La fine di un amore

Sembra più grande la stanza,

ora che mi lascio alle spalle

lamenti di esilio.

 

Sul tavolo, vicino la finestra,

ho rovesciato

la precoce primavera

che insieme

abbiamo strappato alla vita.

 

Un crimine anonimo

in un deserto di parole,

un cielo naufrago

in un mare senza sponde.

 

Forse è solo questo

la fine di un amore.


A Pier Paolo

Sono gli intellettuali del pallone

che con benedetta malafede

arringano la folla

a sventolare bandiere

che neanche il vento

ormai riconosce.

 

Sono gli schiavi degli ascolti,

diventati cittadini arroganti,

che santificano la vuota distinzione

tra conservatori e progressisti

per occultare la scomparsa delle idee.

 

Sono i consumatori del telecomando

che vivono la vita degli altri

annichiliti dal sudicio patto

tra mercanti di emozioni.

 

E intanto,

il mare ingoia

un’altra barca,

le frontiere

sono porte blindate

sul futuro,

una raffica di solitudini

si infila tra i cancelli scrostati

delle fabbriche.

 

Usciamo allo scoperto,

almeno per respirare.


 

La feritoia

Sul muro di solitudini

che abbiamo eretto

per trasformare ogni profondità

in un’avvilente superficie,

c’è una piccola feritoia,

fortunatamente ignorata,

dalla quale, per non perderti,

ho imparato ad amare

la tua assenza.

 

E se al battito di ciglia

della luna morente,

il mondo prendesse la rincorsa

per l’ultimo folle volo,

avrei ancora la forza

di pronunciare il tuo nome

per bucare l’accerchiamento

di questa immensità abbandonata.