Cuore di donna….

dolce nel cuore nasce una nota.
Una goccia di pioggia accoglie il dolore.
Nulla piu’ è nell’infinito che si apre.

Il tempo
della Luna
non si vede.
Nelle pance
risuona
potente
e silenzioso!


LA CASA DELLE

PAROLE MAGICHE

LA CASA DELLE PAROLE MAGICHE

Tanto ma tanto tempo fa c’era la Casa delle Parole Magiche.
Ogni giorno i bambini dei villaggi della contea correvano felici verso il suo grande portone di legno. Arrivati lì davanti pronunciavano la formula magica:

“il Mondo vogliamo scoprire…le Parole vogliamo trovare”

Dietro al portone stava il maggiordomo BRUCOMELA che camminava proprio pianino, non si sapeva se per i molti piedi o per la grossa pancia. Il suo compito era di aprire il portone della casa. E ogni volta lo faceva con molta maestria. Dopo tornava a rannicchiarsi sulla sua foglia di acero rosso.

Il grande salone della Casa delle Parole Magiche li aspettava. E con lei vi era MIELINA, la Regina di tutte le Ninfee, il cui respiro dopo il temporale faceva risplendere l’arcobaleno.

Il fuoco scoppiettava nel camino di pietra, mentre MIELINA impastava farine di tutti i colori. Un grande sorriso sul volto e i bambini felici le saltavano addosso felici.

Vicino al camino il LIBRO DELLE FIABE.
I piccoli della contea lo conoscevano bene, era grande, fatto da artigiani sapienti con il legno di betulla. Ogni volta che insieme incontravano il mondo della fantasia, arrivavano la Parole Magiche che l’aria scriveva con una danza sulle sue pagine.

Tutto era pronto per iniziare.
Sembrava una giornata come tante.
Ad un tratto qualcosa di inaspettato accadde.

LE DUE POLVERI MAGICHE

C’era una volta tanto, ma tanto tempo fa un prato verde.
Sopra vi erano due polveri magiche. Una era bianca come la neve, l’altra nera come la notte buia.
Arrivò un cavaliere con un mantello rosso.
Si fermò, poggiò la sua mano sulle due polveri e…accadde una magia. Tante piccole e grandi manine di folletti cominciarono a muoversi.
Il cavaliere non credeva ai suoi occhi. Li chiuse e li riaprì, le manine erano ancora lì.

“Chi siete…?” con un fil di voce sussurrò il cavaliere.

“Siamo le mani dei folletti del bosco incantato. Chiunque scopre la nostra presenza può esprimere un desiderio e noi lo esaudiremo.

Desidero, ormai da molte lune, di poter trovare la mia principessa, rispose il Cavaliere, e continuò a raccontare.
Qualche tempo fa il mio cavallo si è fermato davanti ad un fiume. Mi sono chinato per bere e sull’acqua ho visto il volto di una bellissima principessa. Mi sono girato ma di lei non vi era più traccia. Da quel giorno la cerco per mari e per monti…
Le manine sorridendo dissero…
“Noi sappiamo cosa fare per cercare la bella principessa. Metti le tue mani nelle due polveri e disegna tutta la tua storia, il tuo mantello, rosso come il sole, il fiume e la principessa, i luoghi che hai incontrato…”
E così fu.

L’incontro con il drago

“Ero in groppa al mio cavallo nella foresta nera. Ad un certo punto ho visto lontano, lontano un puntino che diventava sempre più grande…si avvicinava e diventava sempre più grande…non sapevo cosa fare.

Oibò sei un cavaliere, mi sussurrò il mio cuore, vai incontro al tuo destino.

Ad un tratto il puntino non era più un puntino…era grande grande, ad un passo dal mio naso…sentivo il cuore in gola…dalla fronte tante goccioline di paura scendevano sugli occhi, sulla bocca, sul collo.
Era un grande grande DRAGO quello ad un passo dal mio naso. Dalla bocca sputava un fuoco rosso rosso…
Sentivo le mie ginocchia tremare e il cavallo nitrire.

