Incompiuta

Parole: poche e nude, se pure forti,
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ma sole, sulla pagina vuota,
sfinite, ancora come morte,
lasciate qui per te,
per parlarti e ammaliarti:

cBild3ome una brezza marina
come una musica inconsueta,
come l’anima di un sogno,
come l’invito a un grande ballo,
come la sfida a una corsa tumultuosa,
come la domanda di un bambino,
come lo smarrimento di un “nuovo” inatteso.

Opera incompiuta, in divenire,
come la nostra vita stessa.

Parole da leggere e ascoltare in due
Bild4per farle diventare,
solo per noi due,
un’opera viva e compiuta:
così come la singola vita degli amati
si anima e completa,
solo diventando un’unica vita.

Se saprò scriverle quelle parole,
vi prego, leggetele con me, per noi due!


 

Il Mirabello, il Mirabellino e la Nebbia

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La giornata è fredda ed umida. Una nebbiolina, delicata e diffusa mi accompagna, mentre mi avvicino all’ingresso del Parco.
È primo mattino e l’aria è illuminata da una luce ancora incerta. Mano a mano che scendo verso l’ingresso del parco, la nebbia diventa sempre più fitta.
Entro dalla porta di Vedano e risalgo a destra per raggiungere il Mirabellino. Ho intenzione, da qui, di raggiungere il Mirabello percorrendo l’originario viale dei Carpini, che collega e contrappone le due costruzioni.

 

Lascio alle mie spalle il Mirabellino, attraverso il giardino che scende verso la valle del Lambro e raggiungo il viale dei Carpini.
Lontano non vedo ancora il Mirabello, la cui presenza posso solo dare per scontata: lo so! … c’è!

Bild2Il sole si alza e traspare tra le nebbie. Il cielo diventa un po’ più luminoso e la nebbia si diffonde come una coperta rarefatta e diafana. Ora riesco solo a distinguere, sotto i miei piedi, il tracciato del vialetto e, attorno, il prato che lo contorna, fino ai radi alberi più vicini.
Proseguo lungo il viale mentre la nebbia diventa sempre più dolcemente esclusiva: pretendendo di essere sempre più unica e sola con me. Gli scarsi suoni che provengono dall’ambiente circostante, sono sempre più ovattati e lontani: dalla nebbia filtra un silenzio unico che circuisce.
Mi sento imprigionato, dalla “maga nebbia”, in un dolce e silenzioso recinto, lontano dalle percezioni del mio mondo usuale e toccato da sensazioni ed emozioni nuove.

Insieme a questa vaga perdita di coscienza (il mondo che mi circonda non è più quello che era o che dovrebbe essere), monta una gioiosa sorpresa per la dolcezza morbida e delicata di quel poco paesaggio che vedo, avvolto dalla nebbia. Lo smarrimento che mi prende per quel Mirabello che tarda a comparire in fondo al viale, mi spinge istintivamente a girare lo sguardo per rivedere il Mirabellino che ho lasciato alle spalle. ANCHE LUI NON C’È PIÙ: NON RIESCO A VEDERLO!

Giro lo sguardo attorno a me e vedo soltanto un rada nebbiolina e le poche cose che mi circondano: la maga mi ha irretito!
Dove sono? Fantasia irrazionale: c’è ancora il mio mondo al di là di questa nebbia?
Rimango fermo a guardarmi attorno e il vago senso di angoscia che mi ha preso, lascia ora lentamente il posto ad una sempre più completa sensazione di libertà e di onnipotenza. In questo momento mi sento come l’unico uomo al mondo. Sento la natura che mi circonda come solo mia. La “maga” mi tenta e mi propone una “fuga” con lei?

Indugio lungo il vialetto camminando sempre più adagio; il mondo e il tempo sono tutti e solo miei? Rimango fermo per un po’ di tempo (in quello che credo sia la metà del percorso del vialetto), solo, immoto, silenzioso, irraggiungibile.

Sfuggo alla magia e automaticamente, riprendo il cammino. Dopo qualche passo, riscopro il risaputo profilo del Mirabello, al di là del viale che gli passa davanti. Lo raggiungo e mi riavvio verso casa.

