Quanto vicini, quanto lontani.

Ho sentito storie severe, ho sentito storie irripetibili e storie che non avrebbero avuto un futuro, si fermavano sempre alla solita virgola, sempre alla solita curva, per poi soffocare in un vicolo cieco, in una strada chiusa. Il muro alto, quella montagna di sentimenti insormontabile, quella catasta di emozioni, percezioni, sensazioni, influenze esterne, esperienze, fatti vissuti o solamente subiti e poi scivolati addosso come pioggia tiepida d’agosto, quando l’aria profuma e il vento è caldo, quando la maglietta è zuppa, completamente fradicia e impregnata, le gocce d’acqua perdono l’equilibrio e cadono dalla punta dei capelli per finire il loro salto, quell’impercettibile volo, proprio dentro all’occhio, quello che già tieni aperto a fatica.
Quella montagna era l’uomo. L’uomo, ognuno diverso e ognuno con il proprio viaggio, ognuno senza eguali. Ho sentito storie di uomini crudeli, di uomini buoni e storie che non avevano nulla di dire, così tedianti, forse addirittura inutili. Ho sentito storie di amori effimeri, di sentimenti contorti e confusi, nascosti fra le nuvole di fumo di sigari cubani nei peggiori bar di Caracas, ho sentito storie di vita e di morte, ho sentito storie dove la luce e il buio si alternavano come il giorno e la notte, dove si faceva a cazzotti per una partita di calcio e dove si stava muti per un sopruso, per una violenza subita, per un inaccettabile ricatto. Ho sentito storie di uomini grandi anche se alti un metro e cinquanta, di uomini-eroi che si alzano alla mattina presto quando ancora albeggia e la luce lotta per nascere ancora, ancora una volta e illuminare un mondo che, talvolta, meriterebbe solo di essere abbandonato e al buio, come i bambini in punizione chiusi nelle loro stanzette che per protesta e per far sentire in colpa i genitori, rei di averli ripresi con toni troppo duri, tirano giù le tapparelle, chiudono i battenti e si raggomitolano con le ginocchia che premono nello stomaco e le mani consorte, in un angolino appoggiati all’armadio.
Ho sentito storie di inaudita crudeltà, di follia, ho sentito storie alle quali è quasi impossibile credere, storie di ordinaria pazzia, a volte è tutto molto, troppo semplice, allora basta aprire il giornale per accorgersi che la nostra società si sta lentamente sgretolando sotto l’impulso di forze troppe forti e coinvolte e impregnate nel nostro vivere che saranno montagne insormontabili, cambiamenti impensabili, utopistici nella loro semplicità. Vorrebbe un cambio di rotta questo mondo troppo proteso verso la ricchezza, verso l’apparire piuttosto che l’essere, questo mondo dove ci si ammazza per pochi minuti di notorietà, dove l’altro rappresenta un pericolo, un rischio che è meglio non correre. Ci rinchiudiamo nel nostro individualismo, nelle nostre stanze con poche persone prescelte, non abbiamo più il coraggio di lottare con l’altro e per l’altro, perché siamo abituati all’usa e getta, unica filosofia di vita. Le persone sono ormai diventate lamette.
Ho sentito storie che, però, lasciavano un segno, una cicatrice profonda all’interno di un cuore ferito, sanguinante ma ancora tanto forte da poter credere in qualcosa, in un sogno, in un desiderio ora lontano, ora vicino, ma vero, reale. Storie piene di passione e amore, quello vero, quello delle farfalle nello stomaco, storie di riconoscenza, di perdono, storie di ritrovata umanità. Il nostro post-modernismo è un paradosso immenso e siamo menti confuse e manipolate, costantemente alterateda media e governi, da chi ci da informazioni sbagliate e chi ci dice solo quello che vuole dirci; cerchiamo l’emancipazione ma poi ci cataloghiamo tutti attorno ad un singolo pensiero e guai a vedere le cose da una prospettiva diversa. Siamo alla ricerca del benessere ma ogni giorno, ogni minuto, noi occidentali calpestiamo senza alcun ritegno o senso di colpa i diritti degli uomini, degli altri uomini che ci circondano, che popolano il nostro stesso mondo. Siamo tutti sotto lo stesso cielo, le stagioni si alternano, i giorni nascono e muoiono, vulnerabili come noi e non riusciamo a renderci conto del male che facciamo nei luoghi che percepiamo come lontani, ma che in realtà sono più prossimi di quanto possiamo solo immaginare. Voglio credere nell’umanità che si alza in piedi, sale sulla sedia e inizia a far valere il valore di ciò che è veramente. Abbiamo il potere di cambiare le cose, di essere protagonisti di tantissime storie che racconteremo, queste rimarranno per sempre nel grande libro scritto dalla storia, partendo dal nostro angolo di mondo influenzando anche chi è vicino a noi, ma non se ne accorge.
Perché noi uomini siamo unici. Siamo la nostra luce e il nostro buio contemporaneamente.


Verde.

Nel fango sporco della vita
solo quel verde dei tuoi occhi può salvarmi.
Verde smeraldo, azzurro e poi grigio,
àncora di salvataggio, spiraglio di salvezza,
attimo eterno di gioia
mentre affogo nella desolazione dell’esistenza.
Sono albero d’autunno, sono mare d’inverno.
Ora, mi rimane solo il tuo verde
riflesso nelle onde in burrasca.


Sussulto.

Io guardavo te,
tu guardavi me
dolce fanciulla, scura la pelle
pura e profumata.
Che altro di meglio
potevamo veder ?

Un breve sussulto poi la sofferenza
breve il tempo del piacevole stupor,
disillusione e calante pazienza
come il sole sull’orlo del tramonto
bacia il mar e spegne il mondo.
L’occhio ingenuo del bambino,
brilla esplorando lo sconosciuto:
ed ecco quel sussulto,
illogico, intenso, occulto.
Uno sguardo appena
arriva l’amor come altra pena.