Aloe viola e radici troppo grandi

Tersi di vago splendore,
luce d’ambra antica.
Sibili tra le dune.
Oracoli della spira.
I moli di legno perduti
all’ombra dell’obelisco.
Drappeggi di seta
e sussurri ambigui.

Serpenti di nuvola
strisciano sui crinali,
inghiottono le altezze,
stringono le rovine.
Esotiche sfingi
in sorrisi d’enigma.
Terra misteriosa,
sinistra meraviglia.
Aloe viola e radici troppo grandi.
Insetti che brillano sopra i carboni.
Fiori che mangiano gli uomini
e paura dell’orrida morte.

Il veleno celato
da mente sottile.
E’ pace del viaggiatore,
la recita dell’ignoto.
E’ profonda liberazione,
il profumo dei porti lontani.


Legami

Sei soddisfatto della vita che vivi? Vorresti, forse, cambiare qualcosa? Potresti sacrificare qualcuno? Ci sono cose nelle persone che odi particolarmente? Quando ti sei sentito veramente felice l’ultima volta? Ne è passato di tempo, vero? Hai una mente affollata? Se dovessi scegliere due colori, unirli, per dirmi chi sei quali sceglieresti? Ti piacciono quei colori? Ti ricordano qualcosa? Qualcuno? Ti crea problemi rispondere alle domande? Bene, così deve essere.
Creare problemi e risolverli, mettersi in gioco. Noi raccontiamo noi stessi al mondo, dobbiamo avere dei problemi, in qualche modo. Dobbiamo raccontare la nostra storia…e vivere quella del nostro personaggio nella vita degli altri. Noi siamo gli scrittori per gli altri e gli scritti per noi stessi. Quindi, avanti, trova la sfinge, inchinati e ascoltala. Se non metti in dubbio le cose ogni certezza si sgretolerà, perché non ci sarà evoluzione…e pian piano la tua energia finirà. C’è un mondo di risposte che può essere scoperto, esplorato…e questo mondo non è un manuale di soluzioni per i problemi…i colori, le forme, i numeri, le dimensioni, la luce, la vita possono essere delle grandi risposte.
Arriviamo, nella nostra vita, in un mondo assoluto, avvolto da nebbie misteriose e veli cosmici. Troviamo ruote, fili, meccanismi ed ingranaggi che funzionano, con o senza di noi. Noi non nasciamo? Loro funzionano. Noi moriamo? Loro funzionano. Non abbiamo una vera influenza su di essi, non abbiamo voce per loro…o, per lo meno, così pare. Non è forse una sorta di potere percepire qualcosa? Non lo è anche l’influenzare la percezione degli altri con le nostre parole e le nostre azioni? Beh, per quanto grande, irraggiungibile, INFINITO sia l’universo enigmatico in cui camminiamo noi siamo legati a lui, al colore della sua immensità, alla “pesantezza esistenziale” dei suoi ingranaggi in movimento.
E le domande, piccole o grandi, che ci vengono poste da qualcuno o qualcosa sono ciò che anima, per noi, un universo terribile, non curante della nostra esistenza. Sembriamo soli…ma non lo siamo…c’è un “me stesso” che fa capolino ogni volta, il vero metro della mia soddisfazione, il motore della mia volontà. E, poi, ci sono tantissimi altri “me stessi”, come me, dispersi nell’immensità. Ognuno di questi naufraghi è un potenziare hacker percettivo del mondo, ognuno di essi è l’occasione per dare un nuovo significato alla vita. Quindi…perché non creare qualcosa? Perché non creare qualcosa di bello? Qualcosa che possa essere una grandiosa, epica risposta?
Se avrai il coraggio di buttartici, di camminare tra le nebbie, di affrontare gli enigmi delle grandi sfingi…le pale dei mulini gireranno, le correnti cresceranno, i fiori diverranno giganti, le montagne si spezzeranno, le nuvole disegneranno un nuovo cielo…per te…e per chi hai attorno. E ci saranno dei ponti, oh sì! Ci saranno graaandi ponti sospesi nel vuoto…e tu ci salirai, per andare dalle persone a cui vuoi bene…perché senza ponti non siamo molto, siamo soli.
Muovi i primi passi, nella sfera di vetro sospesa, che è il tuo mondo. Guarda…non c’è niente…quindi muoviti, assicuratene…non ci sarà niente…solo una luce, un segnale, un fuoco da accendere. Fallo, accendilo. Salirà, brucerà, unico e altissimo nel cielo…e qualcuno lo vedrà…e, come per magia, come quando conosci una nuova persona o parli con qualcuno rimasto sempre lontano, un fragile ponte unirà la tua sfera a quella di un altro. Avventurati su quel ponte, più lo fai e più diverrà solido. Arriva alle porte della sfera di qualcuno, entraci. Trova i suoi tesori nascosti, scopri qualcosa di nuovo…ed il tuo mondo cambierà. Ovviamente somiglierà al mondo che hai appena visitato…quindi, per non avere due mondi troppo simili (ma nemmeno troppo diversi eh, ci sono cose belle e brutte in tutti i mondi!) dovrai armarti di coraggio e andare a caccia delle sfingi. Esse, sfuggenti e insidiose, dovranno essere scovate, catturate, fino a che ti porranno una domanda. La tua risposta, qualunque sia, definirà in parte ciò che sei, andando a modificare il tuo mondo.
Stai attento, però! Devi curare il tuo mondo, continuare a visitare i mondi degli altri e portare il potere di nuove -o vecchie- sfingi nel tuo! Più trascuri il tuo mondo più i tuoi ponti rischieranno di crollare…e non vuoi essere solo, vero? Solo in una sfera di vetro vuota…no, non lasciare che accada, è una battaglia che deve essere combattuta. E’ un simbolo, il simbolo dei legami della tua vita. Avrà pure un’importanza, no?
Attento…non tutte le sfingi che troverai sulla tua strada saranno propositive o utili per il tuo mondo. Ci sono domande che, per loro natura, creeranno squilibri. Tu stai molto attento…perché sono oscure domande che creano la desolazione in alcuni mondi…e c’è qualcuno in quelli che potrebbe aver bisogno di una persona, di un ponte…quindi, quando giocherai, dovrai stare attento, perché sarai chiamato a decidere cosa nella tua vita è importante.
Il nostro più grande augurio è che questa per te sia un’esperienza importante, perché è un piccolo specchio di quello che speriamo che la vita possa significare per te. Ricorda due cose: te stesso e l’altro. Quando esistono queste due cose il gioco non può che essere meraviglioso.


