Equilium

 

Da bambini giocavamo

tra i ruderi in fondo alla strada.

Non pensavamo che fossero i resti

di una grande cattedrale

seconda alla maggiore di Venezia.

Sapevamo solo che le antiche mura

davano il nome alla strada.

Ci nascondevamo dietro gli angoli

delle pareti rimaste.

Cercavamo nei cunicoli

nei piccoli anfratti

nel fortino adiacente.

Era eccitante rovistare,

cercare, trovare:

oggetti sberciati,

tessere di mosaico spezzate,

resti, frammenti.

Diventato sito archeologico

oggi incontra mostre, visite,

concerti sullo sfondo di crepe

illuminate dalla luna.

Stasera suona un fratello maggiore,

accompagnato dalla moglie solerte.

Armonica e chitarra

fanno da melodia

alle parole di scrittori famosi

sono ricordi delicati,

rinvenuti come i nostri.

Non sappiamo se l’emozione

derivi dal luogo visitato nell’infanzia

potente e pregnante.

Ci lasciamo trasportare:

ognuno vede il suo pezzo di storia

scava nel passato

la mente appagata

si quieta, riposa.

Ciascuno trova il proprio centro

intatto, aggiustato.

Le antiche mura di Equilium

discretamente

hanno fatto il loro giusto lavoro.


 

Le parole

 

Quando non mi vengono le parole

da dire

mio figlio me le trova

perché lui le sa:

sono le sue.


 

Zia Sofia

 

Zia Sofia anziana

a casa sua

non ci riconosceva.

Chi sei?

Tuo nipote.

Porti il mio cognome?

Sì, zia.

Che piacere!

Tuo padre in barca

nella laguna ghiacciata

tanti anni fa

ebbe paura.

Spaccate le lastre sovrapposte

si salvò.

Chi sei?

Tua nipote.

Porti il mio cognome?

Sì, zia.

Che fortuna!