Cuore d’inverno

Luce fioca e sommessa
due batuffoli di neve sul viso
e due cristalli bianchi ricamati fra i capelli
con tutta la magia dell’universo.
Le dita gelate su un pezzo di carta bagnato d’inchiostro
e i pensieri che volano basso sfiorando il fiume silente,
appesi a un velo argenteo di bruma.

Anche nel cuore è inverno.


La farsa

Così bella e fuggente è la vita, che scorre in fretta
e noi come artisti sul palco
recitiamo la nostra parte in diretta.
Ne approfittiamo per un attimo
prima di uscire di scena,
ognuno a inseguire la propria chimera.
Ognuno con la sua maschera
che cela un cuore un’ anima e una catena.

Bella e incurante si ripete la vita,
commedia e tragedia infinita di pedine
comparse ed eroi in balìa degli eventi.
Come una flotta che in preda ai venti,
cerca la rotta a fatica sognando la meta.

Soffriamo, gioiamo, impugniamo le armi,
sosteniamo una parte,
ognuno attore della sua breve storia
ingiusta crudele o piena di gloria.
Ogni farsa una trama nascosta,
un cammino diverso
che s’intreccia con altri mille destini
sul grande palco dell’ universo.
E noi a fare i burattini.


Ciò che siamo

Il tuo viso si confonde nella mente
come un ritratto ingiallito dal tempo.
E a far da contorno tasselli di spensierati istanti
vissuti all’ombra del nostro respiro,
a ricordarci che non era un sogno.

Mi giunge un fremito improvviso.
La tua voce vellutata sulla pelle,
il sapore di mirto, il tuo odore.
promesse sussurrate alla notte
mentre mi offrivi la luna.

Non ti ho più rivisto e non so se lo vorrei,
per ridipingere i contorni del tuo volto
che forse nemmeno riconosco.
Se avessi inseguito la tua luna
chissà quanto diversa. Come sarei..

Un granello del mio cuore ti appartiene.
possiedo un atomo del tuo cosmo.
Così come appartengo a ciò che è stato
a chi ho incontrato,
perché diveniamo ciò che siamo
per aver vissuto e amato.


Prezioso ricordo di te

Ricordo le tue dita deformi e contorte
creare meraviglie dal nulla
come piccole mani di fata.
Adoravo osservarle e imitarti
mentre ascoltavo le tue storie
di guerra e d’amore
quand’eri bambina.
Com’ero io, che restavo
a guardarti per ore
mentre da un filo intrecciavi un ricamo
o la pasta prendeva forma
come una scultura fra mani d’artista.
E t’immaginavo nella tua primavera
quando le spine erano più delle rose
quando i tempi, dicevi, eran duri
e c’era la fame e la guerra.
ma io che fortuna, non so cosa sono.
Parlavi di fughe e sirene
di fanciulli cresciuti in fabbrica
a fare tessuti, di quelli partiti
a fare i soldati al fronte
lasciando le madri a pregare
per la loro sorte.
Sogni e segreti strappati a due guerre
e i giochi innocenti inventati
quando trovavi rifugio
nel tuo mondo di fate.

Poi un giorno ti ho persa.
Nel tuo sguardo assente
l’inconsapevole tristezza
di un’intera vita morente
e in sospeso, fra stralci di storia
un pugno di ricordi e leggende,
la sofferenza e il coraggio
che furono di tanta gente.
Guardavi nel vuoto, forse l’infinito.
Non c’era più passato né futuro.
Per consolarmi, solo un languido
sorriso muto.


Seducente, Venezia

Pace e silenzio nella laguna dormiente
sopra un letto di bruma bianca.
Lo sciabordio dell’acqua contro il remo
di una gondola fantasma.
Le calli solitarie dall’aria decadente
e uno scorcio di languido mare
fra giochi e vapori di nebbia.

Trasuda l’antico profumo d’oriente
da ogni poro salmastro
dei suoi stanchi tesori sospesi a fior d’acqua.
Avvenente Venezia
senza invasori né gloria,
riflessa sul mare d’inchiostro
nelle aurore d’inverno.


Vecchia pazza

C’è una vecchia pazza
barricata dietro il balcone,
una strega gentile
rimasta sola con la sua gazza.
Ogni tanto mi guarda e mi sorride.

Ogni tanto le fa visita un demone
che le urla dentro
e lei ancora più pazza,
assordandolo con deliri e lamenti
cerca di farlo uscire.
Impreca contro i venti,
sbatte la testa contro una vita vuota
un destino che l’ha lasciata sola.
Lei che aveva un cuore grande
e tanto amore rimasto a marcire
fra le quattro mura cadenti
di un casermone ostile.

C’è una vecchia pazza
che mi lascia le ortensie sul poggiolo mentre dormo,
quando esce a respirare nelle notti d’estate.
Forse perché le sorrido
e come lei credo alle fate.