Imparare

In un paese lontano esisteva un villaggio molto piccolo, costruito in mezzo alle colline verdi. Quelle colline erano piene di fiori colorati e spesso erano percorse dal vento. Gli adulti di quel villaggio avevano una regola: i bambini avrebbero potuto giocare a molti giochi ma non gli sarebbe stato permesso di far volare gli aquiloni sulle colline ventose. Gli adulti avevano paura che il vento potesse aumentare improvvisamente e far volare via ogni bambino con l’aquilone.
Ogni tanto, di nascosto, qualche bambino faceva volare l’aquilone nei prati senza dirlo ai suoi genitori. Succedeva che alcuni non riuscivano a correre nel modo giusto e cadevano facendosi male. Altri riuscivano bene nel loro gioco ma avevano sempre paura che un grande li vedesse e li punisse. Una bambina, vedendo ogni giorno quel che accadeva, decise di non disobbedire a nessun grande. Era triste perchè fare volare gli aquiloni era comunque il suo gioco preferito. Un giorno decise di provare a chiedere il permesso di usare l’aquilone a suo papà. “Posso, papà?” Il papà disse di no, avendo paura che il vento potesse portarla via. La bambina non disobbedì al papà ma ogni giorno chiese a lui il permesso. Il papà, vedendola triste, un giorno decise di accompagnare la bambina a provare l’aquilone sulle colline. I due correvano insieme ed il papà, essendo grande, teneva la mano alla bambina per non farla cadere. Così la bambina si divertì moltissimo e non aveva paura che qualcuno potesse scoprirla: aveva ottenuto il permesso di giocare che aveva chiesto gentilmente. Nessun vento poteva portarla via. Il papà e la bambina giocarono per sempre felici sulle colline con gli aquiloni.

