I pensieri scivolano via, liberi come foglie che, staccandosi dai rami, ondeggiano qua e là sino a sfiorare la terra. Un mucchio di foglie, un groviglio di pensieri giace sul prato, alcuni rossi come un fuoco spento, altri gialli d’incertezza, altri ancora spezzati a metà. Pensieri morti che staccati dalla vita permangono fissi, immobili, fermi. Poi una folata, un soffio li raccoglie e li innalza al cielo, facendoli roteare roboando; si mescolano, si aggrovigliano, creano un vortice scellerato che confonde, inebria, sciocca, stupisce. Pensieri morti che fanno vivere. Foglie che ghermiscono la mente incatenandola, graffiandola, ferendola.


 

Come rosa appassita

accasciata sul legno

mi sento.

Fredda e svuotata del Sole.


 

Si guardò allo specchio quella ragazza così insolita; quello specchio che le rimandava un’immagine così nitidamente opaca di se stessa, deformata, per nulla attraente, spenta. Era una persona priva di significato, diversa in maniera ridicola e avrebbe voluto nascondersi, rannicchiarsi in un angolo buio. Ma fu costretta ad andare oltre questo suo sguardo e a immergersi fra gli sguardi altrui, lei insicura e incerta, rassegnata di fronte all’ovvietà.

Camminava in mezzo agli altrui sguardi quella ragazza così bella, luminosa, intelligente e arguta; sguardi così diversi dal suo, opposti; sguardi che guardavano un’unica cosa e ne vedevano mille diverse; sguardi che guardavano una persona e ne vedevano altre. Ciascuno proiettava opinioni diverse, assorbendo a proprio modo la realtà.

Chi era lei? Era tutte queste? Non ne era nessuna? Cosa era reale? E chi?