“E grida forte il vento”

Batto al cancello della casa antica
la mano chiusa, automa, va sbrigliata
un gesto eterno, uguale, disperato
un sogno e, sempre tu, la meta ambita
Ma questa volta, apre il mio passato
«Che vuoi?» mi dice ed è tutto accigliato
Negli occhi, sempre ardenti, il mio nemico,
ha ancora quella luce appassionata…
e so perché io diedi la mia vita…
Come infierisce tutta la mia storia!
Le mie preghiere, i “no”, i ritorni amari…
Riprende a sanguinare la ferita
rivivo con dolore la mia lotta
il mio tacere, tutto quell’amore.
Immobile… compunto guarda… il mare
riluce grigio “e grida forte il vento”.
Sotto, lo scoglio scuro, par mi chiami
con una voce perfida e attraente
ma l’onda lo schiaffeggia ed io non cedo.
Distolta, odo le foglie sussurrare
dicono, Amore, che sei stato lì
Una farfalla dal cesello indiano
si posa e, insiste tanto, su di me
muta latrice di un messaggio arcano
si bagna al pianto che non freno più
ritorna molte volte alla mia mano
si pavoneggia, mi ricorda Te.


Violini e Rugiada

Tu, eri come il suono di un violino
dolce, vibrante, forte, appassionato
Tremante e chiara, io, ero la rugiada
che inizia la sua vita nella notte
incontra il giorno, i fiori, un bel giardino
e consuma ogni essenza in un mattino
Volevo farti dono di quel cielo
azzurro e terso che portavo in cuore
ma passò il mio tempo e, sulla tela
quell’incanto non seppe venir fuori
Quando, poi, ardente mi giungesti al cuore
ancora non avevo dato un nome
al sentimento bello da morire
per te, che mi attraevi più dei fiori
Tu, dolcemente, lo chiamasti… Amore
Diventasti, così, il mio destino
volevo te, null’altro, eri la luce
Tu, illuminavi la mia notte buia
mi avevi innamorata della vita
Nulla mi avrebbe fatto mai pensare
ch’eri venuto per portarmi via
Meravigliose tenere viole
carezzandone i petali mi persi, mentre
splendevi in cielo… Tu, eri il Sole.


Delirio di una madre

Volevo un figlio! E proprio uguale a te
Io ero una primipara… attempata…
Gennaio, fuoco su un Golfo… e fosti in me!
Tu particella mia. Intimo Sole
che, gongolante… io portavo dentro
e… mi parlavi, si! Senza parole
Io rispondevo e ti portavo al mare
Ti radicasti, ancor più forte in grembo
in te, sentii la stessa me da amare
Diventammo “un due”, ostrica e perla
mai… non ti avrei mai, lasciata andare
«Scapperei…» chiesi, ma ciascuno tacque
Mani indiscrete, lì, a svuotarmi il ventre…
e ancora non l’avevo rotte, l’acque!!!
Un taglio e profanarono lo scrigno
un taglio e ci recisero lo stelo…
ma la “perla” a me accanto! Bella… un cigno!
Per te trasfigurai, fui Don Chisciotte!
Un male oscuro! Mi scontrai col vento
che ti contese a me da quel momento
Poi, tu, mia Aurora diventasti notte
e un giorno mi percosse il tuo tormento:
«Io vado, mamma, vedi… chiama il mondo!»
Sei andata… e spingo a foce il sentimento…
Trascinando il mio ventre vagabondo
e un corpo assai malfermo sui ginocchi
ti cerco ovunque ed al mercato affondo
lacrime e viso negli stracci vecchi
Sto per… passare anche in armeria
ti lascio il nostro cuore… Anima mia.