La voce del cuore mi sussurrò… ricorda quando eri bambino cosa diceva la nonna dei draghi. Sembran cattivi, ma anche loro hanno un cuore.

Il drago sputava fuoco a destra, a sinistra…si dimenava e con la coda e le grandi ali distruggeva ciò che il fuoco non aveva ancora bruciato.
Dovevo fare qualcosa, ma ancora una volta non sapevo cosa. Avevo tanta paura…sentivo nella pancia, giù, giù, giù in fondo un rumore…
Improvvisamente un suono salì fino alla gola. Senza sapere come cominciai a cantare.
Il suono e le parole nascevano da soli.

Arrivarono al cuore del grande drago che dondolò e dondolò con la sua grossa pancia… così tanto da piangere lacrime d’oro e d’argento.
Così qualcosa di inaspettato accadde…
Il drago alzò la testa verso il cielo e sputò il suo fuoco… fuoco divenuto magico perché bagnato dalle lacrime d’oro e d’argento. Accese così le stelle che illuminarono il mio cammino.

Ringraziai con il cuore il grande drago e ripresi a cavalcare.

La ninfa d’acqua ed i cerchi magici

Cavalcai per giorni e giorni fino a quando arrivai davanti ad un lago dove, da dietro un albero, uscì una Ninfa d’acqua, con un vestito cucito con fili d’oro.
“Chi siete voi che arrivate da lontano?” disse con una voce come il miele.

“Sono un cavaliere in cerca. In cerca di una bella principessa di cui non conosco il nome”, dissi senza aggiungere altro.

“Devi andare nella pianura nera e fare tanti, tanti cerchi intorno a te fino a quando gli spiriti del cielo e della terra, dell’aria e dell’acqua ti parleranno” rispose la Ninfa, scomparendo nelle acque del lago.
Proprio lì, dove si era immersa, nacque, su grandi foglie verdi, un bellissimo fiore dai petali bianchi e dorati.

E così feci.
Per giorni e per notti, attraversai boschi e terre sconosciute fino a quando vidi da lontano una pianura tutta nera.

In mezzo alla pianura era ormai notte fonda. Cominciai con un bastone di legno a fare il primo cerchio, poi il secondo, poi il terzo e ancora e ancora.
Alla fine esausto, seduto per terra, chiusi gli occhi…

Gli spiriti della vita

Dormii per molto tempo…quanto non so dire.
Un gran frastuono nell’aria mi risvegliò.
Arrivò così lo spirito del cielo. Mi disse di volare tra le nuvole e le stelle, perché dall’alto le cose sono diverse…
Arrivò poi lo spirito della terra e mi disse di sentire la terra con i piedi e battere battere battere…
Arrivò anche lo spirito dell’aria e mi disse di girare, girare fino a cadere giù…
Arrivò lo spirito dell’acqua e disse di scivolare con tutto il corpo…

Di tutto ciò nulla è accaduto. Ho continuato a viaggiare e sono arrivato fin qui…

L’incontro con la principessa

A quelle parole le manine dei folletti sorrisero con tenerezza e sussurrarono al cavaliere…

“chiudi gli occhi e vivi la magia…”

Il cavaliere chiuse gli occhi. Spuntarono due ali colorate e così cominciò a volare…Vide le cose dall’alto, il fiume dove aveva incontrato la principessa e poco più in là il castello dove ella viveva. Non vedeva, però, la strada per arrivarci.

Scese e batté i piedi a terra…E i piedi lentamente si trasformarono in forti radici… che lo aiutarono a girare su se stesso…il cavaliere girava… girava…girava…veloce, sempre più veloce…le ali diventarono un leggero mantello tutto colorato…che lo trasformò in una foglia leggera…la foglia scivolò nell’aria…scivolò sull’acqua…sull’acqua del fiume dove la storia cominciò.
A quel punto lo Spirito del Bosco arrivò e la foglia leggera… cavaliere ritornò.
Il cavaliere dall’acqua si alzò e vide…
chi vide?

“la principessa con i capelli neri come il nero della notte buia…”.

Da quel giorno, il cavaliere e la principessa vissero felici e contenti.

