Pinochet

La notizia del giornale porta
la speranza di una giustizia tardiva;
ma lo sguardo del tiranno tradisce
l’ipocrita sofferenza della iena braccata.
Gli occhi, ormai opachi, celano ancora
i segreti delle sofferenze inferte.
Il bruciore del ferro incandescente e
della lama tagliente ancora dilaniano
la carne dei torturati sotto le cicatrici
solo superficialmente rimarginate;
vincoli di parentela travolti nella pena di un pianto
di cui solo le orbite degli occhi
danno testimonianza;
il terribile freddo dell’inverno andino
con il solo confine del filo spinato;
il terrore negli occhi e l’angoscia nel cuore
col pensiero rivolto oltre le gradinate,
verso l’ignoto destino di un popolo.
Una musica dolce, rubata al vento
delle montagne ed ai fiumi delle pianure,
salita come un lamento dalle miniere di rame,
ha accompagnato i passi lenti che hanno calcato,
con orme profonde, la terra arida degli altipiani;
il fragore degli oceani sulle scogliere non ha coperto
il canto dei poeti ed il grido di un popolo.
In nessuna cattedrale si chieda il perdono
e nessun tribunale assolva.


Diciassettegennaioduemila

L’urlo lacerante dell’asfalto
soffoca l’ultima bestemmia,
forse non gridata.
Gli occhi spalancati sull’anima,
dietro le palpebre serrate,
cercano un’impossibile carezza.
Ripensare la vita
in un attimo troppo breve….
poi il gelo.


I L T E R R O R I S T A

Silvy si stiracchò sotto le coperte ; sebbene fossero le dieci del mattino

non aveva voglia di alzarsi. Era sola in casa ed aveva ceduto alla pigrizia, restando

a letto più del solito. La madre era uscita presto e, svegliandola, le aveva lasciato

sul comodino una tazzina di caffè che si era raffreddato ; l’assaggiò costatando che,

d’inverno, il caffè freddo aveva proprio un pessimo sapore. Ricapitolò mentalmente

gli impegni della mattinata decidendo che non c’era nulla di tanto urgente che non

potesse aspettare. Considerò che sarebbe stato più proficuo dedicarsi allo studio.

Aprì la finestra e sentì freddo respirando l’aria umida di quella mattina di fine gennaio.

Riordinò rapidamente la sua stanza che, sebbene piccola, acquistava più spazio quando

ogni cosa era al suo posto.

L’esame di storia medievale era previsto per la metà di febbraio e, quantunque non

particolarmente difficile, era noioso e lei l’aveva trascurato per troppo tempo.

Si recò in bagno per fare una doccia calda che, si augurava, l’avrebbe aiutata a svegliarsi.

Si spogliò e si osservò allo specchio, dapprima distrattamente, poi più attentamente,

tastandosi.

Aveva un bel seno, giunonico, ed un corpo sodo ma massiccio, dai fianchi larghi ed una

tendenza all’obesità sulle cosce, sui glutei e sul ventre segnato da piccole pieghe di grasso

all’altezza del pube. Ne fu contrariata.

– Se vado avanti cosi diventerò una vacca – disse a sé stessa – devo fare più moto e

mangiare di meno – .

Accese la radio per sentire un po’ di musica ma, in quel momento stavano trasmettendo il

giornale radio : la polizia indagava sulla morte del giovane Roberto Franceschi, ucciso

all’Università di Roma ed i cui funerali erano previsti per il 4 febbraio; a Parigi era stato

firmato il “ cessate il fuoco ” tra USA e VietNam del Nord anche se tra mille difficoltà

e diffidenze reciproche; era in vista la formazione di un governo di centro destra guidato

da Andreotti e Malagodi ; era in preparazione lo sciopero generale dei metalmeccanici

per il contratto di lavoro.

Un’improvvisa sensazione di freddo la spinse ad entrare nella doccia, dove l’acqua calda

le dette una piacevole sensazione di benessere.

Sotto lo scroscio dell’acqua avvertì appena il trillo della suoneria del telefono ; non aveva

alcuna intenzione di abbandonare il piacevole tepore della doccia.

– Richiamerà, se ha interesse – pensò, senza nemmeno immaginare chi fosse.

Ma il suono insistente della suoneria la impensierì. Chiunque fosse aveva certamente

bisogno di comunicare. Indossò l’accappatoio ed andò a rispondere.

Riconobbe subito la voce di Daniela ed il tono concitato ed affannato dell’amica la

incuriosì. Cosa aveva da comunicarle di così pressante ? Dopo tutto si erano lasciate

la sera prima, senza che nulla le turbasse.

– Ma cosa c’è ? mi hai tirato fuori dalla doccia, cazzo! – l’apostrofò aggressivamente.

– Sono ad un telefono pubblico – proseguì Daniela – non ti posso nemmeno dire dove.

E’ necessario che ci vediamo, subito però ! E’ una questione molto seria, non voglio

parlare a telefono ; vediamoci alle 11,30 al nostro solito bar, hai capito bene ? –

– Si, – confermò Silvy – ho capito, ma spiegami, cos’ è successo ? Sta male qualcuno ?

Perché tutta questa urgenza ? dammi un po’ di tempo, sono ancora nuda ! E poi avevo

deciso di studiare stamattina. Dai, vieni tu da me.-

– Ti ho detto che devi fare presto, e non farmi dire altro – replicò bruscamente Daniela

interrompendo la telefonata.

– Pronto, pronto…. pronto… Daniela dove sei? Rispondi – ma si rese conto che la co=

municazione era stata interrotta. Rimase con la cornetta in mano per qualche secondo,

interdetta, innervosita dall’ incomprensibile atteggiamento dell’amica ;

ma, a poco a poco, un sentimento di inquietudine cominciò a farsi strada in lei.

Incuriosita ed allarmata guardò l’orologio e si accorse che aveva poco tempo per giungere

in orario all’ appuntamento. A quel punto doveva sapere, e presto.

Uscendo, pensò bene di lasciare le chiavi al portiere, non sapendo se sua madre, certa

della sua permanenza in casa, avesse portato con sé le sue .

