunti” di artù e di merlino,
manca la ferrovia dove ora esiste la rotonda.
Io “ e Maccari” ci volevo invecchiare,
adesso i miei nipoti sono già stranieri.
La mia casa tirata su col marco sudato
svenduta or con l’euro al posto della lira.

Vedo le dune avanzare nel deserto
da noi “transeuntes” creato e dal cielo distratto.
Anche le sementi ormai da tempo
sono depositate come merce in banca.
Tornai, dove il tempo tutto ha lacerato
e dove tutto è iniziato, dalle case coloniche
del borgo Baccarato ai vigneti estirpati
e mandorle e nocciole per vostra incuria o siccità.

Anche il cielo ha mescolato le stagioni,
o piove a fiumi nel tempo sbagliato
oppure gocciola come rubinetto “spanato”,
qui dove il suolo antico fu la “conca d’oro”.
Né terra né cielo si sono mostrati
magnanimi al mio cuore stanco,
espatriato per sfamare da lontano
i miei vecchi rimasti ad aspettare invano.

Voi tristi vegliardi e giovani scolari, rimasti
tirando a campare, nel procedere lento
salendo gradini di promesse e speranze
inalate profonda almeno l’aria rimasta pulita.
Solo deboli braccia per sollevar la ricchezza
della terra sommessa al dio danaro.
Tornai! Freddo e nudo così come partii,
invecchiato or scambio con voi un altro saluto.


Elettricista illuminato

(A Maria, affetta da S.M.)

Sono un elettricista, collego cavi elettrici
per spingere in circolo i flussi di corrente.
Seguendo Kirchhoff sui nodi e sulle maglie
cablo reti di luce e di forza motrice.

Mi illudo immaginare come in un sogno,
d’infilare le mie mani nella carne viva
della mia amata dalle gambe indebolite
da una grave anomalia irrispettosa dei comandi.

Voglio ripararle come tanti fili elettrici
i nervi logorati dai roditor mielinici
così da riattivare gli impulsi di corrente
per farla poi alzare come lazzaro evangelico.

In tal cortocircuito rifletto e non mi arrendo,
allora faccio un ponte… e vado oltre il fosso.

La mia anima scaldata
evapora lo spirito
spingendo la turbina:
mi alimenta il corpo
d’intenso flusso energico
irradiandolo attraverso i miei pensieri
per incanalarli verso la sua mente.

Così alimentata come stoppino da petrolio
la sua lanterna interiore vitale animata
illumina intenso il suo spirito ribelle
liberandolo come farfalla scintillante.

Nel corpo impastoiato
dal suo conflitto elettrico,
lei spinge la sua anima
verso il varco della luce
senza illusori veli grigi.