LA PENNA DAI COLORI DELL’ARCOBALENO

C’era una volta, tanto tempo fa, un libro antico.
Si poteva scrivere sulle sue pagine con la penna dai colori dell’arcobaleno.
Questa penna speciale si trovava nel bosco dell’eremita, al di là delle montagne rosse, dove viveva un Vecchio con la barba bianca e lunga. Lui solo sapeva come cercare la penna dai colori dell’arcobaleno.
Un giorno un Bambino molto curioso decise di partire alla ricerca della penna di cui tutti parlavano, ma che nessuno aveva mai trovato.
Camminò e camminò per giorni e per notti.
Incontrò le fate degli Alberi e le ninfe delle Acque…gli gnomi della Terra e i folletti dell’Arcobaleno, sempre così indaffarati… a curare le cose di Madre Natura.
Questi erano gli spiriti e gli abitanti dei boschi che proteggevano e svelavano i loro segreti ai puri di cuore. Questo è ciò che il Bambino rammentava dai racconti di suo nonno.

Un giorno, era ormai il tramonto, il Bambino arrivò ad una grande quercia. Lì vicino vi era un capanno con il comignolo che buttava fuori un nero fumo. Pensò che quello fosse proprio il bosco dell’eremita e quello il capanno dove viveva il Vecchio con la barba bianca e lunga.
Si avvicinò alla porta e bussò. Ma nessuno rispose.
Bussò ancora e ancora, nessuno rispose…
Seduto sulla veranda di legno, stanco di tanto camminare si addormentò.
Era ormai notte fonda quando, il Vecchio con la barba bianca e lunga, ritornò.
Vide il piccolo addormentato, senza dire una parola lo prese tra le braccia e lo poggiò sul giaciglio vicino al camino.

Il mattino seguente il sole era alto all’orizzonte quando il Bambino si svegliò. Vide il Vecchio e sorrise. Lui, ancora senza una parola, rispose al sorriso e indicò la scodella di pane e latte sulla tavola.
La fame era tanta e il Bambino si precipitò a mangiare…e tra un boccone e l’altro raccontò la sua storia.

Il vecchio, dopo aver ascoltato in silenzio, disse:
“non cercare nel mondo ciò che puoi trovare nel tuo cuore.
Ascolta le sue parole. Esse ti indicheranno la strada per raggiungere la fonte delle acque limpide, sulla montagna di pietra. Lì fermati e aspetta la salamandra bianca.
Essa si muove con coraggio sulla dura terra, accoglie il calore del fuoco e la forza dell’acqua.
Essa si mostra, per indicare la strada, a chi, con cuore puro e pulsante, chiede.”

A quelle parole l’aria si riempì di un silenzio fatto di carezze.
Ora il Bambino sa. Ringrazia e parte.
Poco fuori la radura vide la montagna di pietra.
Il sentiero sempre più tortuoso e irto….
Non più rumore di pensieri dentro…
Solo il suono dei passi.
Verso mezzogiorno l’arrivo alla fonte delle acque limpide.
Il Bambino si fermò e aspettò.
Il sole era caldo e la sua luce accecante. Chiuse gli occhi appoggiato ad un grosso masso di pietra. Sulle gambe sentiva arrivare le gocce d’acqua della fonte. Il loro volo nell’aria era talmente alto che al Bambino sembrava che quella fonte sbuffasse…sbuffasse…sbuffasse…come faceva lui da piccolo quando era stufo.

Attento a tutto questo non si accorse che qualcosa si muoveva vicino al suo piede.

“cosa stai cercando?” una voce, che sembrava arrivare da lontano, tuonò.
Il Bambino aprì gli occhi e vide la salamandra bianca.

“cerco la penna dai colori dell’arcobaleno perché il libro antico voglio riempire di storie di bambini e animali” rispose prontamente.

“Il tuo cuore conosce già la strada. Cerca allora l’albero di Nocciolo, chiedi il permesso e prendi un suo ramoscello. Con pazienza e amore intaglia il suo legno prezioso e la penna troverai. Nulla più poi dovrai fare. Ogni volta che il tuo cuore avrà parole da raccontare, la penna si colorerà dell’inchiostro che tu sognerai.”