Il cielo, dopo il violento temporale della notte, era ancora carico d’acqua e minacciava

di nuovo pioggia. Il luogo dell’appuntamento non era molto distante ed impiegò circa

un quarto d’ ora, durante il quale non fece altro che cercare negli eventi dei giorni prece=

denti una plausibile motivazione di quel comportamento.

Riconobbe da lontano la figura di Daniela, e notò che si muoveva nervosamente, come in

preda ad una crisi d’ansia.

Anche Daniela la vide arrivare e, da lontano, le fece cenno con la testa di seguirla nel bar.

Si avviò verso una saletta poco frequentata e si sedette ad un tavolino.

– Daniela, ma cosa è successo ? sei impazzita ? Sto tremando di paura. Tutta questa

fretta, quest’aria di cospirazione – esordì Silvy appena furono di fronte e dopo aver

ordinato al cameriere il caffè di cui non poteva più fare a meno.

– Scusami, ma si tratta di una questione veramente importante e seria ;- iniziò a

raccontare la ragazza – un fatto grave di cui dobbiamo essere a conoscenza in pochi e

fidati compagni. Bisogna fare attenzione ai telefoni ed alle orecchie indiscrete.

Ricordi Giulio ? quel compagno conosciuto l’anno scorso a Panarea, in campeggio ?

21

Te ne ho parlato…dai, come no ! quel pittore che voleva posassi nuda per lui.

Ebbene, stamattina verso le otto mi ha buttato giù dal letto, suonando al citofono e

chiedendomi di scendere. Come cazzo avrà fatto ad avere l’indirizzo di casa mia è un

mistero. Io mi son sempre ben guardata dal darglielo. Me lo sono trovato davanti, stra=

nito, bagnato fradicio d’acqua, sembrava un fantasma. – Cos’ hai? -gli ho domandato.

Mi ha detto che aveva passato la notte fuori casa perché alcuni amici lo avevano informato

che i Carabinieri erano stati a casa sua per una perquisizione ed avevano trovato, in un

armadio, del materiale esplosivo rubato in una caserma che – sostiene lui, ma io non ci

credo – gli aveva affidato un amico perché lo conservasse. Adesso lo stanno cercando. Ha

bisogno di un rifugio sicuro e, possibilmente, di lasciare Napoli e l’Italia al più presto.

E’ nascosto nella cantinola di casa mia. Gli ho dato qualche indumento pulito di

mio fratello, ma non posso tenerlo a lungo lì dentro. Se lo scoprono i miei genitori mi

spellano viva…. tu sai come la pensano. Ma se lo trovano i Carabinieri……non mi ci far

pensare…! –

Era sull’orlo di una crisi di nervi. Silvy se ne rese conto e cercò di calmarla pur non

riuscendo a rimanere fredda davanti al panico dell’ amica.

– E adesso calmati, stronza – le sussurrò in un orecchio, con voce stentorea – in questo

modo non ne usciamo certo. Ti ci sei messa con le tue mani; cerca di farti venire un’dea.-

– Ma quale idea ! Qui non si tratta di farsi venire un’idea. Bisogna organizzarsi per farlo

scappare, impedire che i carabinieri lo trovino, proprio a casa mia. Bisognerebbe farlo

stanotte stessa .-

– E come facciamo – domandò sbalordita Silvy

Riacquistato il controllo di sé, Daniela si rivolse all’amica con il tono di un comandante ai

suoi soldati :

– Innanzitutto bisogna riunirsi, stasera stessa. E’ preferibile a casa tua, è anche più

sicuro. Tu ti occuperai di contattare tutti i compagni, quelli fidati…. mi raccomando,

non le teste di cazzo. La questione è troppo pericolosa, non possiamo permetterci

che esca fuori qualcosa. Ne andremmo di mezzo tutti.-

– Ma come faccio – controbattè Silvy – è tardi ! Non so se riuscirò a contattare tutti.

Tanto per cominciare Vale è a Bari e tornerà solo venerdì. –

– Pazienza, lo avviseremo dopo, probabilmente a cose fatte. Ma è necessario vederci

stasera. Ne dobbiamo parlare, dobbiamo poter contare sul collettivo… è un compagno,

Silvy, non possiamo abbandonarlo ; né possiamo vedercela tu ed io, non avremmo né il

modo, né i mezzi per farlo. –

– Va bene, ti telefonerò stasera alle sei – confermò turbata Silvy.

E l’altra : – Ma fai attenzione a come parli, non fare riferimenti e sii vaga, io capirò –

– Devo avvisare i compagni che ci sarà anche lui ? –

– Ma sei pazza ? non lo dobbiamo mica presentare in società. Se lo trovano con noi

ci becchiamo tutti un’accusa di complicità in costituzione di banda armata. –

Le parole di Daniela gelarono l’amica, non aveva pensato a tanto. Cominciò, adesso,

veramente ad avere paura ; ma ostentò sicurezza nell’ accomiatarsi.

Uscirono dal locale come due congiurate.

Per la strada Silvy cominciò ad organizzare mentalmente il lavoro da fare ; l’idea della

pericolosità di ciò che stava facendo e del coinvolgimento che stava per proporre agli altri

la ossessionava. Sentì il bisogno di condividere con qualcuno l’impegno che aveva assunto.

E pensò, subito, a suo fratello Enri. Sapeva di poter contare sul suo sostegno e la sua

collaborazione. Lo rintracciò a casa della suocera. Lo mise in allarme senza fornirgli delle

spiegazioni dettagliate e gli dette appuntamento a casa dei loro genitori. Il giovane, più

grande di lei e sempre disponibile verso la sorella, la raggiunse dopo qualche minuto,

portando con sé la figlioletta Franca di quasi tre anni. Lei, senza tergiversare, anche per

scaricare la tensione, lo mise subito al corrente degli eventi. Enri ascoltava,

tormentando con le mani la folta barba. Aveva ventisei anni ed un fisico robusto ma

una salute delicata a causa di gravi disturbi della circolazione. Aveva un carattere accat=

tivante ed ironico, raramente collerico, ma capace di grandi entusiasmi. Comprese rapida=

mente la difficoltà della situazione e, senza sterili recriminazioni o commenti, iniziò a

contattare i compagni prescelti.

