Roberto Tauro - Poesie e Racconti

VACANZE IN PERIFERIA

 

 

 

La serata era calda, piacevolmente calda, ed il profumo intenso dei gelsomini riempiva le avide narici di Latan, da troppo tempo inaridite dalla sterile miscela dei condizionatori. Aveva trascorso il giorno esplorando la Valle degli Echi, un luogo impervio e misterioso, delimitato ad ovest da contrafforti rocciosi a strapiombo sulla pianura glabra e polverosa. Al tramonto, terra e roccia si infiammavano delle calde tonalità dell’ocra e del magenta.

Si era disteso su un’amaca con le braccia incrociate dietro la nuca a rimirarsi gli alluci. Quelle vacanze gli procuravano una insana euforia e riusciva perfino a dimenticare la monotonia del lavoro che, a tratti, lo opprimeva.

Latan era un esobiologo. Dopo aver tentato invano di arruolarsi nei pionieri della Marina Federale, aveva finito per accettare la nomina a professore aggiunto di genetica comparata, con funzioni di ricercatore, presso l’Università di Janus. Non gli piaceva quel lavoro, né sopportava gli slanci consolatori dei suoi colleghi.

L’efficacia ed il livello di gradimento delle convenzioni dipendono dal grado di integrazione tra l’utile ed il necessario”. 

Su Janus, come su tutti i mondi centrali della Federazione Cosmica, quel motto aveva assunto il sapore del dogma. Si domandava spesso, in che misura, l’arte potesse essere considerata una semplice convenzione e, cosa ancora più avvilente, come potesse essere ricondotta alla stregua di un compromesso, che escludeva a priori il “superfluo”, sublime categoria dello spirito. 

Non parlava mai di questi argomenti, per una sorta di vago timore; d’altra parte, non si poteva certo negare il regresso delle arti nel corso degli ultimi duecento cicli.

Durante le vacanze, riusciva a vivere momenti di autentica ansia creativa. Aveva scelto quel pianeta selvaggio ed inquietante perché, quasi come complice muto, pareva assecondare il suo indistinto desiderio di infrangere le convenzioni, il suo bisogno di verità. Una sorta di empatica correità.

Ci veniva ormai da quattro cicli. Ciò che contribuiva al suo fascino, secondo le valutazioni di Latan, doveva essere la sua collocazione periferica, fuori dalle principali rotte commerciali. Ospitava duecento milioni di coloni umani provenienti dal quadrante delta. L’enorme distanza da Janus aveva avuto un peso rilevante nella scelta: viaggiava così poco!

Il pianeta, secondo quanto aveva appreso, era stato colonizzato nel 2531 (dalla data di fondazione della Federazione Cosmica), molto tempo dopo la sua scoperta, avvenuta seicento cicli prima, da parte dei pionieri di Pegaso, sede del governo federale. La principale risorsa dei coloni era sempre stata l’agricoltura, ma cominciava a svilupparsi il turismo. Un po’, questo, gli dispiaceva.

Si girò sul fianco e vide l’ombra di Roth proiettarsi sul viottolo illuminato dal neon del cortile. Roth era la sua compagna, stavano bene insieme. Il giorno che decisero di formalizzare il loro rapporto, Latan pensò che sarebbero stati felici. Non avevano figli perché il rigido atteggiamento del Dipartimento Federale per il Controllo delle Nascite aveva più volte respinto la loro richiesta. 

Insisteremo, vedrai, prima o poi ci accorderanno il permesso di averne uno.” 

Diceva Roth, quando entravano in argomento, Latan non ci sperava più. Roth si avvicinò e gli porse un bicchiere di acqua fresca aromatizzata alla menta, lui le sorrise e le cinse i fianchi stringendola a sé. 

«A cosa pensi?» 

Esordì Roth.

«A questo strano pianeta!» 

Replicò Latan. 

«Alcuni archeologi di scuola eterodossa asseriscono di avere scoperto reperti antichi di ventimila cicli.» 

«Immagino che la cosa avrà già destato interesse negli ambienti accademici che contano! Cosa ne pensano i parrucconi impomatati?»  

Azzardò Roth.

«Non ne parlano, ma corre voce che non siano molto interessati alle ricerche, anzi, sembra che diano poco credito agli eterodossi. Secondo questi ultimi, il pianeta sarebbe stato abitato da esseri intelligenti, ancor prima dell’età presunta dei reperti.»

