Sogni e Risvegli

Devo ammetterlo a me stessa, lui mi ha preso, mi ha colpito, mi ha fatto provare un brivido così forte da non desiderare altro che incontrarlo. Le sue parole sono state seducenti, decise e sfacciate. Lo sentito braccarmi con la mente e ho solo voglia di arrendermi a quello sconosciuto. L’avrei già dovuto vedere ieri ma le gambe non hanno retto la volontà e quindi non ci siamo incontrati. Lui dice che per questo devo essere punita e mi vien da ridere. Alla fine cosa mai potrebbe farmi? Non sono ancora sua, o forse si ma lui non lo so ancora. Non so niente di lui, non so neanche se il suo vero nome è quello che ha dichiarato a me. So solo che “devo” arrendermi, ma non così velocemente.

Mi chiama, finalmente sento la sua voce, è estremamente irritante. Lui è un cavaliere, per certi versi, ma spavaldo e convinto di avere il mondo ai suoi piedi. Ci diamo appuntamento. Mi chiama, mi richiama e poi mi chiede di vederci con mezz’ora di anticipo. Cerco di “trattare” ma lui mi spiazza: <<Se non c’è la fai per quell’ora non mi troverai più!>>

Devo farcela. Faccio le corse. Sono quasi al posto stabilito. Risuona il telefono, non rispondo, mancano pochi secondi e ci sono; devo rispondere da lì se no sparisce. Perché poi me ne dovrebbe fregare? Non lo so ma certamente rispondo quando arrivo. Il telefono smette di suonare e ricomincia subito dopo. Adesso ci sono e mi guardo intorno. Lo cerco con gli occhi, è alto, dovrei vederlo ma non lo vedo; rispondo. Lui mi dice: << ecco la tua punizione…inizia con l’aspettarmi. Non so quando arriverò ma arriverò>>.

Riaggancio e scoppio a ridere; figlio di buona donna mi ha fregato. Che faccia tosta! Contemporaneamente una strana scossa mi attraversa il corpo. Mi fermo, prendo un caffè, passeggio, aspetto, mi scoccio, mi viene voglia di andarmene; non so se vorrei piangere, mi domando perché sono venuta qui e perché non me ne vado. Ad occhio e croce se mi ha chiesto di arrivare mezz’ora prima e deve vendicarsi per ieri, non verrà neanche tra mezz’ora ma se il mio intuito non mi inganna, e di lui ne sento l’odore, rilancerà almeno di altri 15 minuti.

Ecco, adesso vorrei sedermi da qualche parte; qui ci sono solo adolescenti, ed io che passeggio. Sono quasi passati 45 minuti. Squilla il telefono. Mi avvisa che sta girando intorno alla piazza dove ci siamo dati appuntamento e, mentre cerco di capire dove si trova, lui trova me e richiama la mia attenzione. Mi giro, è in macchina, alla mia destra. Lo guardo imbambolata. Quel brivido che mi attraversa il corpo si fa più intenso. Corro dall’altro lato della macchina per salire. Sono una pazza. Non l’ho mai fatto e qua credo che cominci il mio primo viaggio, o il mio primo lancio senza il paracadute.

Andiamo al bar, mi piace, parliamo e penso a cosa dovrebbe poi succedere dopo e fatico nel seguire le sue parole perché devo prima rallentare i miei pensieri e cercare di gestire questo senso di eccitazione e stordimento. Credo di potermi fidare di lui anche se cerco di stare un po’ in guardia. Ce ne andiamo e mentre ci dirigiamo alla macchina lui si avvicina ad un millimetro dalle mie labbra; ha un buon odore, voglio assaggiarlo, chiudo gli occhi, mi gira tutto, non mi reggo in piedi. Lui è forte, mi sostiene, mi sente, se ne accorge dell’effetto che sortisce, sorride e mi continua a dire in modo malizioso “Che c’è?”

Io non rispondo, il fiato mi serve e già è poco. Si avvicina sempre più pericolosamente ed io perdo sempre più il controllo. Entriamo nella macchina e mentre guido lui fa scivolare la sua mano tra le mie gambe. Mi sento rapita, persa sempre di più e socchiudo pericolosamente gli occhi. Lui se ne accorge, rallenta, si ferma.  Arriviamo in un posto tranquillo e non esiste più niente al di là di un esterno momento di sospensione nello spazio e nel tempo, un attimo di dannata d’immortalità, un attimo senza nomi, senza storia, senza pudore. Lo spazio per dare tutto ciò che l’altro vuole. Il mio corpo prende fuoco e non posso che assecondare ognuna delle sue richieste. Mi sento dolcemente in trappola e danzo su di lui, sulla vita e su questo senso di eccitazione massima che vorrei non finisse mai.

Sento di appartenergli, sento che non deve chiedermelo, sento che tutto è già cominciato, sento che mi lascio cadere, sento la sveglia che suona.

Diamine, mi sono addormentata e se arriverò tardi lui non ci sarà più.