Anche Daniela aveva ripreso la strada di casa; il timore di essere seguita la

portava a guardarsi attorno, cercando di individuare nella folla i probabili pedinatori. Non

riusciva ad essere obiettiva e serena. Quando si era convinta di averne identificato uno, ne

scopriva subito un altro, accorgendosi subito dopo, che avrebbe potuto essere anche un

altro ancora. Era razionalmente consapevole che le probabilità di essere stata scoperta

erano basse, ma era terrorizzata dall’idea di essere fermata e portata in questura.

Si rese conto che stava perdendo la lucidità mentale e la freddezza necessarie per gestire

e condurre a buon fine l’operazione di soccorso proletario.

Le ritornarono in mente tutti i dibattiti fatti, in diverse occasioni, con i compagni circa il

comportamento da tenere nelle circostanze difficili o pericolose, e cercò in sé stessa le

motivazioni che l’aiutassero ad esorcizzare la paura.

Si concentrò sulle cose da fare e si ricordò che il clandestino aveva bisogno di mangiare ;

Contò i soldi che aveva nel borsellino ed entrò in una salumeria per acquistare qualcosa.

Pensò che, se fosse stato un fumatore, gli avrebbe senz’altro fatto piacere avere delle

sigarette. Nel dubbio ne acquisto un pacchetto. Questo fatto la portò, per associazione di

idee, a rendersi conto che, dopotutto, di quel giovane lei non sapeva quasi nulla.

E se fosse stato un agente provocatore ? Un infiltrato ? Uno legato ai fascisti ?

Questa ipotesi, non considerata prima, la rese più guardinga e diffidente verso colui

che aveva, fino a quel momento, considerato un compagno in difficoltà. Capì che avrebbe

dovuto approfondire la conoscenza ed assumere informazioni sul suo ospite prima di

presentarsi, la sera, ai compagni per chiedere il loro contributo. Non avrebbe avuto senso

rischiare ulteriormente per uno sconosciuto. Si era già esposta troppo.

Doveva riuscire a saperne di più. Doveva sapere quante più cose possibili su di lui….

in modo da poterle verificare e riscontrare : a quale organizzazione apparteneva ? quali

obbiettivi si prefiggeva ? quale era il motivo e lo scopo del possesso dell’esplosivo ? Era

collegato al movimento dei proletari in divisa che agiva, clandestinamente, nelle caserme ?

Era conosciuto nell’ambiente o agiva isolatamente ?

Le domande erano tante e si rese conto che le prime risposte doveva averle proprio da lui.

Era necessario interrogarlo, ma doveva farlo con grande astuzia, dandogli fiducia, met=

tendolo a suo agio : se avesse avuto qualche scopo segreto doveva pensare di averlo

raggiunto, lei sarebbe stata attenta a cogliere qualunque contraddizione. Se poi lo avesse

trovato reticente o, peggio ancora, incapace di dare risposte credibili, ne avrebbe tratto le

debite conclusioni minacciandolo, se fosse stato necessario.

Completamente assorta in queste considerazioni, che avevano profondamente modificato

il suo approccio al problema, raggiunse casa. Volle iniziare subito… non aveva più tempo

per pensare : avrebbe calibrato il suo comportamento durante il colloquio.

Fu contenta di non incontrare nessuno per le scale che portavano alle cantine. Per pre=

cauzione e per sentirsi più sicura aveva portato con sé la chiave.

Dallo spioncino, quasi completamente incrostato di polvere, filtrava poca luce. Entrò. La

piccola stanzetta era quasi al buio. .

Ebbe bisogno di qualche istante per riuscire a vedere la sagoma di Giulio, rannicchiato

sotto una coperta, sulla rete metallica, apparentemente addormentato. Daniela si avvicinò

e lo toccò, leggermente, affinchè non sobbalzasse ; ma dovette scuoterlo più volte per

riuscire a svegliarlo.

Si accorse del momentaneo smarrimento del giovane, che ebbe bisogno di qualche istante

per realizzare dove si trovasse.

-Che ore sono? –chiese ancora intontito dal sonno. Ne aveva ancora molto da recuperare.

-Le dodici e trentacinque ; ti ho portato qualcosa da mangiare, una birra e delle sigarette.-

rispose la ragazza, mascherando il suo stato d’animo.

– Non ricordi che fumo il Toscano ? ma vanno bene lo stesso, grazie – precisò lui,

prendendo il pacchetto che gli veniva offerto ed accendendo una sigaretta con gesti

nervosi, come di chi ne ha bisogno per scaricare la tensione .

– Mangerò qualcosa più tardi – disse poggiando sul giaciglio il sacchetto con il cibo.

– Ti vorrei ricordare che qui non sei in albergo – commentò in tono polemico la giovane

– non potrai rimanere a lungo, qui da me; stiamo organizzando per stasera una riunione

operativa per mettere appunto il modo migliore per nasconderti e farti scappare. –

– Devo raggiungere Bologna dove ci sono dei compagni che mi aiuteranno a lasciare il

Paese, procurandomi dei documenti falsi. Ma non ho soldi e non e consigliabile viaggiare

in treno. Le stazioni ferroviarie sono piene di polizia.-

– A questo penseremo, non preoccuparti; ma dobbiamo avere più notizie… ci devi dire la

verità : perché conservavi quell’esplosivo ? stavate preparando un attentato ? dimmi,

sei un cane sciolto, un fiancheggiatore o fai parte di un gruppo che opera in clandestinità ?

Il gruppo operativo della mia cellula vuole notizie ed informazioni da poter riscontrare

attraverso canali riservati, prima di esporsi – mentì, sperando che il bluff funzionasse.

Giulio rimase in silenzio per qualche istante. Lei intuì che stava riflettendo su cosa

risponderle ed aguzzò tutta la sua sensibilità.

– E’ pericoloso essere messi a parte di piani segreti, lo riesci a capire ? – rispose l’uomo

con tono di superiorità – potresti avere delle, diciamo “ noie ” , per capirci ; ascoltami è

preferibile che tu non sappia. Eppoi, i tuoi amici sono fidati ? –

Daniela si sentì ribollire il sangue dalla rabbia e lo interruppe aggredendolo verbalmente .