Così come era arrivata, avvolta nel silenzio delle acque di fuoco, la salamandra bianca se ne andò.

Da quel giorno ogni bambino con il cuore aperto, nella notte della salamandra bianca, riceve sotto il cuscino la penna dai colori dell’arcobaleno per scrivere nel libro antico le storie della vita.
Per ogni bambino della terra vi è una strada del cuore da incontrare…per ogni bambino della terra vi è una notte della salamandra bianca da vivere, notte di stelle in cui scivolare lungo l’arcobaleno, ascoltare il respiro del cuore che racconta nuovi giochi da creare, scoprire, inventare.

LA BAMBINA E IL SOGNO TUTTO D’ORO

C’era una volta, tanto tempo fa, un castello dai tetti dorati.
Il re e la regina vivevano lì da molti anni, spensierati e felici.
Ogni giorno nel giardino del castello arrivavano, dai paesi vicini, bambini di ogni età e di ogni colore.
Giocavano e imparavano.
Giocavano liberi e spensierati tra gli alberi e le fontane.
Imparavano a leggere, scrivere e far di conto, senza fatica eccessiva.
La loro maestra era la stessa regina.
La vita non le aveva regalato un figlio. Nonostante questo triste evento vi era sempre gioia e amore nel suo cuore, che apriva a grandi e piccini.

Un giorno un contadino trovò, davanti al cancello del castello, una cesta di iuta piena di stracci. Senza chiedersi nulla la caricò sulle spalle e la portò dentro alle cucine dov’era diretto per consegnare le verdure fresche.
Quando nelle cucine del castello le voci smisero di volare nell’aria, gli stracci cominciarono a muoversi e un fagotto pieno di fuliggine scivolò furtivo sul pavimento, rubò dalla dispensa pane, formaggio e salame e si allontanò nel giardino. Lì, trovato l’incavo di un grosso albero di castagno, si nascose.

Passarono alcuni giorni e nulla accadeva di nuovo nel castello.
Le giornate trascorrevano serene e senza scossoni.
Un giorno però la cuoca si accorse che era sparito ancora cibo dalla dispensa. Questa cosa capitava da un po’, ma lei all’inizio non gli aveva dato importanza. Adesso però non sapeva più cosa fare per scovare il malcapitato ladro. Era giunto il momento di informare la regina.

Qualche giorno più tardi sparì anche il libro di fiabe, quello che la regina utilizzava per addormentare i bambini.
Quasi per magia, però, nel pomeriggio ricomparve proprio lì sul tavolo del grande salone degli specchi. E fu proprio in uno di questi specchi che la regina vide un fagotto tutto pieno di fuliggine che si allontanava veloce come una lepre. Si spaventò chiedendosi che cosa fosse mai quella cosa e buttò un urlò che mise in allarme il re.
Questi arrivò prontamente dalla regina che con voce tremante raccontò l’accaduto.
Allora il re chiamò i cavalieri più fidati del regno, disse loro di cercare “quella cosa tutta nera” nel castello e fuori. Di portarla da lui qualunque cosa fosse, viva o morta.
E la ricerca iniziò.
Passò un giorno, una settimana ma nulla fu trovato.
Quasi più nessuno si ricordava dell’accaduto quando la regina fu svegliata da un rumore che ruppe il silenzio del castello. Si alzò e andò verso la finestra. Lì incontrò la notte.
Le ombre delle cose avanzavano silenziose…

La regina sentì ancora quel rumore, non sapeva cosa fosse ma diveniva sempre più intenso. Con le orecchie aperte lo ascoltò. Proveniva proprio dal grande salone degli specchi.

Arrivata nel salone, la regina si fermò vicino alla porta e sbirciò dentro…il rumore era divenuto un verso minaccioso…cominciò a tremare come una foglia.
Non sapeva cosa fare. Rimase immobile…in silenzio.

Improvvisamente vide avanzare verso di lei un mostro alto, altissimo, che camminava lentamente, aveva denti aguzzi e lunghissime unghie.