Umberto il tassista

Era notte fonda ed ero rimasta senza sigarette. Alle 02:00 am può essere un problema, anche se ci si trova a Roma. Avevo appena litigato con l’uomo con cui avevo convissuto per sedici anni e lui aveva troncato la nostra relazione per telefono. Non aveva sopportato l’idea che io avessi pensato di partire con una mia amica da sola alla guida della mia macchina. Lui avrebbe voluto una donna che non sentisse mai il desiderio di allontanarsi dal proprio uomo, neanche se il lavoro lo richiedeva. Urlava e cercava di imporre il suo punto di vista su cosa fosse l’amore e quanto poco il l’avessi amato; io ero tremendamente stanca di sentire le sue benedette prediche. I minuti si inseguivano mentre io, sulla panchina difronte all’ingresso dell’albergo, pensavo a come fare per procurarmi le sigarette. Mi alzai e chiesi alla reception di chiamare un taxi. Corsi in camera e, nella fretta, misi deodorante al posto del profumo. Volai, di corsa, verso l’ingresso per non perdere il mio passaggio a pagamento. Dopo meno di dieci minuti dalla telefonata il taxi si materializzo ed io salì davanti e chiesi al tassista di portarmi ad un distributore automatico di sigarette. Ero molto stanca, ma non sarei riuscita a dormire neanche se avessi tirato testate contro un pilastro di cemento. Il tassista era giovane, carino e tatuato e iniziammo a chiacchierare mentre cercavamo il distributore. Dopo circa venti minuti il tassametro segnava venticinque euro. <<Va bene mi sa che devo rinunciare prima di dover firmare cambiali per un vizio pessimo>> dissi con aria ormai rassegnata. Lui mi guardò e mi sorrise <<Facciamo così, io fermo il tassametro e ti riporto in albergo solo quando abbiamo trovato le sigarette così mi devi solo venticinque euro>>. Iniziammo così a farci questa passeggiata e il discorso si spostava su un piano sempre più personale. Il tempo commerciale si era fermato ed era iniziato il tempo umano. Non mi ero mai sentita così, per la prima volta non avevo paura di stare di sola di notte con un perfetto sconosciuto. I viali alberati scorrevano tutto in torno ed io mi sentivo avvolta da un profumo bellissimo che attribuivo a lui, Umberto. Il suo accento romanaccio era simpaticissimo <<Ci tieni proprio a queste sigarette?>> mi chiese; <<In realtà mi sono appena lasciata con il mio compagno con il quale convivevo da 16 anni, o per essere precisi, ha deciso di troncare la nostra relazione per telefono senza neanche aspettare che tornassi a casa>>.

L’espressione di Umberto fu simile ad una smorfia di dispiacere e sostegno <<Porca miseria mi dispiace. Pensa che è meglio così, forse non ne valeva la pena e poi uno che ti lascia per telefono e dopo 16 anni di convivenza…>>; mi tirai via il capelli dalla fronte sospirando profondamente <<Infatti, meglio così>>. <<Solo una volta ho lasciato una ragazza per telefono perché ogni volta che cercavo di farlo, di persona, lei scoppiava a piangere ed io non ce la facevo e mi rimangiavo tutto. Mi è dispiaciuto ma non sapevo come uscirne e comunque non l’amavo>> confidò lui. Gli sorrisi: <<Allora diciamo che la tua è stata una scelta forzata e in aggiunta non ci vivevi insieme>>. Era strana la sensazione di sentire che qualcuno che neanche mi conosceva era così vicino a me. <<Ma tu come stai adesso?>>; <<Non lo so ma va bene lo stesso, però non posso rimanere proprio stasera senza sigarette. Questo supera la mia capacita di sopportare gli eventi>>; <<Sai stavo per staccare quando è arrivata la tua chiamata e trovandomi vicino sono passato solo per vedere dove avrei dovuto condurre il mio passeggiero con l’idea che se mi avesse chiesto una tratta lunga avrei rinunciato e sei apparsa tu e guardandoti non me la sono sentita di lasciati così>>; <<Era destino allora e ne sono contenta, mi sembri un bravo ragazzo e sei simpatico>> mentre pronunciavo queste parole pensavo che l’odore che emanava era inebriante e, il tatuaggio che gli ricopriva tutto l’avambraccio destro, era veramente bello. Dopo una mezz’ora trovammo il tabaccaio con distributore automatico ed io mi fiondai a prendere le sigarette mentre Umberto mi seguiva con gli occhi dall’altro lato della strada. Essendo lui di Roma e con un ovvia conoscenza delle strade mi ero fatta la fantasia che ci avessimo messo tanto tempo per trovarlo solo perché anche a lui faceva piacere di fare quattro chiacchiere con me. Il distributore, infatti, era quello che si trovava sotto casa sua, quindi, perché mai non mi ci avrebbe dovuto portare dall’inizio. Comunque l’essenziale era l’aver bloccato il tassametro; più di venticinque euro non avrebbe avuto da me. Tornai in macchina e continuammo a chiacchierare per tutto il tragitto del ritorno, ed io, fantasticai su come sarebbe stata interessante una notte passata con lui che aveva quell’odore così intrigante. Arrivammo sotto l’albergo e lui si fermò; pagai il conto e gli strinsi la mano per salutarlo, ringraziarlo ed augurargli buona fortuna. Lo guardai mentre girava il taxi per andare via e pensai a come fossero belli i disegni tracciati con la matita dal destino che ti portano anche a conoscere gente che ti da qualcosa sfiorandoti l’anima anche senza toccarti. Il bel ragazzo moro scomparve nella notte ed io ritornai alla mia vita con il mio pacchetto di sigarette pagate trena euro. Raccontai l’incontro fatto, con lo strano sapore che avevo assaggiato, alla mia migliore amica e poi andammo a dormire esauste. Il giorno dopo mi alzai e facci una doccia. Mi preparai e mi truccai, poi, in ultimo, misi il deodorante e, sorpresa delle sorprese, quell’odore che con cui avrei fatto l’amore in taxi la sera prima era proprio il mio. Scoppiai a ridere pensando che la vita era poi veramente imperscrutabile nel suo manifestarsi; sempre diversa e sempre in evoluzione. Forse era arrivato il momento di iniziare ad amare me stessa con tutti i sentimenti che di solito si riservano agli altri…fino a diventare “la mia amante”.