– Senti, grandissimo stronzo, chi cazzo credi di essere ! sei tu che sei venuto a cercarmi,

mettendomi in questo fottutissimo casino. Non credere di fare il furbo con me ! Questo

tono paternalistico da professore di scuola media usalo con le troiette che ti scopavi a

Panarea. Io sono una militante comunista e faccio politica, so capire quando si mena il

can per l’aia. Ora, o mi dici tutto quello che vogliamo sapere o in questo stesso istante

ti rimando da dove sei venuto e, là fuori, sono cazzi tuoi. E stai attento a quello che fai

perché in questo stesso fabbricato ci sono diversi compagni, pronti ad intervenire e, cre=

dimi, non sono simpatici quando si arrabbiano- Mentì ancora, ma talmente bene che

sarebbe stato difficile non crederle.

– Va bene, va bene, stai calma, cosa hai capito ? Non volevo mica offenderti. Se tu fai

parte del movimento, come dici, allora sai che la prima regola della clandestinità è quella

della autonomia dei gruppi. Non dovrei farlo ! ma non posso farne a meno. Ho bisogno

del vostro aiuto e poi mi rendo conto che, con l’aria che tira, ce n’è in giro di spie e di

provocatori. Dopotutto, quando ho accettato l’incarico me ne sono assunto anche i rischi

e non potevo pretendere che andasse tutto liscio come l’olio.

Io non sono in clandestinità o, almeno non lo ero fino a stamattina ; Non faccio parte dei

nuclei in modo organico, sono un fiancheggiatore. Il mio compito è, o meglio era fino a ieri

notte, quello di organizzare il supporto logistico, custodire il materiale e, se necessario,

consegnarlo secondo le modalità che mi venivano comunicate di volta in volta. Non riesco

a capire come siano riusciti ad arrivare fino a me.

Ci sto pensando da stanotte, sto cercando di capire se ho commesso errori.

Potrebbe aver parlato qualche compagno sorpreso in una caserma a sottrarre del

materiale. Non so che uso avrebbero fatto di quell’esplosivo; so solo che avrei dovuto

recapitarlo stamattina…. –

– Non ci credo – incalzò Daniela – tu sai molte più cose di quanto vuoi far credere .

L’esplosivo serviva per obiettivi strategici o civili ? E’ un’ informazione essenziale. –

– A me non danno mai queste informazioni…. ma ho sentito alcune frasi e penso, ma

è solo una mia sensazione, che stiano accumulando armi ed esplosivo in qualche posto

per essere pronti ad ogni evenienza… sai circola, sempre più insistentemente la voce

che stiano preparando, sul serio stavolta, un colpo di stato e che i carabinieri siano in

prima fila. In poche parole è un’azione preventiva e difensiva, anche se non è escluso che

qualche cosa possa essere stato o possa essere in futuro utilizzato, in azioni dimostrative.

Come sai, abito al Corso ed ho contatti col gruppo che opera sul Petraio; ma state attenti

ad avvicinarvi a quella zona : adesso sarà sotto controllo e piena di spie.-

Daniela rimase per qualche istante pensierosa riflettendo su quanto Giulio aveva detto :

poteva essere plausibile. Anche lei, all’interno di Lotta continua, aveva sentito qualcuno

accennare a quei fatti, ma sempre con mezze parole e frasi allusive.

– Ti risulta – lo interrogò ancora – se dirigenti di L. C. siano al corrente di queste attività

clandestine e se vi siano quadri della organizzazione impegnati in esse ? –

Sperava che Giulio potesse fornirle risposte a domande che si poneva da tempo.

– Non ti so rispondere – disse senza esitare il giovane – personalmente non ho mai

incontrato alcuno che facesse parte o dicesse di far parte di L. C. . Ma sai questo non vuol

dire niente, non basta ad escluderlo.-

Rimase delusa ; ancora una volta non aveva né conferme, né smentite al suo

sospetto che nell’organizzazione si stesse rafforzando la linea della clandestinità.

– Va bene. Riporterò quanto affermi e faremo le necessarie verifiche. Tu aspetta e stai

tranquillo. Fai attenzione a non fare rumori e a non farti scoprire. Sarebbe molto difficile

dare spiegazioni. Ritornerò stanotte. –

Andando via, chiuse la porta a chiave.

Era tormentata dal dubbio: le motivazioni sembravano credibili, ma temeva di essersi fatta

giocare da una persona, probabilmente, più scaltra ed avveduta di lei. Si stava convincen=

do di essersi lasciata trascinare in un’avventura ad di sopra della sua portata, col rischio di

ingigantirla, coinvolgendo tutto il gruppo.

La situazione era veramente molto delicata : le sue valutazioni avrebbero condizionato

le decisioni dei compagni influendo, nell’ immediato, sulla vita di una persona quasi sco=

nosciuta fino a quella mattina, ma che andava assumendo, ai suoi occhi, una fisionomia

dai contorni sempre più precisi.

Immersa in questi pensieri si avviò su per le scale, verso casa.

Sentì, ad un tratto, ai piani superiori, un pesante calpestio. Si sporse, incuriosita oltre la

ringhiera e guardò nella tromba delle scale, verso l’alto. Riconobbe due carabinieri in

divisa che scendevano rapidamente. Ebbe un sussulto. Il cuore cominciò a batterle

violentemente e, senza riflettere, salì di corsa i pochi gradini che la separavano dalla

uscita nella speranza di evitare i militi. Sfruttò i pochi secondi di vantaggio per correre

in giardino a nascondersi dietro il casotto dell’ impianto di riscaldamento centralizzato.

In quei pochi istanti le sembrò che il mondo le cadesse addosso ; immaginò che fossero

stati a casa sua, avessero perquisito la sua stanza, interrogato i suoi genitori, suo fratello;

ma l’idea che si trattasse di una pura coincidenza, in quegli attimi, non la sfiorò neppure.

Osservò i due soldati allontanarsi lentamente e raggiungere, dopo aver salutato il portiere,

l’auto di servizio in attesa davanti il portone.