Ci fu una leggera pausa, presto interrotta da Roth:

«Come si presentava al momento delle prime esplorazioni?»

«Nei rapporti dei pionieri di Pegaso veniva segnalata la presenza prevalente di vita vegetale, anche molto evoluta.»

«Senza traccia di vita animale?» 

Incalzò Roth.

«Poche specie, perlopiù unicellulari!»

Roth sembrò perplessa, poi continuò: 

«Come è possibile?»

«Gli studi condotti su Janus indicano che il regno animale autoctono, dal punto di vista evolutivo, risulta stranamente in ritardo rispetto al regno vegetale, nonostante condividano la biochimica ed il codice genetico. Tale modello, inoltre, è identico a quello umano!»

«Potrebbe essere il risultato di un diacronismo evolutivo causato dall’ambiente, che ha favorito i vegetali a tal punto da inibire ogni forma di competizione!»

«Non ci sono elementi che lo lascino supporre. Le specie animali importate dai coloni si sono adattate perfettamente e questo, evidentemente, confuta tale ipotesi.»

«Già!» 

Borbottò indistintamente Roth.

Seguì un’altra pausa più lunga, poi, quasi sottovoce:

«Penso alla teoria degli ortodossi. Sai benissimo che, nonostante i cospicui finanziamenti del Dipartimento Federale delle Ricerche, non si è ancora riusciti a svelare l’origine dell’uomo. Secondo gli accademici la specie umana avrebbe avuto origine su mondi diversi secondo processi evolutivi del tutto autonomi. Sono anche convinti, o forse hanno interesse a farlo credere, che tali eventi si siano verificati in numerosi pianeti del nucleo centrale dell’attuale Federazione Cosmica.»

«Questo pianeta potrebbe, quindi, dimostrare l’infondatezza della teoria ortodossa.» 

Argomentò Roth.

Latan tossì lievemente per schiarirsi la voce:

«Forse, comunque è certamente in grado di suggerirne un’altra tanto misteriosa quanto audace!»

«Cioè?»

«Secondo gli archeologi della scuola eterodossa, il nostro pianeta sarebbe la culla dell’umanità! L’uomo sarebbe comparso, al culmine di varie fasi evolutive, già venticinquemila cicli fa. Nel corso di diecimila cicli di storia, riuscì a sviluppare una tecnologia idonea alla navigazione interstellare, che gli permise di colonizzare numerosi mondi.» 

«E come si spiega la scomparsa di una tale civiltà?»

«Ci stavo arrivando.» 

Rassicurò Latan, che continuò: 

«Sarebbe stata annientata da lotte fratricide tanto cruente da distruggere ogni forma di vita, o quasi. L’ipotesi, naturalmente, spiega l’atteggiamento ostile degli accademici.»

Ci fu un lungo silenzio, interrotto, a tratti, dal flebile respiro della brezza di ponente. Il cielo si accese di una miriade di gemme d’argento. 

Era già notte. Latan e Roth non avevano sonno, avevano voglia di godere del profumo dei gelsomini e della brezza che si insinuava tra i capelli. Restarono abbracciati a lungo al chiarore tenue dell’unico satellite di quel mondo… la Luna. 

 

                                                           Roberto Tauro

 

Il racconto è contenuto nella raccolta, light fantasy, “La bottega delle suggestioni”, pubblicata da Corponove Editrice, Bergamo, nel Novembre del 2020.


 

BELLA DA SEMBRARE VERA

 

 

 

Cosa c’era di strano in quel volto!

Un ovale classico, quasi rinascimentale.

Lunghi capelli ramati, crespi e ribelli,

a fatica raccolti da una rete di seta

a maglie larghe e con perle all’incrocio dei fili.

Cosa c’era di sbagliato in quegli occhi vispi!

Ceruleo il destro, castano il sinistro.

Decorati da lunghe ciglia brune

e sopracciglia a disegnare un perfetto arco.

Cosa c’era di insolito in quella fronte ampia!

Impreziosita da uno zaffiro a goccia

a contrastare la candida pelle di luna.

E quelle gote! Due pesche mature,

separate da labbra carnose,

di un rosa antico e gentile.

Cosa c’era di strano in quel volto!

Solo dopo ho compreso.

L’ho capito quando sono venuti

a cambiar posto al manichino.



Tramonto 2