Poesie
Il crocevia
Due occhi scrutano l’orizzonte
da un paese amico, la linea
di barriera è a pochi passi.
Oltre il confine
forse c’è il”dharma”:
il monaco l’annuncia
facendo risuonare
un triangolo d’argento
mentre il giorno
s’incendia
tra i germogli fioriti
sui grandi incroci
di vie doganiere
in lontananza.
Seguendo la via del vento
solo montagne e dune
di aree desertiche
fino alle cupole d’oro
della discordia,
barriere dove la vita
è muro e il pane
della pace non
viene più scambiato.
Non è la cupola di roccia
il luogo della guerra nè
la strada lastricata di sassi
ma la capanna interiore,
che avvolta nel silenzio
rigenera
la voce del martirio.
Polvere lunare
Il tempo nel deserto
è solo spazio aperto
crinali di sabbia,
sequenze di dune
perfette spostate
dal vento,
aride piantine
misurano il
cammino
con tralci lunari
come lunghi
tentacoli che
ne saggiano
la sorte.
Piccole architetture
vegetali di forma
umana
ricordano di quel passo
rimasto impresso
in un sasso
prima che le mani
dei Tuareg
lo posassero in circolo
per farne un focolare . . .
scintille di sterpi
sciamanti sotto la luna
senza posa
cammelli addossati
nel riposo:
nel deserto non c’è
massa ritmica.
L’attore
La mano si stacca dal fondo
del palcoscenico ma trema
fluttuando nell’aria, stenta a
riprendere l’ultimo gesto:
un grido, un urlo disperato si
trasmette d’impulso a tutto il corpo
cosparso di bianco.
L’interprete principale scivola
sul fondo elastico del palco,
ripercorre con lo sguardo le mille
fenditure che si irradiano in ogni
direzione: annaspa, le mani sfiorano
quelle linee di fuga.
E’ ancora angoscia, panico,
morsa profonda e irresistibile
che affiora, non conosce limiti,
non lascia mai la presa.
Il dramma non finisce mai,
nemmeno quando volge in commedia:
lì la farsa della vita attraversa il corpo
riducendolo in losanghe colorate
da vecchia tartaruga che si lascia
esplorare, amare,
odiare da un pubblico
che non sa il perché di quella
policromia tatuata.
Infine riemerge maestro della propria
arte fingendo l’armonia del tutto
in un nuovo stile di scioglimento,
ma continua a esistere senza pace.
L’isola che non c’è
Foglie di palma alla deriva
fiori stirati sull’acqua
migliaia di piccoli occhi
i riflessi del sole e isole,
isole vulcaniche, atolli solitari
nell’oceano.
Navi infrante sulla barriera corallina
relitti galleggianti senza approdo
storie di non rientro per
naviganti della luna.
Gesta d’altri tempi
di corsari affrettati
di bande di avventurieri
atterrati da passerelle cigolanti
su spiagge sabbiose di madreperla
e di ciottoli blu refrattari
alla luce: alle spalle
coni vulcanici eretti
contro il cielo
in una notte
di lapilli infuocati,
neri come grandi termitai
nel silente fuso orario di
un’abbacinante
anello esplosivo.
La fuga
Gli occhi della vita attraversano
deserti, oceani, minareti,
sostano al margine di boschi
grigio-ferro e legno,
al bordo di pantani mai risolti
fra le crepe di un cielo
color ruggine,
prima che si sciolga il sereno:
tra le ombre degli alberi
osservano le tracce di un
cammino imperscrutabile
verso il grande sacco
senza lacci in cui finiscono
tutte le cose rotolando via
da volti scolpiti a cera
nell’ignoto.
Se solo si fermassero
un momento
gli occhi gialli e
sornioni della vita …
Spiragli
La luna è una grancassa
suonata nell’acqua da
migliaia di cerchi d’oro …
flauti musicali prima
del volo …
al buio al di là della siepe
i passi della speranza:
oltre il passaggio a livello
inizia
una nuova storia
per i senza storia.
Internamento
La dannazione è …
scritta sul muro alto
della resistenza infinita,
pittogrammi antalgici su
sfondo grigio-obbligatorio.
Procedendo in verticale il
pensiero come seta, come
benda: se è possibile
l’elusione
del sorvegliante ci si può
liberare
su questo muro parete
universale
che si lascia scalfire da un
semplice chiodo o
cancellare
da un gesto insensato.
Lavagna troppo speculare e
punto d’incrocio di nuove
partenze,
ultimo arpeggio per
disperate presenze