Riflettè : non avevano l’ atteggiamento nervoso ed aggressivo di una pattuglia impegnata

in un’azione di repressione anti-terrorismo, e poi, erano in pochi…..impiegò alcuni minuti

a riprendersi dallo spavento. Respirò profondamente per riportare il battito cardiaco alla

normalità, ma non ci riuscì subito, affannava ancora. Pensò di assumere le informazioni

dal portiere. Si avvicinò alla finestra della guardiola e lo salutò :

– Chi cercavano i carabinieri, don Saverio ? –

Meravigliato da quella domanda l’uomo, che la conosceva sin da bambina, replicò in tono

bonario ed affettuoso : – sta’ tranquilla non sono venuti per te, Pasionaria – senza im=

maginare quale angoscia placasse quella risposta.

Si avviò verso le scale per tornare a casa ; guardò l’ora : era veramente tardi. Entrò

rivolgendo appena un mugugno di saluto alla madre che, abituata ma non rassegnata,

glielo rese con le consuete recriminazioni.

Si chiuse nella sua stanza e si stese sul letto, stremata dalla tensione nervosa. Sentiva

un forte bisogno di dormire. Cadde in un leggero dormiveglia, agitato da incubi e pensieri

angosciosi, durante il quale tutto le apparve più difficoltoso. Si ridestò con la voce della

televisione accesa nella stanza da pranzo. Ritornò lentamente alla realtà, superando lo

intorpidimento della mente e sentì l’ansia serrarle la gola. L’ora di pranzo era già passata

da un pezzo, ma non aveva fame. Distesa sul letto, allentò l’abbottonatura del jeans che le

comprimeva la pancia e riprese a pensare alla sua militanza in L. C. .

Doveva fare i conti con sé stessa e con le domande che da tempo la tormentavano e che

rifiutava di prendere in considerazione :

Se l’organizzazione avesse imboccato definitivamente la via della clandestinità ponendola

di fronte ad una scelta ? Se fosse venuta a conoscenza di fatti, di nomi pericolosi, di

circostanze che non avrebbe dovuto conoscere ? Come avrebbe dovuto porsi ? A

quali rischi sarebbe andata incontro ? Potevano essere vere le voci che narravano di

compagni eliminati perché divenuti un pericolo per l’organizzazione ?

Questi scenari, ritenuti ipotesi teoriche fino a quella mattina, andavano ora assumendo,

ai suoi occhi, la terribile concretezza della realtà.

Si trovò a pensare che, forse, il colpo di stato tanto temuto e paventato avrebbe potuto

essere la cartina di tornasole, eliminando dubbi ed incertezze e mettendo tutti i militanti

di fronte ad una scelta obbligata : la lotta armata.

La telefonata di Silvi arrivò prima di quanto avesse immaginato.

– Ti aspettiamo a cena. Vieni per le diciannove. Ci saremo quasi tutti – fu il messaggio.

Guardò fuori della finestra, era buio. Pensò all’estate, ai caldi pomeriggi passati in riva al

mare fino all’imbrunire : ne provò nostalgia e, per la prima volta, il timore che potessero

finire.

Uscì di casa comunicando alla madre che avrebbe fatto tardi e che non si desse pena di

rintracciarla in giro, dagli amici. Ma evitò di dirle dove andava… forse per un eccesso di

prudenza.

Raggiunse il sottoscala e si avvicinò alla porta della cantinola. Origliò e lo senti camminare,

nervosamente ; lo chiamò, a voce bassa, e gli chiese se avesse bisogno di qualcosa.

Lui rispose che aveva fretta di andare via di lì.

– Abbi pazienza e stai tranquillo, vedrai che al più presto troveremo la soluzione ; questa

notte passerò ad informarti – lo rassicurò andando via.

Quando fu per la strada s’accorse che non pioveva più e che il cielo si andava

rasserenando. Attese qualche minuto l’autobus alla fermata quasi deserta.

Il bus era stranamente poco affollato e trovò anche il posto a sedere. Si mise a

scrutare i visi dei passeggeri : gente semplice, normale, operai, mamme con bambini,

vecchi, ragazzi… ma era possibile che qualcuno immaginasse di usare quell’esplosivo

contro quella gente ? Rifiutò l’idea come un’improponibile follia.

Dopo qualche fermata scese e continuò a piedi il tratto di strada che ancora la

separava dalla sua meta.

Silvi aprì la porta e lei entrò con la consueta confidenza di chi è di casa, salutando

affettuosamente i genitori dell’amica.

Si avviarono, quindi verso la stanza dove erano raccolti i compagni ; erano già tutti pre=

senti : Silvi, Alex, Enri, Eloisa, Gigi, Anna, Walter, Sandro e, ora anche lei; mancava solo

Vale. Erano stati tutti informati, in linea di massima, dell’argomento ma erano ansiosi di

conoscere in modo dettagliato i fatti.

Parlavano a voce bassa tra di loro, scambiandosi qualche idea quando Gigi interpellò

Daniela, interrompendo il brusio : – Su, Daniela, dicci come stanno le cose e

cerchiamo di uscircene presto da questo casino. –

La ragazza rispose subito all’invito e, data per scontata l’informativa sui fatti, cercò di

essere stringata ed essenziale riportando, soprattutto, gli elementi scaturiti dalla sua

conversazione pomeridiana con Giulio, rimettendo alla valutazione dei compagni le

impressioni da lei riportate nel colloquio, sottolineando la richiesta del fuggiasco e la

esigenza, per tutti, che quella vicenda si concludesse rapidamente e nel modo migliore.

Fece presente che il rifugio attuale era poco sicuro in quanto improvvisato e questo espo=

neva lei, la sua famiglia (del tutto ignara), tutto il loro gruppo ad un grave

pericolo. Li invitò, pertanto ad esprimere il loro parere ed ad assumere decisioni operative.

Ci fu un nuovo, sommesso parlottare, alcuni accesero le sigarette, quanto di meglio

per aiutare una pausa di riflessione e la stanza cominciò a riempirsi di un fumo

azzurrognolo.

