OGNI CALICE DI VINO

alla luce dei fatti,

sperperati gli ultimi rintocchi,

so che almeno ci proverai,

a rinverdire la mia gelosia,

solo alcune piccole voglie,

solo poche spicciole frenesie,

si ritroveranno in riva al mare,

come anguste e voraci sinfonie,

non tenerti l’opaca melodia

al’estrema ultima soglia,

ove germoglia un tuo sospiro,

e cade genuflessa la mia vita,

amore mio che sai di rosa,

usurpa ogni calice di vino,

purché non sciolga il giorno,

che della notte tiene fiera l’anima,

non è da tutti trattenersi

quel ghigno audace,

e quel verso morbido d’autunno

austero fiore di ogni istante,

non dormirò accanto a te,

non dividerò le tue ore,

ma io so che tu per me,

avrai comunque il profumo

di quel fiore.


DELLA TUA CARNE

somiglia a qualunque tuo respiro,

a partire da quel muso, distratto,

e quella voglia, di andare avanti,

cullandosi, inopportuno,

tu, madre, di superiori ed arbitrari riti,

mi verrà facile, crederlo mio figlio

purché sia verbo della notte

e dell’ultimo mio bacio,

sai, ti vedo pure dimagrita,

sarà che passa il tempo

e non sopporti il mio rammarico

e neppure ogni pessimo ritratto,

dipinto, come tela di un unico disegno

mi immagino che sia,

della tua carne,

e ciò che voleva avermi affianco,

apprezzo l’amore,

diserto la minima disillusione,

percorro metri di vecchi accordi,

e ti imploro, mentre lo tieni al petto,

mai farsi vincere dall’unico rintocco,

la campana sveglia mille paesi,

e dove il tuo seno allatta la speranza,

lì credimi, perdo io, che non mi arresi…


Ciò che mi rasenta l’anima

spesso, sono soltanto, un minimo di vento,

qualcosa che non sa di essersi infranto,

tra quei pertugi, della più inconsueta,

seppur minima, tua, ultima, bramosia,

avevo qualche anno in più del giorno prima,

e già parlavo, come una frase detta all’alba,

mentre d’incanto, si perde quel profumo,

del latte caldo, e delle tue labbra, al cioccolato,

all’infinito, ho a volte lucrato, i miei fiati,

purché si senta, come uno spiffero,

di ciò che mi rasenta l’anima,

e che si posi, laddove s’immola, un pensiero,

l’albero sa di essere nudo, solo d’inverno,

quando il mare ha voglia d’essere infinito,

ed oltre al mio più intimo sospiro,

decide di incantare, solo certe ingrate spume,

sarò comunque, un misero cantore,

perché l’ha deciso, solo quel minimo di vento,

tra quelle sabbie, della più spavalda,

seppur ingenua, tua, prima voglia d’amarmi…