Oltre la collina sopra la montagna

c’è chi piange, chi grida, chi geme e chi sbaglia.

Le donne e i bambini che cadono a terra,

gli spari, le grida è iniziata:

LA GUERRA.

 

Partiva di Maggio il giovane alpino

gavetta e fucile teneva vicino,

paura e speranza portava nel cuore

temeva la morte e il suo lato migliore.

E fra le colline, le valli e la steppa

corre l’alpino, non si ferma, ha fretta.

Rimbomba il suo cuore dentro la testa

paura lo affligge ma rimane all’erta.

Una scarica arriva e un’altra rimanda

cade a terra il nemico senza nessuna domanda.

Ti chiedi chi sei e chi era il soldato

caduto a terra col tuo stesso peccato.

Stringesti il fucile con mani tremanti

guardasti il nemico con occhi spiacenti.

In guerra si spara, si piange, si muore

tutto finisce ma rimane dolore.

 

E’ brutto morire in un giorno di Maggio

ci vuole tanto, troppo coraggio.

Buttasti il fucile con grande premura

come un uomo che stanco, non ha più paura.


 

Pioggia Fredda

Incarna valori di caldo passato sull’Etna.

 

Pioggia Lieve

Bagnata e irrigata di teschi e di morte.

 

Pioggia Bagnata

Oceano di stelle marine sommerse.

 

Pioggia Dritta e Verticale

Montagna ruscello che sale.

 

Pioggia Invisibile

agli occhi assenti di una talpa sul prato.

 

Pioggia Stanca

che scendi

cadendo su un campo bagnato.

 

Pioggia Legata

in nodi d’invisibile ossigeno.

 

Nodi e chiodi di cielo.

Aghi di pino.

 

PIOGGIA


PESCO D’INVERNO IN FIORE

 

Oggi, dopo tanto ho visto un pesco in fiore. Era così maestoso sano, raggiante. L’ho invidiato. 

Sentivo il suo profumo trasportato dal vento che mi sussurrava all’orecchio, era un sibilo, passionale, reale. Mi sfiorava i timpani, feroce come un leone contro una gazzella ma allo stesso tempo era così possente e presente.

Mi ha guidato finché l’ho trovato quel pesco felice che cantava a mezza voce. 

I suoi fiori, sbocciati di prima mattina dopo la brina dell’inverno, erano di un rosa pallido, con sfumature quasi di cielo all’aurora, quasi coralli e conchiglie appese a uno stelo e ancora mi chiedo come? Come posso fare per sbocciare cosi, dopo la brina di prima mattina come quel pesco?

E lo guardo da lontano, stando al di là della strada, non voglio recargli offesa coi miei pensieri torbidi, neri. Con la mia invidia fatale, mortale. Vorrei farlo mio quel pesco nel giardino e chiedergli aiuto, forse mi può dire come sbocciare, ma come se non riesce a parlare?

Forse è il vento, il messaggero, mi sussurra parole che mi fanno arrossire, poi mi scende una lacrima e cade, s’infrange sull’asfalto, tic. In quella lacrima vedo le emozioni ruotare in un turbine come se fossero un tornado nel mare, ed è cosi inebriante il piacere che il vento mi fa provare. Mi racconta mille avventure, le storie del tempo e mi parla di un’altra ragazza che come me amava sognare e capisco che non sono sola, è l’Aurora. 

Mentre, in compagnia cammino, allontanandomi dal pesco, lo sento il suo sguardo nel mio, ma non riesco a sostenerlo, sono sporca d’invidia, ancora, nonostante il soffio del vento continui a raccontare. 

Svolto l’angolo. Non lo vedo più quel pesco, ma sento che il suo essere perfora il muro e l’atmosfera, cresce in me la voglia di abbracciarlo, di odorarlo.

Mi fermo un’istante a pensare al momento precedente, quando pensavo alla bellezza di quel pesco e capisco: anch’io voglio essere l’essere  che perfora l’atmosfera, voglio brillare al sole, voglio essere guardata e ammaliare, voglio profumare e sbocciare dopo la brina la mattina. Voglio essere come il pesco, fresco e presente, accogliente. 

Un pesco 

d’inverno 

in fiore.