– Bene, – esordì Walter – credo che le notizie che ci giungono per il tramite di questo

compagno siano illuminanti. I nostri timori si vanno concretizzando ! La imminente

formazione di un governo di centro destra con a capo Andreotti e Malagodi non è altro che

la via più breve per spianare la strada al colpo di stato. Dobbiamo aspettarci di tutto nei

prossimi mesi e dobbiamo prepararci al peggio. Mi convinco sempre più che siamo

indietro, molto indietro, nella preparazione della difesa del proletariato. Ci balocchiamo

con le riunioni, qualche manifestazione di piazza ma, al momento opportuno che, tenete

presente non sceglieremo noi, ci verranno a prendere nelle case, nelle università, ci spa=

reranno addosso ( la polizia ha già cominciato a Roma ), per le strade e non credo che

potremo far conto sulla capacità dei revisionisti del PCI di organizzare la difesa proletaria

ed operaia nelle fabbriche e nelle scuole. Per quanto mi riguarda questo compagno va,

non solo aiutato a raggiungere il suo contatto al nord, ma anche convinto ad aiutarci ad

entrare in contatto con queste cellule sicuramente più informate e preparate di noi. Sta

diventando vitale .–

– Non drammatizzerei fino a questo punto – intervenne Gigi – a mio avviso proprio la

formazione di un governo di centro-destra può servire ad inibire l’intervento delle forze più

reazionarie in quanto dà maggiori garanzie al padronato. In genere i colpi di stato si fanno

contro governi centristi deboli o contro governi di sinistra. Quello che a me fa più paura è

un golpe strisciante, l’accentuarsi della fascistizzazione dell’apparato statale, il tentativo

di imbavagliare la classe operaia, di terrorizzare piccola e media borghesia con lo

spauracchio dei colbacchi sovietici alle frontiere. La pista anarchica di Piazza Fontana è

ancora in piedi. In ogni caso ritengo che non sia sbagliato prepararsi alla controffensiva,

anche se credo che si debba fare molta attenzione ai soggetti che si contattano. Questo

Giulio va aiutato a sottrarsi alla polizia. E al più presto. Condivido le preoccupazioni di

Daniela. Io sono pronto a partire, in auto anche stanotte: bisogna trovare almeno un

altro compagno e un po’ di soldi. –

Tacque e si guardò intorno. Estrasse dal pacchetto una sigaretta e l’accese tirando una

lunga boccata, aspettando che altri parlassero

Alex era riluttante. Temeva che le cose che aveva in mente di dire non

avrebbero trovato buona accoglienza; conosceva il modo di pensare dei suoi compagni e

anche in altre occasioni si era trovato in disaccordo. Cercò di leggere negli occhi di

qualcun altro le stesse sue perplessità. Anche gli altri tacevano, immersi nelle loro rifles=

sioni. Decise, allora di parlare, perché il suo silenzio non fosse scambiato per assenso.

– Ascoltate compagni, credimi Daniela capisco perfettamente la difficoltà della situazione,

ed in particolare quella tua. Apprezzo il tuo gesto, non avevi scelta : l’hai considerata

una via obbligata, e giusta mi appare la decisione di consultarci ; e proprio per questo

sento il dovere di essere chiaro. Ciò che può apparire giusto sotto la spinta di fatti impel=

lenti, può non esserlo alla luce di una valutazione politica più complessiva ed attenta : per

questo esiste il collettivo. Non credo che il nostro compito stasera sia solo quello di trovare

una soluzione operativa. Dobbiamo capire se è giusto quello che stiamo facendo e le

implicazioni che avrà il nostro operato sulle opzioni future.-

– Non capisco dove vuoi arrivare, spiegati meglio – lo interruppe polemicamente Walter.

– Se stai più attento e mi fai finire c’è qualche speranza che tu capisca – ringhiò Alex che

non provava molta simpatia per lui.

– Dai, fatelo continuare – fu l’esortazione degli altri.

– Non possiamo meccanicamente separare l’esigenza di fornire aiuto ad un compagno in

difficoltà dalla valutazione del suo operato. Costui, uno sconosciuto fino a ieri, maneggia

esplosivi, li trasporta e non sa nemmeno che uso ne sarà fatto. Mi lascia perplesso. E’ un

tramite per operazioni a noi ignote, manovrato o diretto da cervelli e volontà a noi

sconosciuti. Ma avete dimenticato che è in preparazione lo sciopero generale dei metal=

meccanici ?, che a Roma la polizia ha sparato ed ucciso ed è sotto accusa ? che la destra

ha bisogno di alibi per giustificare la sua violenza ? Lenin ci ha insegnato che il terrorismo

non ha mai avuto il diritto d’asilo nella concezione rivoluzionaria della lotta di classe. Eppoi

non dimentichiamoci di Piazza Fontana : le bombe le hanno messe i fascisti ed i servizi

segreti e vogliono far credere che le abbia messe la sinistra. Riflettiamo ed andiamoci

molto cauti, i provocatori di professione sono quelli con i volti più comuni e rassicuranti.

Inoltre, anch’io temo molto il colpo di stato : sarebbe atroce ricadere in una guerra civile,

e non credo che il movimento sarebbe, comunque, con i mezzi a sua disposizione in grado

di fronteggiare la repressione… sarebbe un bagno di sangue. Non credo si potrebbe

prescindere dalla forza e dalla capacità di mobilitazione del sindacato nelle fabbriche, e

dalla forza organizzata del PCI, sul territorio.-

– Già, adesso affidiamo la difesa del proletariato ai revisionisti della CGIL e del PCI, ma

dai Alex, l’unica è armare gli operai – intervenne Gigi.

– Ne sono convinto, ma credo non si possa prescindere dall’influenza che la CGIL ed il

PCI esercitano sulle grandi masse operaie e popolari. D’altro canto guarda l’appoggio che

Fidel Castro sta dando a Unidad Popular di Salvador Allende in Cile in vista delle elezioni

politiche di marzo– ribattè Alex.

– Stai dicendo che dovremmo consegnare questo Giulio bello e impacchettato ai cara=

binieri solo perché ce lo ordina il PCI ?- fece in tono sempre più provocatorio Walter.