Nel paese costruito ai piedi di una grande montagna vivevano due amici. Uno era calmo, un bravo bambino sempre pronto ad aiutare gli altri ma non molto intraprendente. Il secondo bambino era sempre agitato e adorava correre e giocare all’aria aperta. Il bambino più vispo aveva un sogno: salire in alto e vedere la cascata più bella del mondo, in fondo ad un percorso mooooolto lungo sulla montagna. Egli era avventuroso e temerario, si sentiva triste negli spazi chiusi e cercava sempre nuove occasioni per allontanarsi da casa. Purtroppo lui non poteva salire da solo per vedere la cascata perchè se si fosse fatto male nessuno l’avrebbe aiutato. Disegnava la meta dei suoi sogni in continuazione e tantissime mappe per poterla raggiungere. Allora il bambino tranquillo, suo amico, decise di accompagnarlo anche se a lui quelle cose non piacevano. Lui era un tipo a cui piaceva stare comodo e al caldo…ma si impegnò comunque perché lui voleva aiutare l’altro bambino.
Camminarono molto e il più calmo faceva fatica a tenere il passo dell’amico. Arrivati in cima gli occhi del bambino avventuroso si illuminarono ma prima di avvicinarsi alla bellissima cascata diede la mano all’altro bambino, rimasto un po indietro perché non era bravo a scavalcare le rocce più grandi. Lo aiutò e con un salto il bambino riuscì ad arrivare in cima. “Grazie per l’aiuto” gli disse lui. L’altro bambino rispose “Grazie a te, senza di te non avrei visto questa bellissima cascata, non avrei potuto aiutarti e non mi avresti ringraziato”. Allora, insieme, rimasero per un po a guardare l’acqua che cadeva ed il bellissimo panorama dalla cima della montagna.

In un paese molto freddo si trovava un villaggio di case di legno che era sempre ricoperto dalla neve. In quel villaggio la neve c’era per tutto l’anno. Un anziano signore, sempre sorridente, un giorno si ammalò per il freddo e i vicini si misero d’accordo per portargli quello di cui aveva bisogno: cibo, giornali e notizie. Ogni giorno la gente passava e lasciava quel che aveva portato per poi andarsene, presa dai suoi impegni. Il vecchio ringraziava sempre ma la gente non sentiva, andava via troppo velocemente. Una vecchia signora che, a differenza degli altri, non conosceva per niente il povero signore malato, si trovò a dover portare una torta per il suo compleanno. Gli altri vicini non c’erano per festeggiare perché avevano i loro impegni e non c’era bisogno di fermarsi dall’anziano signore. La signora suonò il campanello e fu invitata ad entrare. Appoggiò la torta sul tavolo e uscì subito dalla casa perché anche lei aveva un impegno. Nell’allontanarsi dall’uscio sentì per caso il signore che la ringraziava dalla finestra. Girandosi e sorridendo ella disse “prego, signore” e poi aggiunse “ho tanto da fare nella mia vita e non posso fermarmi…però le auguro di cuore un buon compleanno!”. Il vecchio, tutto felice per le parole della signora, ci mise pochi giorni per guarire dalla sua malattia. Nessun vicino gli portò più nulla perché ormai era capace di fare le cose da solo. Una mattina l’anziana signora sentì bussare: era il signore che aveva portato una torta calda, appena sfornata. “Non doveva disturbarsi…e poi dovrebbe stare attento, è guarito da poco tempo!” disse lei. Lui rispose “Anche io, come lei, ho tanto da fare nella mia vita e non posso fermarmi. Devo fare tante torte per chi, nell’andare per la sua strada, ha sentito la mia voce mentre lo ringraziavo”. La neve era fredda ed il vento soffiava…però c’era qualcosa di caldo nella casa della signora. Da quel giorno i due anziani divennero grandi amici e si ascoltarono sempre, lasciando un po in disparte gli impegni di ogni giorno.