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Rivedo i cartelli indicatori, le strade e le vie che mi riposizionano nel mio consueto mondo.
La nebbia nel frattempo si va dissolvendo e la magia che addolciva e ammorbidiva i contorni delle cose, lascia il passo a visione più nitide e reali.
Torno a guardare l’orologio (che finora avevo dimenticato) e considero che sarò a casa in tempo per svolgere le commissioni che occuperanno il resto della giornata.

Impegni e progetti tornano a far capo, ingombranti, e mi fanno sentire un po’ meno libero. Ripenso a quando, irretito dalla maga, ero in un buco nella nebbia, solo, in un mondo senza tempo, in un luogo improvvisamente sconosciuto, senza riferimenti ed obblighi.

A rivederci mutevole parco: oggi mi hai svelato nuovi “misteriosi territori”.
Ti ringrazio per questa piccola nuova esperienza.


 

Khara e “la nostra foto”

Era una giornata afosa: lasciai il divano per trasferirmi sul terrazzino.
Speravo di poter godere di quei refoli di vento che avevo visto muovere saltuariamente le foglie delle piante, anche loro estenuate e afflosciate dall’aria rovente.
Portai con me un bicchiere d’acqua ed il libro che stavo leggendo, sperando di continuarne la lettura, in modo più piacevole.

Bild4Trovai fuori Khara, la gatta, che aveva già avuto la mia stessa idea. Acquattata su una sedia, quando mi sentì arrivare, mi rivolse il consueto vivace miagolio di saluto, fissandomi intensamente.
Avevo l’impressione che considerasse quel posto come casa sua. Tutte le volte che qualcuno ne varcava la soglia, si sentiva in dovere di fare gli onori di casa, con un caloroso e deciso miagolio di benvenuto.

Mi sedetti sulla sedia sistemandomi il bicchiere, il libro e valutai la qualità del posto che avevo scelto per continuare la lettura: si, mi sembrava che si stesse un po’ meglio. Tanto bene che dimenticai la lettura e comincia e rilassarmi per godere meglio di quella nuova sensazione di benessere.
Ritornai a guardare la gatta che continuava a fissarmi beatamente rilassata, ma con l’aria di invitarmi a condividere una sua esperienza.

Le avevo sempre invidiato quella sua misteriosa capacità di estraniarsi da tutto quello che la circondava, disegnando con il suo corpo una tessera perfetta da inserire nel mosaico di un disegno, in quel momento, completamente perfetto. Lei ed il resto del mondo distanti dalle cose mutevoli e contingenti, fissati per un istante in uno spazio fuori dal tempo: miracoli felini! Sapeva forse trattenerlo per se per tutto il tempo che voleva?

Spesso, osservando il suo atteggiamento, avevo a mia volta, raggiunto quella piacevole sensazione di momentaneo distacco dal tempo.
Rilassandomi mi ritrovai a seguirne l’esempio: disteso e concentrato nell’assorbire i rumori, i silenzi, i profumi, i respiri del raro venticello estivo.
Lei ogni tanto apriva lentamente un occhio come per verificare se facevo progressi. L’ostentata serenità con cui richiudeva gli occhi, sembrava incoraggiare ed approvare i miei progressi. Mi fulminò, comunque con lo sguardo, quando feci un movimento troppo brusco, come a segnalare il pericolo di mettere una tessera, la mia, fuori dal mosaico che si stava completando.

Mi sentivo ormai profondamente inserito in quell’istante, in quel posto, nel mio terrazzino, con la mia gatta: ne facevo parte fisicamente ed emozionalmente. Non percepivo solo i vari particolari di quello che mi circondava, ma contemporaneamente tutto il mosaico.
Come sulla lastra di una fotografia, durante lo sviluppo, l’immagine si evidenzia e delinea lentamente, fino a comparire nella sua interezza, così l’immagine di quel momento e le emozioni ad essa legate, si fissavano attraverso le varie tessere per completare l’intero mosaico, indissolubilmente fermato in quell’istante.

Khara, abbiamo condiviso, così, un istante delle nostre vite, salvandone il ricordo in una “fotografia” tanto virtuale, quanto indistruttibile.
Grazie Khara per la fotografia che mi hai aiutato a farci; oggi posso “riguardarla” e ripensarti: piccola paurosa e schiva, ma bellissima, saggia e buona.

Dopo l’intervento di eutanasia cui abbiamo dovuto sottoporre Khara, per sottrarla alle ingiurie di una crudele malattia, che le sottraeva inesorabilmente bellezza, dignità e vita.