È vita ciò che placido scorre

È vita ciò che placido scorre
inesorabile nelle membra.
Il suono soave di una limpida risata.
È vita l’alito tuo caldo sulla mia pelle.
Un bacio bramato
ch’apre un universo di scintillanti stelle.


Flavia

Uscita dall’autostrada iniziò a scendere, costeggiando meravigliosi campi lilla e dorati.
Tirò giù il finestrino, nonostante il notevole caldo di un pomeriggio di metà luglio e un’ondata fresca di profumi invase l’abitacolo.
I Temper Trap cantavano Sweet Disposition e lei si sentì subito a casa.
Le vacanze erano finalmente arrivate e per Flavia questo significava solo due cose:
la sua meravigliosa casa in Provenza, vicino a Marsiglia e molto tempo da dedicare alle parole.
Numerosi libri la aspettavano su quelle mensole e il suo romanzo attendeva di essere completato.
Aspettava quel periodo tutto l’anno. Quel piccolo angolo di paradiso sperduto tra i campi.
Non tardò ad arrivare sullo sterrato e parcheggiò. Quando uscì dall’abitacolo, la brezza che poco prima era entrata in auto la avvolse, come una gentile carezza, un abbraccio di benvenuto.
Il profilo della casetta di mattoni faceva ombra all’altro lato del vialetto, si avvicinò e ne accarezzò la parete ruvida e rabbrividì per la frescura. Si tenne con una mano il cappellino di paglia nuovo e tornò a sorridere con il viso verso il sole.

Un paio di mici le vennero a dare il benvenuto miagolando e strusciandosi contro le sue gambe, una volta che uscì sul patio. Il giardino, ben curato, delimitato dallo steccato bianco troneggiava smeraldino contro il contrasto dorato e lilla della sua amata campagna.
Quei campi dove correva ridendo spensierata, gli stessi campi che, abbattuti da un temporale estivo assistettero a quel meraviglioso bacio con l’uomo che amava più di ogni altra cosa, quando le chiese di sposarla.
Lo stesso che ora la stava aspettando dondolandosi sulla loro amaca con una limonata fresca. Filippo era partito prima di lei per farle trovare la casa in ordine e pronta per il suo arrivo.
Si scambiarono uno sguardo lungo una vita, poi si corsero incontro e lei gli si gettò tra le braccia.
Il bacio tanto desiderato e l’offerta di un bicchiere di limonata la aiutarono a calmarsi. Si agitava sempre, meravigliata come una bambina che vede per la prima volta il mondo con i suoi grandi occhioni.
Ogni volta che tornava lì una scarica di adrenalina pervadeva il suo corpo, emozioni intense e meravigliose si facevano largo nel suo cuore.
Era il terzo anno consecutivo che passava le vacanze lì, con lui. L’amava e sapeva che per lei era di vitale importanza rilassarsi tra quei campi. Poi lui adorava immortalarla tra quelle spighe di lavanda e grano. Facevano lunghissime passeggiate e raccoglievano cesti violacei per profumare la casa.
La sera si stendevano sull’amaca e lei gli leggeva sempre i suoi scritti. Lui ascoltava silenzioso, con gli occhi chiusi, immaginandosi e rendendo reali le vicende che lei narrava.
La mattina invece si svegliavano a turno e preparavano la colazione che consumavano su quel bianco tavolino di ferro, seduti comodamente sulle sedie in coordinato, con i cuscini soffici che avevano comprato insieme a Marsiglia.

Quel giorno Flavia non perse tempo, posò la borsa, prese la mano del suo uomo e con lui si avviò oltre il cancelletto. Non sarebbero tornati prima di sera, godendo, poi, della vista di un tramonto estivo tra le colline dipinte della Provenza.


Amore materno

Si era svegliata di soprassalto con uno strano senso di angoscia che le opprimeva il petto.
Sbatté le palpebre velocemente ma intorno era tutto buio e c’era silenzio. Troppo silenzio si disse mentre a fatica si metteva a sedere. La settimana trascorsa era stata davvero pesante. I dolori muscolari si fecero sentire e si maledisse per aver ripreso a lavorare tanto presto. L’idea di rimanere a casa bloccata dopo il parto le era parsa una tortura e nonostante i consigli del medico e del suo compagno lei era tornata operativa dopo appena due settimane.
Notò che il cuscino accanto a lei era ancora intonso. Voleva dire che lui era sveglio a preparare qualche schema probabilmente. Nell’ultimo periodo anche lui faceva tardi per lavoro.
Erano stanchi, anche se per motivi diversi.
Buttando un occhio alla sveglia notò che erano appena le 2:40. Aveva dormito circa sei ore ma non si sentiva affatto riposata. Con il cipiglio scese dal letto e indossò la vestaglia, andando a controllare in cucina. Nulla, tutto silenzioso. Si spostò in salotto ma anche li era tutto calmo. La tv spenta, le luci dormienti, tranne quella fievole della luna che filtrava dalla finestra.
Tutta quella pace le diede un senso di nausea, non le piaceva, nonostante alienasse un po’ di tranquillità, era sempre in allarme quando c’era troppo silenzio.
Imboccò il corridoio e superò la loro stanza, il bagno e si fermò davanti alla camera della piccola.

Ed eccolo li, in piedi, il viso colpito dalla luce lattiginosa che ne rimarcava il profilo. Lo sguardo perso, una mano ciondoloni oltre la culla.
E fu pace. Si sentì pervasa da un senso di onnipotenza e di vittoria. Un amore senza tempo e impossibile da tradurre a parole le avvampò nel petto per poi irradiarsi in tutto il corpo.
L’amore che si leggeva nello sguardo di lui mentre osservava il frutto del loro amore.

Si avvicinò piano a quel quadretto meraviglioso. Lui le fece spazio senza dire nulla, muovendosi impercettibilmente ma abbastanza per permetterle di vedere la scena.
Nella culla un meraviglioso fagottino stava dormendo beato. Sul viso sereno la linea delle labbra minuscole tracciava quasi un sorriso. Le guance paffute e rosee davano un senso di beatitudine angelica a quella creaturina. I capelli era riccioluti e di un biondo dorato, come quelli della madre.
Fece scorrere lo sguardo lungo tutto il corpo della sua bambina e quando vide la manina stretta intorno all’indice della mano del padre comprese.
Era talmente stanca da non aver sentito la piccola piangere circa un paio di ore prima. Non aveva fame, la poppata la faceva sempre verso le quattro. Ma si era svegliata e la sola cosa che l’aveva calmata era quel contatto con suo padre.
Lui spostò gli occhi dalla figlia alla compagna e le sorrise. Si vedeva che era stanco a che avrebbe tanto desiderato crollare sul letto, ma non si sarebbe mosso per la prossima ora e venti, finché la piccola non avesse reclamato il suo pasto notturno. Fino ad allora avrebbe tenuto la sua principessa per mano, accompagnandola nei suoi sogni.
Lei sapeva, sapeva che quel legame che si era instaurato, anche se la piccola era ancora inconsapevole dei propri gesti, le avrebbe segnato un cammino ben preciso. Suo padre sarebbe sempre stato presente e questo le bastava, la rassicurò, tanto da lasciarli da soli per non invadere quell’intimità. Tornando a letto sorrise pensando che non ci sarebbe stato nulla di più bello nella sua vita di quei due insieme.