Unico e terzo

L’io non è che nessuno
Nessuno non è che me

Tanti io fanno il mondo
il mondo non sono io

In questo spazio in cui tu non sei e io non sono,
magari fossimo,
nell’unione dell’essere unico e terzo.


A te padre Padrone io chiedo

Cosa vuole davvero la gente?
L’amore, la ricchezza, il potere, certo
Qualcuno la serenità
Il qualunquista, generale felicità
Ma la stragrande maggioranza di noi vuole e insegue, talvolta strisciando, la madre di tutti i valori
La libertà
La libertà non la solitudine
La gente vuole fare il lavoro per cui è nata
Amare un altro essere senza sentirsi inferiore o inadeguata
Fare figli potendoli mantenere
Allora io chiedo al padre padrone di nome capitalismo
Di liberare il figlio capitale e d’investire in felicità, in libertà
In libera espressione umana
Perché il capitalismo del comunismo sia fratello e non caino
Perché noi non siamo capitali ma esseri umani
Non macchine ma cuori pulsanti
Siamo menti assetate di un succo vivo, succulento
Producente e riproduttore di vita animata e inanimata
Siamo nati per creare, sognare l’amore e fare l’amore sognanti;
Nascemmo e nasceremo liberi ancora,
ed è di questa condizione nuda e spoglia
Che vogliamo vestirci
Di vita lucente.


Via Medici

Giunge la sera in via medici
Il cammino verso casa è scandito dal ticchettio dei tacchi della mie scarpe,
ho passi stanchi, decisi
come a volere pestare il suolo per incidere momenti presenti
come a voler scalfire gli storici ciottoli che come coriandoli annunciano la beffa carnevalesca
Le luci soffuse e trapelanti dalle piccole finestre appannate annunciano che via medici si prepara
Al rito solito della cena
L’odore del fumo che esce dai comignoli mi sono familiari
E’ autunno, le foglie ingiallite si alzano da terra e mi avvolgano
Qualcuna mi accarezza il viso
Sembrano danzare come amanti libere di manifestarsi , libere di essere
Di gridare in faccia la loro leggiadra felicità irruenta spinta dal vento
Assieme a cotanta maestosa e silente bellezza mi faccio trasportare in avanti
Non senza indugio e vuoto nel cuore proseguo
Eccola è lei,
Adriana
La signora anziana che si affaccia cautamente alla finestrella di casa sua
Da anni ormai occupa il nido da sola, il suo defunto amore se ne andò con tormento;
Lui: primo e unico amore della sua vita;
la guardo, sorrido,salgo le scale
sono a casa: apro la porta, incontro lo sguardo di un bambino
Il mio
Si sono a casa
Ora lo so, la confusione l’ho lasciata lì a danzare con le mille foglie ingiallite
Libere di andare ovunque desiderino
Libere di non avere radici.