La gente della notte

 

Rumori di voce della gente notturna

che in un attimo si perde in un bicchiere d’oblio.

Strisciano e serpeggiano,

non si fermano davanti a nessuno.

Nelle case rimbombano,

dei bambini svegliano il sonno,

impavide anime senza pudore,

strette strette alle pareti per ore.

Non si curano di sguardo alcuno,

non si voltano né odono nessun suono

intenti in discorsi e a stretti denti

parole escono dalle lingue pendenti…

chi stringe la dannazione sul palmo

chi ne aspira il piacere mondano

chi seduto riflette al movimento

di un esile corpo vagante e nero…

nero il volto di chi ne è immerso

questo mero tempo non è più terso!

e spinge e stringe, strazia il cuor che finge

obliqui volti inclini al male che stride…

non c’è luce né barlume,

la luna fugge e si nasconde,

stelle fredde sul manto oscuro

cedono spazio a quel vile buio..

brillano i cristalli su piani lignei

vibrano ancor sulle nostre mani.

Brindiamo amore!

Al piacer mondano!

Ci abbraccia e ci illude

e che io ne sia lo schiavo…

danza ancora e non fermarti

possa io prenderti e portarti

lassù dove il mondo si nasconde,

dove le parole si scrivono da sole…


 

 

Mai lo scoramento

 

Elena,

ancor tu pensi se vivere

questo sogno, come tale

che sia questo nostro incontro,

sia altro che vicino

alla realtà che intorno

ci offre doni,

sì che noi non meritammo!

L’umana specie è lontana

da ciò che si pronuncia

essere verbo vero

e altri non comprendono

e a tale limite pongono,

ché altro non possono,

il loro palmo infermo!

Lasciare che il mondo

si muovi da solo,

lasciare che scivoli su di noi

questo vento impetuoso,

lasciar’ il mito,

la vana speranza,

la cruda lungimiranza!

Lasciar lo manto

del Dio giudizioso,

lascia che sia il tuo spirito

a guidar’ il tuo gioco, Elena!

È il momento questo

nel quale il mondo

va oltre ciò che noi pensammo

non potesse essere il vero.

Tempo ingordo

delle umane gioie,

vorace più di un famelico

altro mostro immondo,

non si ferma al nostro comando,

né può l’uomo, che tanto impavido

si crede, ordinar’ al Sommo

che fermi tanta furia!

La gioia mai si spenga!

Mai credere di essere

i padroni del tutto,

mai cercar lo strazio,

né soccombere al suo freddo abbraccio!

Mai pensar al domani,

incerto esso, più del punto

in cui presumi una foglia

cederà al vento!

Ramment’io a te, dolce creatura,

che né della vita sappiamo

aver inizio il suo corso,

né quando il mondo

la nascita sua ha visto,

quand’ancor in ombra il tutto

sommerso era,

per volontà del Giusto.

Allor credi ancora

che tale incontro

mai potesse essere vero?

Che mai può l’uomo

credere a ciò ch’ei non vede?

Che mai io potessi

donare a te, il giorno in cui ti vidi,

lo scalpitante mio cuor?


Notturne

 

E se accarezzo

quest’arido mio ricordo antico

m’accorgo che niente più di esso

giova all’anima mia…

io che di vagar’ ormai

non sono più sazio!

 

E tra le stelle più luminose del firmamento

tu brilli

d’una luce che tutte invidiano…

che tutte vorrebbero…

che nessuna avrà mai…

allora al tuo abbraccio io cedo!