– Sai benissimo che non intendo questo, non fare lo strumentale ! Ma da qui a

imputtanarci mani e piedi, completamente allo scuro sui rischi che corriamo, non ci sto !

Diamogli dei soldi e lasciamo che se la sbrighi da solo.-

Alex sapeva che le cose che stava dicendo non avrebbero trovato un’entusiastica

accoglienza da parte dei suoi compagni e lesse nello sguardo di alcuni di essi

perplessità e diffidenza.

– Mi pare stiate esagerando entrambi ! – Era Enri a parlare. La sua voce pacata, ed il

sorriso appena nascosto dalla folta barba, catturarono l’attenzione.

– Come militanti comunisti abbiamo il dovere di dare aiuto ad un compagno

perseguitato dallo stato borghese. Non possiamo far finta di niente. Sappiamo di non

essere in grado, né stasera, né in tempi rapidi, di assumere le informazioni utili a farci una

idea sufficientemente chiara delle attività di questo gruppo clandestino; e, d’altro canto

dobbiamo allontanarlo, al più presto perché potrebbe essere molto pericoloso, per tutti…

provocatore o no, secondo me dobbiamo aiutarlo ad allontanarsi. Propongo una colletta

con la quale raccogliere i soldi necessari, vanno bene trentamila lire ? e poi accompa=

gnarlo in auto in un posto da dove far perdere le tracce.-

– Ha chiesto di poter arrivare a Bologna, dove ha delle conoscenze – precisò Daniela.

– Sono d’accordo con Enri – riprese Alex – dal punto di vista pratico. Ma vedo che nes=

suno di voi ha la volontà di affrontare il problema politico che ho posto.-

– Ma i tuoi, più che problemi politici mi sembrano scrupoli piccolo-borghesi – incalzò

Walter.

Alex sentì la rabbia torcergli lo stomaco ma cercò di controllarsi. Mise a fuoco in quel mo=

mento l’istintiva antipatia che provava per lui. Aveva già notato che era attratto da Silvi e

pensò che, forse, il suo atteggiamento era dettato da una sorta di pavoneggiamento.

Ne provò gelosia e gli rispose in tono sarcastico ed aggressivo : – Perché non te lo sposi

e lo porti in viaggio di nozze alle Hawaii. Così ti può capitare che ti svegli una mattina con

una bomba tra le chiappe. _

– Ma smettetela con queste cazzate – insorse Daniela visibilmente tesa – le valutazioni

possiamo rimandarle a dopo ; adesso si pone il l’esigenza prioritaria di farlo dileguare.

Non posso più nasconderlo in casa mia. Siamo tutti nella stessa barca… se arrivano a me

arriveranno presto anche a voi. Propongo di mettere ai voti la proposta di Enri; propongo,

inoltre, che Walter accompagni domani Giulio a Bologna con la sua auto. Chi ha disponibi=

lità di denaro contante anticiperà i soldi, poi sarà rimborsato.- concluse in tono deciso.

Era chiaro che l’ansia e il timore per i risvolti più rischiosi di quella faccenda dominavano i

pensieri e le decisioni di quei giovani ; ne stavano assumendo consapevolezza.

Restarono in silenzio per diversi minuti, guardandosi reciprocamente, nel tentativo di

interpretare l’orientamento degli altri prima di esprimersi.

Fu Silvi la prima ad accogliere favorevolmente la proposta dell’amica. Non era intervenuta

nella discussione, rimanendo immersa nella riflessione sugli avvenimenti della giornata e

desiderava che tutto si concludesse nel più breve tempo possibile, senza lasciare

strascichi.

Dopo di lei altri, chi più, chi meno argomentando, ma il consenso si stava manifestando

abbastanza ampio.

Ad un tratto la porta della stanza si dischiuse leggermente lasciando intravvedere il volto

della padrona di casa che, dopo aver invitato gli astanti a fumare di meno ed ad aprire la

finestra per dare aria alla stanza, annunciò Patti, invitandola ad entrare.

Il saluto aperto e cordiale della giovane donna, inconsapevole della tensione della

discussione, incontrò il malcelato stupore degli altri.

– Ciao a tutti, scusatemi, non volevo interrompere la vostra discussione ma cercavo

Alex.- Mi avevano detto che ti avrei trovato qui. –

– Si, infatti, ma non mi aspettavo che mi cercassi – replicò Alex.

– Se siete impegnati aspetto che abbiate terminato – propose seraficamente Patti senza

immaginare quanto questa ipotesi sconvolgesse gli astanti.

La delicatezza dell’argomento non consentiva presenze estranee. Alex percepì l’imbarazzo

dei suoi compagni, interpretandone la muta richiesta di essere messi in condizione di

poter concludere rapidamente la discussione con decisioni operative.

Alex lesse negli occhi di Daniela un moto di disappunto, come un invito ad allontanarsi

portando con sé la sua ragazza.

Non stette a pensarci più di tanto. Per quanto lo riguardava, la discussione era già

praticamente terminata. Capì che l’ esigenza di chiarire con i suoi compagni il senso

delle sue parole, in un confronto più pacato e sereno, doveva essere rinviato ad

un’occasione più propizia.

Si accomiatò e, presa Patti sotto il braccio, uscì dalla stanza ; un sommesso, graffiante

commento di Walter li accompagnò, ma solo lui ne comprese il senso.

Patti non era un’estranea; ma non faceva parte del loro gruppo. Non la pensava come

loro e, ai loro occhi era condizionata da una madre e da un fratello carabiniere

troppo invadenti, ingombranti ed onnipresenti. Per questo motivo il suo inaspettato arrivo,

in quel frangente, era stato valutato come un pericolo.

Le decisioni furono assunte senza dissensi rilevanti. Furono, poi, discussi i particolari,

fissati orari antelucani. Daniela avrebbe informato Giulio e ne avrebbe preparato la

partenza, provvedendo a fornirgli il necessario per il viaggio fino a Bologna. Le istruzioni

per Walter furono molto precise: accompagnare il terrorista nella città emiliana, evitando

soste prolungate in luoghi affollati, senza lasciarsi coinvolgere in contatti con alcuno.

