Il lento declino è cullato tra le braccia dell’ansia
Il lento declino è cullato
Tra le braccia dell’ansia perpetua,scolpita
Sulle vele di esili ali.
Posso sentirla mentre bisbiglia
Parole vuote,impotenti e reali.
Il prezzo di stare da soli
E’ arduo da pagare: un amore che non vivi,
prima che le promesse si avverino
E pizzichino le corde della mia incapacità,
Fino ad accudirmi nella morte.
Sei docile nell’abbandono
Ma per nessuna ragione scambierei
La mia angoscia della notte che incombe
Con la quiete apparente
Di un giorno esausto.
Notturno
Una volta ho camminato anche io sotto la luna,
avevo gli occhi stanchi e l’indifferenza in gola;
I passi incerti si mescolavano
ad un eco strano, salato e nero,
scuro come il mare della notte.
Parevano grida sommesse di un eroe moribondo
e la notte e fatta per certi pensieri antichi:
pensavo al nonno quando diceva
che i figli si fanno in due,
che una donna bisogna scegliersela bene,
perché una volta che questi saranno cresciuti e andranno via
è ancora con lei che si consumano le ore della vita.
Ma c’è nell’aria un enigma profondo,
qualcosa di non detto che mi risveglia il sangue
e urla nobili intenzioni ridotte a un cumulo di polvere.
Il dondolio della barca, le panchine ora vuote,
i tombini color cenere…
Di notte la costa è uno splendore dimesso
di tombe stanche e silenziose
come il lungo respiro del risveglio.
Sempre di notte l’orizzonte si mischia con il resto del mondo
E chissà come fanno le navi a non perdersi;
San Pietro tace. Pare un gigante di pietra
sulla terrazza che sovrasta la costa;
Quella costa è scarna e bruciata,
brucia pietà solitaria mentre vago
su per giù senza meta-
solo- nel misurare i miei affanni,
fischiettando con lo sguardo per aria.
Sono l’unico ragazzo che fischietta in città;
sono l’unico ragazzo che ascolta preghiere
dentro rovine di angeli dimenticati,come rondini sospinte
da un genuino fremito su ali di schiuma.
Quando guardo il mare,di notte,
so che dalla vela al timone la mia barca è vuota.
Perché quaggiù,sul mare, il tempo lascia impronte
più indelebili delle storiche sconfitte.
Gelide punte nel vento di montagna
Gelide punte nel vento di montagna
Riversano scaglie di bontà sotto un livido cielo,
Cipressi muti dilaniati nel solco
Bussano a porte di un passato
Riflesso sull’erba
Spezzato in due da brame di lussuria scarlatta.
Se fosse il soffio che preme sulle palpebre,
Pensieri lunghi e diluiti arresterebbero il loro corso
Ma ogni gesto è perso
Vuoto, tra le vie solitarie, appese come giunchi sottili
Gettati senza remora in zone d’ombra.
Un’aria inquieta incombe pesante,scivola via
Tra immobili fioriere allineate
E pone l’ultimo monito cancellato ormai
Dallo svanire delle stagioni d’incanto.
Nemmeno un saluto scalda
Privo d’ogni calore di stella.
Chi ha il cuore indaffarato è necessario taccia
Prima che il falso abbia dolci sapori
Di candide bugie,su bocche minute
Cucite dal vento.