Dagli errori, il fiorire

Nella distesa radura giaci sereno,

imponente la mole,rasserenante la chioma,

doni ombra e quiete a chi d’angoscia è pieno,

il deserto a te chiede balsamo,anche una goccia sola.

D’improvviso,muti,non comprendi,

senti invaderti nei tuoi meandri,

pustole e bubboni ti strappan dolore,

oltre all’immagine,è mutato il tuo odore.

Ansia,panico,paura,figlie degli errori,ti turbano,

la tua ombra non puoi concedere più a qualcuno.

Le radici son compresse,la tua figura indecisa,

odi il turbamento che tartassa,ma la soluzione è decisa.

Non opporti all’invasione che rimpasta,

le ferite rigenerano la tua crosta,

solo accettando e lasciando scorrere,

vedrai il guadagno accecare il perdere.

Bubboni di fiori eran quelli,

accogli gli errori come gioielli,

brillerai nuovamente,rinnovando il riflesso,

a tratti esiterai a riconoscer te stesso.

Ora che il tuo profumo è permutato,

la tua forza più grande hai partorito,

più solenne e gioioso per gli altri sarà il tuo apparire:

l’unica cosa da fare è lasciarti fiorire.


 

 

La svolta

 

Toccato il baratro,il fango toglie il fiato,

ti dimeni trepidante per un filo d’aria,

il timore più grande d’esser già annegato,

dall’equilibrio perduto,rinasce fiamma primaria.

Fuoco che accende e scioglie

strette redini di cui sei schiavo,

brama di riemerger,convogliar tutte le voglie,

sentore di cambiamento,spinta immane,

fuori dalla melma:la svolta finale.

Mai più asservito ad una gabbia,

elemosinando cibo dalla volontà altrui,

dispiega le ali con fervente rabbia,

spiccando il volo dai vicoli bui.

Il tuo sguardo marziale,imperioso,

l’embrione d’un dio si insemina pretenzioso,

perché tu voli alto sopra ogni barriera,

patirai fame d’aquila,ma l’anima è leggera

e sceglierai tu la preda,sorvolando ogni meta.

Hai preso il volo,perché eri in contro vento,

affinchè un urlo di rabbia non morisse in pianto.

Nulla abbatte il tuo vigore,nel costante salendo,

spirito divino,amore riscoperto,

passione e fervore verso il mondo,

in ogni azione,gesto o sogno aperto.

Repentino scenderai a tirar su qualcuno,

che la gioia di viver non ha appreso da nessuno.


 

 

Lo spegnersi dell’avrei…

 

E’ la pietà dei loro iridi a sbrogliare ogni dubbio:

sto per uscir di scena.

Greve e molesto l’ultimo pensiero che trapela,

tento invano di dar segnale d’esserci,

penso, odo, non muovo, ma vedo.

Assisto da spettatore la mia ultima fermata,

del tentar reazione è stata privata.

Avrei, forse, dovuto baloccar di più, non solo bambino?

Avrei, forse, dovuto palesar quella brama di un bacio?

Avrei, forse, dovuto togliere le redini all‘ilarità?

Avrei, forse, dovuto compiacermi d’un’onda,

d’una brezza mattutina, del tepore corporeo,

ora che son cereo e gelido, come marmoreo?

Avrei, forse, dovuto urlar il diletto dell‘amicizia?

Avrei, forse, dovuto correr senza fiato ascoltando il sudore,

bruciar le sentenze altrui, sparare a tutti le mie parole,

vibrar del piacere d’ogni gesto,  persino quel che duole,

meglio la fitta d’ogni mossa, che da inerte carcassa?

Avrei, forse, dovuto lanciar nell’oblio il peculio,

bagnandomi del coraggio di un visionario,

che insulti e biasimi potrà subire,

ma credendoci non sentirà il patire?

Avrei, forse, dovuto muover gli occhi e l’animo altrove,

essendo d’ausilio anche per un sol battito di cuore?

Avrei, forse, dovuto irraggiare più spesso il mio sorriso,

perché fosse luce e sollievo di qualsiasi viso?

Avrei, forse, dovuto render grazie mai abbastanza,

il riconoscente  assapora tesori più della ricchezza?

Avrei, forse, dovuto metterci sempre tutto me stesso,

questo è il divario tra vivere o esistere nel complesso?

Avrei, forse, dovuto…e tutto insieme pesa tanto.

Pesa troppo, mi rende muto. E’ questo avrei.. ormai spento!