COME ERAVAMO “IL GELATAIO”

La calura nelle ore pomeridiane si accompagnava al silenzio, la respiravi, ogni ombra era un rifugio, dal suolo un

vapore lieve tremulo inondava soffocando ogni forma di vita. Arrivava da lontano la voce strisciata quasi un eco

“geeellatiiiii geeelatiiii”

Pittoresco con un grande cappello simile ad un sombrero, spingeva il triciclo ripetendo il richiamo, la parte anteriore

era un grande contenitore dove il ghiaccio proteggeva un gelato artigianale, coni enormi colorati decoravo quel mezzo

di trasporto protetto da un grande ombrello. Il silenzio dopo quel richiamo si animava di gridolini gioiosi mentre da

ogni porta sbucavano correndo i bambini in una gara di velocità per arrivare primi, era guardato con invidia il primo e

così l’ultimo che alla pazienza univa il piacere di accedere ad un cono colorato quando gli altri lo avevano già finito.

Quel gelato era il rito delle domeniche estive, spesso il percorso metteva in difficoltà la buona conservazione di quella

golosità, il ghiaccio che doveva refrigerare cominciava a sciogliersi gocciolando sotto il triciclo del gelataio, nonna mi

raccomandava di osservare il particolare e di evitare in quel caso l’acquisto perché il cono sarebbe risultato molle e

insostenibile, occorreva divorarlo prima che si squagliasse in mano, difficile analisi anche molle il gelato era la

domenica, il piacere nella calura atteso una settimana, due sapori erano di norma a volte tre, noi bambini li volevamo

tutti, il cono costava 10 lire ma solo per due gusti, il terzo veniva inserito solo come una pennellata, il gelataio non era

molto generoso e spesso nel gruppo dei bambini compariva un adulto la cui presenza aveva la finalità di contestare la

dimensione del cono.

La felicità data da quel gelato era molto breve, doveva passare un’altra settimana prima di ripeterla, desiderio, attesa

si univano in

un insieme di emozioni, era il piccolo vizio estivo poi si tornava a giocare con tutto quello che circondava, all’imbrunire

un piccolo soffio di vento portava tutti all’esterno, dal pozzo i secchi d’acqua venivano riempiti e svuotati negli orti dove

ogni cosa pareva riprendere vita, i giochi riprendevano chiassosi, le rondini volteggiavano cacciando miriadi di insetti,

il gelsomino cominciava a spandere il profumo nella sera, la domenica calda e sonnolenta volgeva al termine.

Il poco nel desiderio , il poco nella serenità, il poco insieme dava un senso al vivere che ora non ritrovo

più.


2 novembre

I luoghi del nulla.

Pensami in un sorriso

bacia il pensiero

abbraccia il ricordo

corri, sono con te nel vento

nel fiume che scorre

nel profumo di un fiore

nelle bianche nubi

nell’onda che si infrange

nella terra che calpesti

sono nella luce del sole

chiudi gli occhi e parlami

io sono vicino a te

sempre


A MIA NONNA BERENICE

HO RIPRESO A PARLARTI

GRANDE E’ LA VOGLIA DI RACCONTARMI

ANCHE SE RISPONDE IL SILENZIO

LA TUA IMMAGINE SFUGGE

CHIUDO GLI OCCHI PENSANDOTI

IL TEMPO ALLONTANA OGNI MEMORIA

RIPORTA BRANDELLI DI EMOZIONI.

VORREI CHE TU SAPESSI

VORREI CHE TU FOSSI QUI

AD ASCOLTARE IL MIO RACCONTO DI VITA

PROVARE LA SERENITA’ CHE MI DAVA

IL TONO DELLA TUA VOCE

DIRTI TUTTO QUELLO CHE IL TEMPO

SENZA DI TE MI HA RUBATO

PER UNA VOLTA ANCORA

RITROVARTI IN UN SOGNO

NELL’EMOZIONE DI UNA CAREZZA.