Il vestito era nero e arrivava fino ai piedi con uno strascico nero anch’esso. Il mostro avanzava e la regina pensò che fosse proprio lui il ladro.
A quell’avanzare del nero mostro la regina indietreggiò e inciampò. Lì ferma per terra vide il mostro avvicinarsi…
La paura era tanta…
Sentì nel cuore una voce, le sussurrò di chiudere gli occhi, rimanere ferma ed ascoltare quei passi…
E fu così che la regina sentì qualcosa di diverso da ciò che si aspettava.
Le sembravano i passi felpati e timorosi di un bimbo. E il mostro, allora, che fine aveva fatto, si chiese.
Aprì gli occhi e vide che il mostro si era rimpicciolito. Prima era alto, alto, e adesso era così piccolo, così piccolo che quasi lo avrebbe abbracciato dalla tenerezza che gli suscitava nel cuore.
Una finestra si aprì nel grande salone degli specchi ed entrò un raggio di luna d’argento.
Illuminò così il volto di una bambina dal viso triste e sporco, con indosso un vecchio e grande mantello con il cappuccio.

Le mani della regina incontrarono le mani infreddolite della bambina, che cercavano nel buio la strada per ritornare al suo nascondiglio.

Il giorno seguente il re si svegliò e vide che la regina non era lì accanto a lui come tutte le mattine.
Si alzò e cominciò a chiamarla e a cercarla in tutte le stanze del castello. Fino a quando arrivò alla porta del grande salone degli specchi.
Lì vide qualcosa che commosse il suo cuore indurito.
Durezza di cuore che gli aveva fatto vietare a tutti i bambini l’ingresso nelle stanze del castello.

E adesso una bambina tutta piena di fuliggine dormiva insieme alla sua regina, abbracciate su un giaciglio fatto di vecchi stracci.
Il cuore del re divenne come burro fuso, neve al sole…e cominciò a piangere e piangere…
Lacrime d’oro che svegliarono la regina e la bambina.
E furono proprio le lacrime d’oro del re e della regina a pulire la fuliggine dal volto della bambina sperduta.

Così la bambina fu riconosciuta coma la figlia che la vita aveva voluto donare loro quella notte in cui la luna d’argento si era levata nel cielo.
Viola fu il suo nome.
Per sette giorni e sette notti fu festa al castello per quella nascita inaspettata e molto, molto inconsueta.
Questo il sogno tutto d’oro, di una bambina sperduta nei boschi oscuri, e ritrovata dalla sua mamma e dal suo papà.


 IRA COME RESPIRO D’AMORE

Voce Narrante.

Un semplice fatto di cronaca.
Nessun mistero.
In apparenza nessuna spiegazione.

Lei 32 anni.
Infermiera. Nasce il secondo bambino quando la prima figlia ha 18 mesi.

E ‘ voluto quel bambino.
Con tutte le sue forze.

Ma già durante la gravidanza le cose che sentiva muoversi nel cuore la agitavano.

La notte, pensieri, neri come corvi, abitavano i suoi sogni.
Qualcosa non tornava nello scorrere delle giornate.
Ma con chi parlarne?
Di quel senso di oppressione dentro, nelle tenebre del corpo tutto?
Cosa avrebbero detto?
Erano una famiglia perfetta, tutto era perfetto, matrimonio, casa, lavoro, figli, perchè allora si lamentava?
La avrebbero abbandonata come sempre, ne era certa.
E allora rimane di non sentire.
Non sentire quella notte buia dell’anima!
Semplicemente non c’è!

E passano i giorni, le ore, gli istanti!
Fino a quando arriva.

Lui, il nuovo nato arriva!
Ulula di vita nel corpo mentre si fa strada nel canale del parto.

Che cosa accade, urlò il bambino
sentendo le forti spinte che lo catapultavano
in fondo ad una porta…

che porta è si chiedeva…
qualcuno nel cuore sussurrò
…quella dell’incontro con la vita.
E intanto la notte buia dell’anima avanza inesorabile, all’avanzare della vita.
E ti senti sempre piu’ sola. Isolata dal mondo e l’unico tuo interesse è non sentire!
Non sentire la notte buia dell’anima.