Un ragazzino viveva in un paese circondato da boschi bellissimi. L’aria che si respirava era fresca e profumata. Quando c’era tanto sole, specialmente in estate, il ragazzino giocava con i suoi amici sulle rive di un laghetto dove crescevano piccoli alberelli dalle foglie larghe. Il gruppetto di amici si divertiva a prendere queste grandi foglie per farne delle barchette. Piegavano le foglie in modi diversi e le facevano galleggiare, inventando storie su vecchi capitani e mostri marini. Cominciarono i giorni più freddi e diventava sempre più difficile giocare all’aperto, sia per il vento che per la pioggia. Un pomeriggio il ragazzino fece una passeggiata sotto la pioggia leggera, ben coperto e munito di ombrello. Arrivò al laghetto ma divenne triste perché vedeva che uno degli alberelli, il più piccolo, aveva pochissime foglie perché lui e i suoi amici le avevano usate nei giochi. Si pentì di quel che era successo e disse “abbiamo giocato e ti abbiamo rubato le foglie. Ora siamo noi ad avere i giubbotti e a ripararci dal freddo, mentre tu hai meno foglie di prima.” e poi aggiunse “Ti chiedo scusa, non mi sono accorto del mio sbaglio”. Gli altri ragazzini avevano ora altri giochi, altri interessi e altre foglie da strappare…ma lui decise di andare a trovare l’albero nella speranza che potesse essere salvato. Nei giorni freddi egli costruì sostegni per i rami indeboliti e vi mise sopra un telo per non farlo gelare. Quando c’era il sole toglieva il telo e tornava a rimetterlo quando calava l’oscurità. Passò l’autunno e anche l’inverno. Sembrava che le scuse non fossero servite perché era passato molto tempo e l’albero era ancora spoglio…però arrivò la primavera. Il ragazzino trovò l’albero illuminato dal sole e sui suoi rami c’erano le prime gemme. Ora l’albero l’aveva perdonato, grazie al tempo e alla cura. In pochi giorni esso fiorì e crebbe molto. Il ragazzino diventò grande e, con lui, l’albero a cui era affezionato.

Al centro di un grande paese esisteva una grande città. Vi erano palazzi altissimi e negozi di ogni genere. In un appartamento viveva una bambina a cui piaceva tanto guardare un libro in cui erano disegnati paesi diversi dove giocavano tanti bambini. La città era grandissima ma non c’era molto verde, non si vedeva bene il cielo e, né a destra né a sinistra, trovava qualcosa di veramente divertente. La sua mamma, una donna un po strana a cui piaceva progettare macchinari e costruire diverse cose buffe, la vide tristissima in una giornata di sole splendente. Voleva aiutare sua figlia e, così, si chiuse per ore ed ore nel suo laboratorio segreto. Quando ebbe finito di costruire qualcosa andò dalla figlia e le disse “Forse ho trovato qualcosa di divertente da fare!”. La bambina rispose “Non è possibile, a destra ci sono solo negozi e a sinistra case di signori indaffarati…” e fu molto demoralizzata. La mamma sorrise a lei e la invitò sul tetto del suo palazzo. Mentre salivano disse alla figlia “Quando nè a destra nè a sinistra troviamo ciò che ci rende felici dobbiamo provare a guardare da un’altra parte”. Nell’uscire sul tetto una grandissima mongolfiera colorata fece rimanere la bambina senza parole. “E’ per te che l’ho costruita, oggi facciamo un viaggio nel cielo” disse la strana mamma. Lasciarono il palazzo portate dal vento…videro finire la città e passarono sopra a campi e boschi. Videro un laghetto dove un ragazzo sedeva vicino ad un albero, poi una coppia di anziani che passeggiava felice in mezzo alla neve…videro una bella cascata sopra una montagna e due amici che giocavano insieme…oltre le rocce un papà con la figlia correva facendo passare l’aquilone tra le nuvole. In fondo, oltre tutto, il cielo era azzurro, immenso. La mamma guardò la piccola finalmente felice e le disse “bisogna andare su e provare a vedere le cose dall’alto quando tutto sembra fatto di negozi e persone impegnate. Bisogna costruire mongolfiere per le persone a cui vogliamo bene e salire per renderle più felici”…La bambina capì e rispose “Senza la tua mongolfiera non esisterebbe questo bel cielo azzurro, ti voglio tanto bene mamma”…così, quando tutto sembrava triste, la bambina volava al fianco della mamma per potere vedere tutto il mondo dalla mongolfiera, in alto.