Poesie
Al mio angelo custode
Piantami il fico di Banjevci nel giardino romano
Chiedevo
Quello che fa l’ombra grande che matura tardi
E sotto c’è il carro del nonno con la coltre
Dove si legge bene intere bollenti giornate estive
E non c’è l’abbiamo fatta.
Per il compleanno
Mi mandavi rose tanti anni tante rose e i libri con le dediche
Per il compleanno
È cresciuto il fico selvatico nel mio giardino romano
E io sapevo che mi mandavi un segno dalla nuvola.
Cammino su queste pietre e cerco la storia
Superficialità fanciullesca copre le tue parole
Svello questi sassi e cerco la tua storia nella radice dei rovi
Svello il cardo e lascio il sangue scorrere
Scende come il sudore dalle pietre
conficco un cuneo nel leccio per farlo gridare
per fargli ammettere
come andava la storia …
Sei come l’osso che mi tiene unita
Gli occhi azzurri del cielo del lago di Vrana
Osservano i miei mutamenti
Taglierò il leccio
E costruirò la poesìa
E metterò il tetto sulla storia
Dalle tue battute cresceranno sculture
E la vita scorrerà sulle pietre
Come una volta come una volta
Che mi sorridi dalla nuvola
Padre mio.
Sopra le nostre teste il cielo cambia
Mi dondolo
nella calda sicurezza della tua presenza
(come nel ventre materno).
L’amore sgorga da qualche parte dal fondo
sembra veritiero
primigenio.
Il treno attraversa i campi verdi
il cielo è di azzurro romano
ed io ti
amo.
Ma lo stesso,
ho paura di quei „SEMBRA“
che pure stanno prorompendo.
Prorompono come le orde dei soldati malvagi
senza volto, solo con le maschere.
Sento il galoppo della loro cavalleria
e non mi nascondo.
Un male in me sepolto
li lascia che mi conquistino.
Non pongo la bandiera bianca dell’ arrendere
con il proprio sangue la fratellanza con loro firmo
e via mi portano.
Poi mi volto o una volta sbatto le ciglia
forse la sfumatura del cielo cambia,
e loro non ci sono più.
Di nuovo sento i baci morbidi degli angeli,
il cielo di nuovo è di azzurro romano
sopra le nostre teste.
L’amore sta prorompendo da qualche parte dal fondo.
Sembra
primigenio.
Il circolo della vita
Ma veramente sono stata parte della tua carne
E cos’ è successo poi
Dopo che il tuo ventre mi ha buttato fuori.
Tocco i miei figli con le tue mani
Sulle unghie passa la muta rugiada del terrore
Scivola la fame dei baci caldi
Nelle orecchie
La paura del pomeriggio estivo.
Abbraccio i miei figli nella difesa dell’eredità
Li proteggo io la madre lupa
Mordo verso di te verso di loro verso tutti
Con i denti che non sono degli antenati
Io la madre cinghiale
Scavo la terra davanti i miei figli con gli zoccoli
Spiano la via a loro e spaventata mi giro verso di te
E mentre la freccia del sangue mi sta per trovare
E centra
Mi trascino espirando mostrando il sentiero
Dove si nasconderanno i figli miei.