Poesie
LA CAMERA DEGLI DEI
I
Soffia un vento
d’amore
nella camera degli dei.
Libri e libri,
antiche icone.
Sono abitata da angeli
dimentichi di luce.
Ci sono dei giorni
che somigliano
al mare,
distante di sogni.
Si incagliano i venti
a un sole calante.
Ora, upupe rosse.
Questo giallo
che tinge la via,
è parabola,
di un dio nascosto
che oblia la luce.
II
Questo filo
giunge alla sera.
Oblio di stupore.
Immemore,
ritorno là,
nella camera degli dei.
Non ho voglie.
Si perde nell’altro,
ciò che credevo mio.
Illusione di luce.
come privata di occhi.
III
L’ala poggia
su un letto di cuori.
E’ il viaggio,
che assomma il dio.
Sola, io, vagheggio.
La camera degli dei ruota.
Il capo è corvino.
IV
Ruota il limbo
che sento.
A- tempo di distanze
associa presenze.
Una bianca colomba trafigge l’aria.
Sarà l’amore ?
V
Nella camera degli dei
la porpora e il rosso.
Sangue vivo.
Forse la fortuna
era solo una bimba,
povera di cenci.
Monete d’oro coniate.
Lunghi anelli coltelli.
Anfore- muschio.
Anfratto celeste.
VI
Solo l’ombra
si siede
nella camera degli dei.
Specchi invisibili,
immagini- simili- oro.
Il tempo dell’angelo
è scandito.
Sospeso il tempo.
Ciò che sento
è l’altitudine.
delle aquile.
VII
La camera degli dei
sospira.
Sera mantata.
Piume azzurre
accendono ciò,
che spegne l’occhio.
Giunge sopra di me
un mantello bianco.
Vedo di stelle.
Occhio luce.
Universo- tigre
si fa di gesso.
Fiumi- Lete.
Viaggiano.
OLTRE
Strade di meteore
percorrono i miei occhi.
Tra ponti di memorie,
fiumi che attraversano
l’azzurro,
lacerano,
le foto mute che siamo stati,
arcobaleni ora sereni, ora corrosi,
tra un ardire e un pensiero,
già oltre il gradino della vita
a scacchi.
Stagioni sonnolente
aprono varchi
verso il fluire,
che ci disegna,
girasoli d’oro,
limbica alchimia di sogni.
Dal tempo,
gli orli dell’orizzonte,
vertigine di sventrate pupille.
Buca scavata di tarli
nella gabbia di leoni rossi.
SENZA TITOLO
Memoria svenuta.
Occhi palpitano al risveglio,
Echi frantumati, albe nascoste
giaciglio di amanti.
Fredde alture di ricordi
tumulano il limbo. Semenza iridescente.
Come suono l’eco risponde
“niente”.
Mare vuoto di ninfe ,
perdite d’,ali
in evanescenti aurore ,
deviano decorsi d’autunno sugli orli della sera.
Merli di sera
nello scenario di tegole.
Su alte vette la memoria ride
profana di pianto,
altalena di meridiane.
Solo tempo di furia
tra le mani,
suono di limbi perduti,
dall’eco di una semenza ossessiva.
Giacciono momenti d’amore
negli spartiacque dell’anima.
Solo canti di ninfe
tra sparse aurore
chiamano l’alchimia del sole.
Tacciono i gridi nella memoria
trattenuti come incaglio di nave.
Upupe nere sui lastricati di sogni.
Tutto smemora, e l’anima veleggia ammaliata
in gorghi di sirene rosse.
S’illanguidisce la nave lontana
dell’ andare.
Nell’isola del ricordo
tutto era oro,
l’amore non era l’ala del rimpianto.
All’ itaca del mio cuore il ritorno è stremante.
Ancoro piu’ in la’
le veglie di un sonno,
distanze,
che solo le mappe possono conoscere.
Attraverso fluidi, un fondo di lentezze.
Nella memoria, gli spazi, inconsistenti stelle,
fermi come tumuli, creano le origini.
La profondita’ che emerge,
croce d’oro tra coralli di muschi.
Cerchi di lune nelle vertebre dell’universo.
Ellissi di archetipi che mi saccheggiano.