Il ritorno a casa.
Sempre piu’ nero dentro e intorno.
Le poppate ogni 3 ore, la puzza dei pannolini, le ore di sonno mancate una notte, due notti, tre notti e così avanti e avanti…

e la gelosia della sorellina, e i consigli sempre pronti all’uso di chi si affaccia in casa durante il giorno.

E il padre, il grande assente!

Vuoi piangere, urlare la tua disperazione!
Ma l’unica possibilità che rimane è di non sentire.
Non sentire quella notte buia dell’anima!
Passano le ore, e non senti l’urlo dento di te.
Maschera una, due, tre usate all’occorenza e a piacimento per non sentire, per non guardare, per non sapere…
e un giorno si apre nelle profondità del corpo un fuoco.
Potente.
Avanza dentro.
Non sai che cos’è!
Lo temi.

D’un tratto tutto diventa chiaro.
Vedi la via d’uscita da quella notte buoia dell’anima.

Spegnere tutto, dentro e fuori!

Non vi è pensiero alcuno. Il cuore una pietra di ghiaccio.

Avanzi verso la culla.
E’ un attimo.
Il cuscino lo premi fino a non sentire piu’ alcun movimento.

Avanzi verso il lettino.
E’ un attimo.
E nulla piu’ è!

Nulla è piu’ come prima!
E torni a dormire!
Al mattino tutti cercano di capire.
Al mattino tutti cercano l’assassino.
E nessuno si accorge di nulla.

La Protagonista.

Mi sveglio, accaldata, sudata, controllo…

Il pancione c’è, la mia piccola Eleonora è nel suo lettino che dorme tranquilla.

D’accordo….d’accordo, era solo un sogno.

Ma….

…c’è un ma!

Chi mi ha portato questo sogno.
…Ma ancora!
C’è una notte buia nella mia anima?
Cosa faccio?

Protagonista: Cosa faccio? Cosa faccio?
….Cosa faccio? Cosa faccio? Cosa faccio?
………Cosa faccio? Cosa faccio? Cosa faccio? Cosa faccio?

Arrivano le matriarche.
La danza delle donne.
Dal proscenio una voce racconta la poesia di una mamma¹ ….

Io ho PAURA

Io ho paura.
Paura di tutto.
Paura di morire, di ammalarmi, di soffrire,
di perdere ancora le persone che amo.
E ora ci sei pure tu.
E dovrò affrontare la paura più grande.
La paura che tu possa soffrire, che tu possa morire,
la paura che ti possa succedere qualcosa.
Eppure, dicono, tu sarai la mia gioia più grande.
E io? Io invece, cosa sono?
Io mi sento così impreparata.
Ancora troppo presa dalla mia ricerca,
anche se a volte non so più cosa stessi cercando.
E se stavo semplicemente cercando te?
E adesso che sei qui, dentro di me, come al solito, ho paura!
Sono brava a parlare, a fare finta di essere forte
eppure davanti a te che pesi 4 etti mi sento persa.
E se non fossi in grado di aiutarti? E se fossi tu a dover aiutare me?
Sarò brava? Saprò capirti? E tu saprai capire me?
Io non sono facile, non ho quello che si definisce un bel carattere.

Ma ti voglio. Ti voglio con tutte le mie forze.
Eppure quando riesco a reimpossessarmi del mio corpo
e a sentirmi di nuovo Io mi sento felice.
Ma forse sei tu che mi rendi felice, semplicemente stando lì.
Dandomi ogni giorno una ragione per sorridere
e ridere di me e di tutte le mie paure.
Facendomi sentire forte e in grado di proteggerti.
Facendomi sentire parte di qualcosa che va al di là della mia volontà.
Facendomi piombare nella natura primordiale,
quella in cui non si decide nulla, si è.
E io sono. Sono per te e perchè
ormai è l’unico modo che conosco di vivere.

______________
¹Poesia inedita di Giorgia Biancardi, gentilmente condivisa e data in dono.

THE END