Abbandono

Goccia dal cielo d’argento un pianto
a lato d’una finestra già chiusa,
bacìe le speranze si involgono
rapide dietro gli umidi ricordi,
inconsapevole, nella clessidra,
evade la sabbia, dipoi ritorna:
laceri i fogli d’una effemeride
esitano tra fugaci volteggi.


Oblio

Discioglie, febbraio ventoso,
dalla memoria i ricordi.
Confuso, fra spire leggere,
scompare d’un nome l’accento.
Risospinto: è afasico suono.
Maestosa mimosa riluce,
empie il petto di nuovo disiore,
di vere precorre le danze.
Risveglio di attoniti incanti,
nel freddo del verno che passa:
domani s’inebrian gli sguardi,
s’abbozzan le gemme sui rami;
già più alti ricadono i raggi,
d’impeto colmano i vuoti.
L’ attesa del dopo non mente:
al tardo tramonto s’invola
l’incedere spento di ieri.


E la parola tace

E la parola tace,
prostrato volo
di corrispondenze appassite
dentro bui silenzi
che fendono le anime amanti,
turbate
accanto ad un’assenza.
Improvviso un tremito vibra:
scossa è la notte
fino al limite estremo
dell’agonia,
quando tra veli di timida luce
esita pietosa l’aurora
sui volti che imperla
sgomenti e stanchi,
finché rifulgono le ore
insensato corteo
di briose danze
che scortano frammenti
di perduti legami.