Daniela si congedò dai compagni dopo aver preso gli ultimi accordi ed aver concordato

con Walter l’ora dell’appuntamento. Mentre gli altri cercavano di allentare la tensione

della serata ascoltando un pò di musica e dedicandosi ad una conversazione meno

impegnativa, lei non volle trattenersi oltre : aveva molte cose da fare ancora.

Tra tutti, lei aveva vissuto quella esperienza in modo più diretto e coinvolgente.

La decisione presa aveva contribuito a rasserenarla, anche se restava ancora da portare a

termine il compito di organizzare la partenza di Giulio. Cominciò, mentalmente, ad

organizzare i dettagli e decise di fare a piedi il tratto di strada che ancora la separava da

casa sua per aver più tempo e calma per riflettere. Passò davanti ad una pizzeria e un

invitante odore di frittura le risvegliò l’appetito, sopito dalla tensione della giornata.

Entrò, godendo del piacevole tepore ; pochi avventori sedevano ai tavoli e mangiavano

parlottando tra loro. Si avvicinò alla cassa e ordinò una pizza, anzi due pensando

al clandestino da sfamare : avrebbe così evitato di racimolare il cibo in casa, col rischio di

suscitare sospetti o domande inopportune.

Uscendo, l’aria della notte le sembrò più fredda, forse a causa della stanchezza e dell’

allentamento della tensione.

Sovrapensiero, si ritrovò davanti al portone di casa. Aveva le mani occupate

e con difficoltà riuscì a tirare fuori le chiavi dalla tasca ed ad aprire il portoncino di legno.

Attraversò il cortile, deserto a quell’ora e ripensò ai momenti di angoscia vissuti quella

mattina; ma i rumori ovattati e familiari provenienti dalle finestre ancora illuminate

contribuirono a rassicurarla. Ebbe un attimo di indecisione : salire a casa o recarsi

direttamente nel cantinato a trovare Giulio ? Istintivamente guardò l’ora e solo in quel

momento si rese conto che erano quasi le dieci. Si affrettò per evitare che le pizze si

raffreddassero del tutto.
Evitando di fare rumore raggiunse il locale dove era il giovane il quale, per la noia della
attesa si era addormentato. Entrò, richiudendo la porta alle sue spalle, a chiave. Si avvi=
cinò e sedette sul bordo della brandina toccandogli, con delicatezza, una spalla. Il giovane,
probabilmente distolto da un sogno, si destò di soprassalto e, smarrito, faticò alcuni
secondi a riconoscere il posto.
In quel frangente il giovane terrorista le apparve in tutta la sua naturalezza, indifeso e
vero e provò tenerezza per lui. Lo salutò esibendo un voluto distacco, invitandolo a
mangiare subito quel cibo già freddo. Divorarono le pizze e guardandosi reciprocamente
in viso, scoppiarono, all’improvviso in una risata : l’avidità di quel pasto aveva trasfigurato
i loro volti in comiche maschere.
– Abbiamo deciso che partirai domattina, molto presto ; verrò a svegliarti alle cinque e
mezza – e continuò – farai il viaggio in auto fino a Bologna. Li, ti d i l e g u e r a i . Non
deve rimanere traccia del tuo passaggio.
Non conoscerai nemmeno il nome del compagno che si è offerto di accompagnarti.
In viaggio dovrai evitare, in tutti i modi, di esporti o di farti
vedere e riconoscere in sua compagnia . Sappi che ci copriremo a vicenda, tra di noi, per
cui non provare a tirarci in ballo, nel caso ti arrestassero. Tu qui non sei mai stato.
Abbiamo raccolto cinquantamila lire… potranno servirti per lasciare l’Italia… oppure per
nasconderti, da domani mattina saranno problemi tuoi.-
– Vedo che siete stati rapidissimi nel mandarmi fuori dalle palle – replicò Giulio in tono
astioso – faccio tanta paura anche a voi ? Il terrorista, già il T-E-R-R-O-R-I-S-T-A …
quello che fa scoppiare le bombe. Una gamba qui, una testa lì, una mano senza dita….
Che orrore!!!! Ma anch’io ho paura, cosa credi ? quando trasporto il carico, non mi diverto

mica ! faccio la mia parte. Ora, per qualche coglione o, peggio, spia che ha parlato mi
tocca scappare, nascondermi, uscire solo di notte…. Chissà quando potrò tornare….-
Tacque.

Daniela non si aspettava quella reazione. Rimase in silenzio. Si ricordò di quando lo aveva

conosciuto. Gli era sembrato, da subito, un tipo strano, non aveva provato simpatia per

lui. Quella proposta di posare nuda, poi, non l’aveva proprio digerita ! Ma chi cazzo

credeva di essere, Picasso ? Ma ora lo vedeva sotto un’ altra luce, lo percepiva indifeso, in

un ruolo, forse, troppo grande per lui, per quelle che valutava le sue capacità, la sua

personalità. Addolcì il tono della voce ricordandogli che quello non poteva essere un

nascondiglio sicuro, che non c’era spazio per lui, in quel posto, che lei non era attrezzata

per nascondere un clandestino ricercato, col rischio di coinvolgere molte persone ignare

ed innocenti ; eppoi, doveva essere cosciente che i rischi se li era scelti lui e avrebbe

dovuto accettarli e che dopotutto, forse, poteva considerarsi un fortunato in quanto lui

aveva già fatto il salto, passando dall’altro lato della barricata mentre molti altri correvano

il rischio di esservi spinti, loro malgrado, dalla violenza della reazione.

Giulio la osservò, gli occhi appesantiti dal sonno, non sapendo cosa pensare… era confuso.

Si prese la testa fra le mani… avrebbe desiderato fare l’amore lì, su quella brandina, con

quel freddo, ma non osò chiederglielo.

– Vorrei dormire qualche ora prima di partire – biascicò senza riconoscere la sua voce e

s’addormentò.

Pensò lei a svegliarlo, quando ancora era buio, perché fosse puntuale all’appuntamento.

Vide l’auto allontanarsi; l’avrebbe rivisto per caso, vent’anni dopo, ironia della sorte,

ad una mostra d’arte. Ma allora nessuno poteva prevederlo.